Filippo Facci per ''Libero Quotidiano''
Esponiamo i dati di venerdì – resi noti sabato - ma vi proponiamo anche un altro modo di leggerli, perché le cose sono cambiate (molto) e bisogna imparare a prendere i numeri con le pinze, dicendo chiaramente che alcuni dati sono sicuramente fallaci, mentre altri, che magari prima quasi non guardavate, sono gli unici certi, sono gli unici che contano, sono gli unici che possono spiegare come siamo messi e quindi indicare che cosa fare e come reagire a ogni livello. Prima la liturgia: secondo il metodo-arlecchino della Protezione civile, dall’inizio dell’epidemia 53.578 persone hanno contratto il virus (6.557 in più rispetto al giorno prima, crescita del 13.9 per cento) e ne sono morte in tutto 4.825 (793 più del giorno prima, 19.7 per cento) mentre 6.072 sono guarite (943 più del giorno prima, più 18.4 per cento).
coronavirus terapia intensiva bergamo
Le persone contagiate sarebbero (sarebbero, ripetiamo) 42.681 escludendo i morti e i guariti, che se sommiamo agli attuali contagiati danno appunto 53.578, il dato di oggi. La protezione civile dice pure che i pazienti ricoverati con sintomi sono 17.708, e che 2.857 sono in terapia intensiva, mentre altri 22.116 sarebbero in isolamento domiciliare fiduciario. I dati per regione li trovate nella tabella, mentre di seguito ci soffermiamo sulla Lombardia perché è l'epicentro decisivo e indicativo, e perché la utilizzeremo come modello per proporre una diversa lettura.
reparto di terapia intensiva brescia 20
In Lombardia vengono indicati 25.515 contagiati (3251 in più) con un 3.095 morti totali, con un incremento soltanto di 546 morti che è un dato notevole. Questi, in particolare, sono dati veri ma sicuramente anche parziali, e parecchio. I dati certi e più affidabili dicono che in Lombardia ci sono 8258 ospedalizzati (523 in più) e che quelli in terapia intensiva da coronavirus occupano 1093 letti su 1250 occupati da chi ha altre patologie (ci sono anche loro).
Domanda fondamentale: sono ancora disponibili posti in Terapia intensiva? Risposta: sì, ci sono, ma sono pochi – in attesa di miracoli a cui stanno lavorando – anche se qui c'è l'altro dato importante che dobbiamo guardare: i dimessi, intesi come guariti, che sono in netta crescita e rispetto al giorno prima sono stati 2139: tanti, e sono quelli che fanno ben sparare ma soprattutto che garantiscono un ricambio ospedaliero che faccia reggere il sistema.
Nota: la gente rimane in terapia intensiva mediamente tra i 15 e i 20 giorni. I famosi esperti, da tempo, dicono che una diminuzione dei contagi potrebbe iniziare da lunedì, ma non c'è da badarci più di tanto. Altra nota: il famoso «paziente 1» sta molto meglio, e probabilmente sarà dimesso lunedì.
reparto di terapia intensiva brescia 2
Questi sono i famosi dati delle 18, orario fatale per una parte degli italiani e scelto però da un'altra parte di connazionali per le sceneggiate dai balconi: tuttavia nel giro di una settimana le sceneggiate si sono ammosciate e la lettura dei dati è divenuta disorientante, e va reinterpretata con occhiali diversi. In genere si guardano le persone contagiate, morte, ricoverate e guarite; già sapevamo che il criterio-arlecchino per calcolare i contagiati cambiava da regione a regione e ancor più da nazione a nazione, al pari del dato sui morti, che in certe realtà – Germania, Russia – faceva letteralmente ridere.
Ora è più chiaro che il numero ufficiale dei contagiati, fornito dalla Protezione civile, è poco rilevante o poco indicativo, al pari dei morti (mettendo da parte ogni giustificata reazione emotiva) perché i contagiati sono sicuramente molti di più: da dieci a quindici volte di più, stima spannometrica ma avvalorata dal fatto che molta gente ha cominciato a morire fuori dagli ospedali, a casa, in attesa di ricovero o fuori dal pronto soccorso; questo è assodato, ma non pesa sui conteggi nazionali o regionali anche per ragioni burocratiche.
