Nicla Panciera per "La Stampa"
Troppo sale non fa solo salire la pressione e aumentare il rischio di ictus e di infarto, ma indebolisce la risposta immunitaria dell'organismo contro alcuni batteri. Il legame tra sale e sistema immunitario non è una novità, ma ora si inizia a svelarne i meccanismi, oltre che misurarne in modo preciso gli effetti sull'organismo.
Lo ha fatto un team dell'Università di Bonn in un lavoro pubblicato sulla rivista «Science Traslational Medicine»: un'alimentazione ricca di sale nei topi peggiora la gravità delle infezioni renali causate da E. coli e delle infezioni sistemiche causate da Listeria monocytogenes, un comune patogeno alimentare.
Una ridotta capacità di combattere queste infezioni è stata riscontrata anche nei neutrofili - un tipo specifico di globuli bianchi - dei soggetti volontari sani che per una settimana avevano consumato ogni giorno una quantità di sale di 6 grammi superiore alla soglia massima raccomandata dall'Oms, che è di 5 grammi.
«Le ghiandole surrenali, al di sopra dei reni, producono due tipi di ormoni: i mineralcorticoidi e i glucocorticoidi, attivi sul metabolismo minerale e sul sistema immunitario. Alterazioni dei livelli del sale si riflettono proprio in questa intercorrelazione, la quale ha anche un senso dal punto di vista evolutivo: se sono attaccato da un predatore, devo dare la precedenza alla fuga, mobilitando quindi le riserve minerali, e non posso pensare di armare il sistema immunitario nella lotta ai germi», spiega Angelina Passaro del dipartimento di medicina interna dell'Università degli Studi di Ferrara e coordinatrice del corso di laurea di dietistica. Il sensore renale che rileva l'eccesso di sale provoca anche un aumento di glucocorticoidi, i quali inibiscono la risposta immunitaria.
«Lo studio mostra il complesso sistema di controllo che porta dall'eccesso di sale all'immunosoppressione. E ci racconta un aspetto importante dal punto di vista pratico: in un contesto di lunga sopravvivenza, eccedendo con il sodio, esponiamo l'organismo a una depressione cronica del sistema immunitario che può essere, come stiamo osservando con il Covid-19, estremamente pericolosa».
Quando si parla di sodio e di sistema immunitario si parla anche di salute del cervello. Uno studio realizzato da Costantino Iadecola, direttore del «Brain and Mind Research Institute» della Weil Cornell Medical School di New York, apparso sulla rivista «Nature Neuroscience», aveva dimostrato che l'effetto nocivo del sale sul cervello in termini di compromissione delle capacità cognitive non dipende dall'ipertensione, a cui era invece attribuito, ma proprio da un meccanismo di natura immunitaria.
Il seguito, su «Nature», mostra che un'elevata assunzione di sale riduce la sintesi di ossido nitrico (monossido di azoto), il che porta all'attivazione di un enzima, chiamato CDK5, che è coinvolto nella fosforilazione della proteina tau, che finisce per accumularsi, in un processo equivalente a quello delle demenze. L'Oms raccomanda - è bene ricordarlo - un consumo giornaliero di sale non superiore ai 5 grammi, corrispondenti a circa 2 grammi di sodio. La quantità ideale raccomandata per gli adulti dall'American Heart Association è invece di 3,75 grammi al giorno di sale, e quindi 1,5g di sodio, valori già rivisti alla luce del rischio cardiovascolare e di quello ipertensione. «Ma il consumo medio giornaliero nel nostro Paese - dice Passaro - è in realtà tra i 5 e i 6 grammi di sodio».
Combattere gli eccessi è una delle priorità stabilite dagli specialisti dell'Oms: il Piano d'azione globale 2013-2020 prevede, infatti, una riduzione del 30% del consumo di sodio, da realizzare entro il 2050. L'Organizzazione chiede agli Stati l'adozione di programmi, linee-guida e misure politiche che coinvolgano anche l'industria alimentare e tutti gli operatori del commercio al fine di ridurre la presenza di sale aggiunto negli alimenti prodotti e venduti. Il sale, infatti, si trova in tutti gli alimenti trasformati, dai salumi ai formaggi fino al pane, in tutti i cibi elaborati che acquistiamo, nei piatti pronti e anche nei prodotti surgelati.
«Da lì provengono almeno 3,5 dei 5 grammi di sodio che assumiamo ogni giorno: solo 1,5 grammi è contenuto naturalmente negli alimenti come frutta e verdura», spiega Angelina Passaro. Il sale aggiunto è, di conseguenza, superfluo e dannoso. Tanto che il limite dei 5 grammi al giorno - si legge nell'ultimo rapporto del Centro di ricerca Crea-Alimenti e Nutrizione - «è una quantità che di fatto rappresenta un compromesso tra la soddisfazione del gusto e la prevenzione dei rischi».
Escludendo gli anziani, la cui situazione va valutata caso per caso a seconda della patologia e delle terapia, quella al sale è un'abitudine da abbandonare: «Spesso si danno ai bambini, in una fase critica dello sviluppo del gusto, pappe salate nell'errata convinzione di renderle più appetibili. Niente di più sbagliato. L'addizione di sale non è necessaria. Ci vuole attenzione a non creare l'abitudine a un sapore di cui il bimbo dovrà, come noi, liberarsi». Conclusione: «Tutti dovrebbero ridiventare capaci di apprezzare il vero sapore degli alimenti».