“I CASI DI DOPING NON EMERGONO PERCHÉ LE ISTITUZIONI SPORTIVE NON VOGLIONO PERDERE IL BUSINESS” – SANDRO DONATI, IL COACH DI ALEX SCHWAZER, DOPO IL SUCCESSO DELLA DOCUSERIE SU NETFLIX, APRE LE VALVOLE: "LA LOTTA AL DOPING? MOLTO È SCENEGGIATA. SCHWAZER VITTIMA DI ISTITUZIONI POCO CREDIBILI. SERVIREBBE UNA NUOVA INCHIESTA" - "NON C’È NESSUNA TERZIETÀ, UNA FEDERAZIONE INTERNAZIONALE NON PUÒ CONTROLLARE SE STESSA. UN RICORSO AL TAR COSTA. E MOLTI RINUNCIANO”
Estratto dell'articolo di Valerio Piccioni per gazzetta.it
La forza della verità. Due parole con cui Sandro Donati spiega il successo della docuserie di Netflix che racconta Il caso Alex Schwazer. "È stato un racconto trasparente, reale, umano, senza bugie. Probabilmente questo è stato colto dalle persone".
Donati, una vita vissuta a tutta contro il doping, l’allenatore che ha guidato la nuova carriera di Alex Schwazer e che non l’ha abbandonato dopo la contrastata e sempre negata positività al testosterone, non ha smesso di combattere contro quella che ritiene una gigantesca ingiustizia.
Donati, che cosa insegna questa storia?
SANDRO DONATI ALLENATORE DI SCHWAZER
"Fa capire quanto alcune istituzioni sportive siano deviate. Era già chiaro quando due persone di alto profilo abbandonarono la Wada. Jack Robertson era capo ispettore e protagonista dell’inchiesta sulla Russia, mentre il ruolo di Rob Kohler era di vicedirettore generale. Uno dei problemi sollevati era stato la mancanza di protezione degli atleti che denunciavano.
E su questo punto sono successe cose inquietanti: ci sono voluti alcuni anni e oltre 200 mail perché i coniugi Stepanov (i pentiti più noti dello scandalo del doping di Stato) avessero una risposta. E che dire della discobola Darya Pishchalnikova che raccontò tutto il sistema doping a Iaaf e Wada con una mail che i responsabili di queste due istituzioni girarono ai dirigenti russi? Un atto di grande servilismo e vigliaccheria".
Però in questi anni la lotta al doping ha fatto comunque grandi passi in avanti: ricerca, nuovi metodi, analisi, tecnologia. Tutto questo dove va a sbattere?
“Molto è sceneggiata. Non c’è mai un incremento del numero dei positivi. Anzi, si sta assistendo a una crescita preoccupante di certe prestazioni. Penso ai lanci nell’atletica. Una volta solo con gli anabolizzanti facevano certe misure ed ora come si fanno?".
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Ma in fondo non c’è già con il passaporto biologico?
"E come viene usato? C’è un’assoluta opacità delle statistiche. Ti dicono i numeri dei controlli, ma a quali categorie di atleti sono diretti i controlli? Per esempio quelli a sorpresa come incidono sugli atleti di alto livello? E se fai due missed test, scatta subito un altro controllo o oppure il terzo non arriva mai? E le esenzioni terapeutiche? Sono verificate con ponderazione? E poi la domanda fondamentale: può una federazione internazionale controllare se stessa?".
Però da una parte lei denuncia l’assenza di garanzie per Schwazer e gli atleti, dall’altra dice che il sistema preferisce non colpire.
"Siamo di fronte a un sistema del tutto autoreferenziale e caratterizzato dall’autotutela. Se un atleta ha il coraggio di sfidare questi poteri va incontro a organi di giustizia che le stesse istituzioni sportive hanno nominato: ad esempio gli arbitri del Tas vengono nominati dal Cio e dalle federazioni internazionali. Non c’è terzietà. E sapete quanto costa ricorrere al Tas o alla Corte Federale Svizzera?"
Abbiamo letto di una cifra vicina a 50mila euro.
"Almeno. Così molti atleti rinunciano perché non possono, sistema spietato. Quando hai a che fare con una federazione internazionale, le carte ce l’hanno tutte loro. Ricordate a luglio di sette anni fa cosa successe? Il Tas fissò l’udienza, ma la Iaaf disse che aveva bisogno di studiare i documenti.
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Molte persone dicono di fronte al caso Schwazer “qualcosa non quadra”, anzi molto non quadra. Ma ci si chiede anche: possibile che si sia organizzato tutto questo per colpire un solo atleta?
"È un’obiezione di chi non ha approfondito i fatti. Io penso che le istituzioni coinvolte si siano incastrate con la scelta del negare tutto. Per spezzare questo cerchio ci voleva una persona responsabile che dicesse basta, anche solo in base alla falsità dei verbali della catena di custodia. Si poteva annullare per vizio di forma e formare una commissione d’inchiesta".
La Wada, però, all’inizio è stata una svolta.
"Soltanto all’inizio, poi questo organismo non ha più funzionato. Ho chiesto più volte di quei finanziamenti della Russia alla Wada dal 2013 al 2015".
È stato mai smentito?
"Ma se sono scritti nei bilanci. Attenzione: finanziamenti straordinari. Straordinari per cosa?".
Donati, dopo quasi sette anni di questa lunga storia, che cosa spera?
"Spero che un organismo esterno al sistema sportivo, per esempio costituito nell’ambito dell’Unione Europea, possa avviare un’inchiesta indipendente, ma so che è un’utopia, anche perché la politica è ormai diventata poca cosa".
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