Davide Frattini per il “Corriere della sera”
Hanno fondato la prima società dopo aver bevuto (tanti) bicchieri di vino in un bar di Haifa, la città dove sono cresciuti. Non ha funzionato e un anno dopo (il 2008) hanno cercato di scovare un altro filone nella corsa all' oro digitale: i telefonini erano ormai nelle mani di tutti, pochi sapevano maneggiarli quando si incriccavano. Shalev e Omri pensano a una soluzione semplice, utile e - all' inizio - innocua: inviare un collegamento ai cellulari per permettere ai loro tecnici davanti al computer tra le colline della Galilea di intervenire da remoto per aiutare gli utenti sperduti nei misteri tecnologici.
Loro stessi ammettono di non aver capito le potenzialità del sistema - ha ricostruito Ronen Bergman, esperto di intelligence che scrive per il quotidiano Yedioth Ahronoth - fino a quando non sono stati contattati da un agente di un servizio segreto europeo. Con una proposta: perché non lo sviluppate per raccogliere informazioni?
Adesso Shalev Hulio e Omri Lavie sono i proprietari - se lo sono ricomprato lo scorso febbraio, valore un miliardo di dollari - del gruppo israeliano Nso. Gli attivisti per i diritti umani li accusano di aver venduto il discendente di quel progenitore informatico ai regimi autoritari del Golfo - sarebbe stato usato per spiare Jamal Khashoggi, il giornalista dissidente ucciso nell' ottobre del 2018 dentro al consolato saudita a Istanbul - o a governi come quello messicano che con il codice pirata ha raccolto dati su oppositori e reporter investigativi.
Il prodotto più venduto dall' Nso si chiama Pegasus ed è in grado di sfruttare una falla di WhatsApp per prendere il controllo di qualunque cellulare, come è stato scoperto in maggio. Da allora gli ingegneri di WhatsApp hanno fornito le contromisure al miliardo e mezzo di persone che lo usa ogni mese.
Ma il catalogo del gruppo Nso - rivela il Financial Times - esalta i livelli di infiltrazione ancora più invasivi resi possibili da Pegasus. Il quotidiano britannico scrive di aver ottenuto le offerte fatte circolare tra i possibili acquirenti: il software riuscirebbe a penetrare fin nella nuvola virtuale (il cloud) dove i server di Facebook, Apple, Microsoft, Google, Amazon archiviano i dati degli utenti: foto, messaggi salvati, la cronologia della posizione.
Mentre i tecnici della Silicon Valley stanno verificando la tenuta difensiva dei loro mega-computer (e per ora spiegano di non aver individuato buchi), i portavoce dell' Nso smentiscono di aver pubblicizzato tecnologie per la sorveglianza di massa che possano entrare nei cloud privati.