Ruggiero Corcella e Silvia Turin per www.corriere.it
La variante Omicron sta scatenando la «tempesta perfetta»: centinaia di migliaia di casi, tra nuove infezioni e re-infezioni, e ospedali al collasso. Anche in Italia si assiste a un’impennata dei nuovi positivi e oggi riprende del tutto, sebbene con le nuove regole, la vita lavorativa e molti studenti tornano in classe.
Le prossime due settimane si annunciano decisive, anche per capire se qui in Italia la variante Omicron alla fine prevarrà sulla variante Delta.
«In un certo senso, abbiamo due pandemie: una sostenuta da Omicron e l’altra ancora da Delta — spiega al Corriere della Sera Giuseppe Remuzzi, direttore dell’Istituto di ricerche farmacologiche Mario Negri —. Non dobbiamo dimenticare che molti pazienti in terapia intensiva hanno contratto la Delta, che ha continuato a espandersi anche nelle ultime settimane».
Chi sono i pazienti che occupano i posti letto delle terapie intensive?
«Anche all’interno degli ospedali ci sono “due pandemie”: una dei vaccinati e una dei non vaccinati. Come si vede dai grafici dell’Istituto Superiore di Sanità che misurano l’incidenza dei ricoveri ogni 100mila abitanti divisa per status vaccinale e classe di età, l’essere vaccinati protegge in un modo importantissimo.
Con la terza dose in generale finiscono in terapia intensiva solo persone anziane e che hanno altri tipi di malattie associate. La percentuale di non vaccinati in ospedale è altissima, se tutti fossimo vaccinati, non ci sarebbe alcun problema di saturazione dei posti letto».
RICOVERATI IN TERAPIA INTENSIVA INCIDENZA
In merito alle prossime due settimane, che cosa ci si può aspettare?
«Se le due varianti dovessero continuare a coesistere, questo potrebbe rappresentare un problema. Se invece Omicron riuscisse a sopraffare Delta, dal momento che la malattia che provoca è meno severa, allora forse riusciremo a vedere la discesa della curva nel giro di qualche settimana. L’espansione rapidissima di Omicron che sovrasti Delta non sarebbe in sé una cattiva notizia».
Qualcuno ipotizza che la variante Omicron possa anche far finire la pandemia, è così?
«Con una variante così contagiosa si arriverebbe prima al picco della curva dei nuovi positivi, allo stesso modo, come già successo in Sudafrica e Gran Bretagna, sarà più veloce anche il calo, ma se vogliamo parlare di fine della pandemia credo che dovremo ancora prendere delle precauzioni almeno per un paio d’anni».
Perché con Omicron l’immunità di gregge resta una chimera?
«Sì: se anche arrivassimo al 95% tra vaccinati e guariti resterebbero da considerare le mutazioni del virus (che non si fermano) e la circolazione delle persone (che continua). Potremmo parlare di una “via d’uscita dalla pandemia”, quasi una “sorta di immunità di gregge”».
L’apertura delle scuole influirà sulla crescita dei contagi in modo decisivo?
«La scuola è rimasta chiusa per tanto tempo e i contagi hanno continuato ad aumentare: credo che il contributo degli studenti sia davvero irrilevante con una variante che si diffonde con tale velocità».
Oltre ai vaccini, quali sono le altre «armi» a nostra disposizione contro Omicron, ad esempio, nelle cure domiciliari?
«Due lavori scientifici che derivano dal nostro gruppo di ricerca dimostrano che l’impiego di antinfiammatori non steroidei utilizzati ai primi sintomi della malattia riduce del 90% l’evoluzione verso le forme gravi e l’ospedalizzazione. Entrambi gli studi hanno dei limiti e manca ancora la prova definitiva».
E il paracetamolo?
«Il paracetamolo consuma il glutatione che è un antiossidante molto potente. Proprio in questi giorni è uscito uno studio che mostra che i pazienti con Covid hanno uno stress ossidativo importante, probabilmente responsabile del danno infiammatorio polmonare, associato a deficit di glutatione e si è visto che questo deficit aumenta con l’età».
Quando sono indicati gli antivirali e quali possono essere i benefici?
«I farmaci antivirali impediscono al virus di replicarsi e quindi fermano la malattia ancora prima del suo manifestarsi. Andrebbero dati entro 5 giorni dall’inizio dei sintomi in quei pazienti che si prevede finiranno per avere una malattia più severa e che devono essere segnalati dai medici di medicina generale. L’antivirale ora a disposizione è il molnupiravir di Merck & Co che riduce la malattia severa con un’efficacia del 30%. Presto sarà disponibile anche il paxlovid della Pfizer, che arriva all’87% di efficacia».
Quando sono indicati gli anticorpi monoclonali?
«Gli anticorpi monoclonali funzionano contro le altre varianti, contro la variante Omicron non sono più efficaci. L’unico che funziona per adesso è sotrovimab di Gsk. In prospettiva ce ne saranno altri, allo studio».
Clorochina, colchicina ed eparina per il trattamento o per la prevenzione sono utili? E l’ivermectina?
«Sembra che l’eparina funzioni se data nelle fasi precoci. Sull’idrossiclorochina sono stati fatti tantissimi studi e la conclusione è che non dà vantaggi. Stesse conclusioni per colchicina e ivermectina: non ci sono state differenze tra i pazienti trattati e i “controlli”».