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Quindi i dati della Protezione civile, quelli che abbiamo dato oggi e diamo ogni giorno, sono solo basati sulla situazione degli ospedali: ma non ci dicono il vero numero dei morti, né dei contagiati, né dei malati gravi. Stesso discorso riguarda i tamponi, che si fanno o non si fanno con criteri diversi da regione a regione, e in Lombardia, per esempio, ormai si fanno a gente solo con sintomi molto gravi: nella bergamasca c'è gente che è morta prima di arrivare a fare il tampone, ma anche loro nei conteggi ufficiali non risultano.
E' giusto saperlo. Poi ci sono altre dati che non ci vengono forniti, e che sarebbero fondamentali. Qual è il numero di dimessi dalla Terapia intensiva che sono dimessi da vivi e quanti da morti? Poi dati più tecnici, ma che aiuterebbero molto a capire: quanto dura la durata della polmonite interstiziale nella sua fase acuta? La Sars durava tantissimo, il Coronavirus non si sa, né si sa se cambi in base all’età. Riguardo alla degenza media, ancora, l’epidemia vera è scoppiata da tre settimane: i dati sulla degenza media in terapia intensiva (15-20 giorni) quanto sono affidabili?
Che i contagiati siano parecchi di più, per ora, ha una sola conseguenza positiva: significa che il tasso di mortalità è ancora più basso di quanto si pensava, mettendo definitivamente al sicuro bambini e giovani che non abbiano patologie sulle quali il coronavirus possa accanirsi. Ma un'altra grossa differenza potrebbe essere determinata dall'assenza di farmaci autorizzati in Italia: in tutto il mondo stanno autorizzando farmaci, da noi tutto tace.
ospedale reparto di terapia intensiva coronavirus
Questo virus può fare molto male anche ai sani, ed è capitato, ma difficilmente li uccide. Quanto ai vecchi, la stessa definizione di «anziano in salute» è di per sé discutibile: chi è avanti con gli anni può essere costituzionalmente una roccia, ma il tempo indebolisce comunque il sistema immunitario e l'efficienza di tutti gli apparati, questo è pacifico, il che non toglie che possano esserci 60enni messi meglio di 40enni perché la natura, più ancora degli stili di vita, ha voluto così.
Una conseguenza di questo sfalsamento dei dati è insomma che dovremmo guardare con maggiore attenzione agli unici dati che sono certi: per esempio il numero di coloro che ogni giorno vengono ricoverati (ospedalizzati, soprattutto in terapia intensiva) rispetto al numero di chi viene dimesso dai rispettivi reparti: dal saldo uscirà la disponibilità di posti letto disponibili, che a sua volta determina la tenuta del nostro sistema sanitario. Perché se hai 90 anni e ti ricoverano all'istante, ma hai due o tre patologie pregresse, non ti salverà neppure la terapia intensiva del prossimo secolo. Così pure, se hai 40 anni e non hai nessuna patologia pregressa, e però non ti ricoverano neppure, potrebbero essere cazzi.
ospedale REPARTO DI TERAPIA INTENSIVA coronavirus
La virtualità e approssimazione dei dati principali (contagiati e morti) non fa parte di un complotto nazionale, ma della mancanza di un coordinamento dei metodi di rilevamento tra regioni italiane e tra nazioni europee e mondiali: non hanno fatto in tempo a realizzarlo, o non l'hanno realizzato per ragioni politiche, forse ciascuno vuol gestire i dati a suo piacimento.
Anche se cinicamente badassimo solo ai posti letto, i dati sfalsati sarebbero comunque un problema, perché costituiscono fragile database utilizzato dai vari tecnici ed esperti per fare previsioni e studi scientifici che sinora, non a caso, di buchi nell'acqua ne hanno fatti tanti. Sicché, quando arriverà il picco dei contagi, non lo sa con certezza nessuno, al pari di un sacco di cose che continuiamo a non sapere: per esempio quanto duri davvero l'incubazione, se la quarantena di 14 giorni sia sufficiente, quanto sia il caso di insistere con un paese agli arresti domiciliari.