Massimo Sideri per il “Corriere della Sera”
renzi con federico marchetti di yoox
«Qualche volta mi sento come Peter Sellers nel film Hollywood Party», ha detto una volta di sé il fondatore di Yoox Federico Marchetti. Per chi non lo ricordasse è un cult movie degli anni Sessanta in cui un indiano finisce come un pesce fuor d’acqua in una cena di super-vip. Mr Geek of chic (copyright del New Yorker) è nato difatti come un outsider: «Ero felice di lavorare da outsider anche se poi sono diventato un insider» ha raccontato l’imprenditore che ha una figlia e che ora sta fondendo la sua creatura con la francese Net-à-porter.
A dirla tutta Marchetti non ha nulla del geek, una formula che nel tipico bestiario da startupper californiano rappresenta qualcuno orgogliosamente mal vestito e restio ai percorsi accademici. Tutto il contrario: Marchetti, nato nel ‘69 a Ravenna, è invece vestito sempre «fit», come vuole la moda, e ha partorito la sua idea mentre era alla Columbia University per un Mba.
Federico Marchetti e Stefano Accorsi
I famosi puntini che possono essere congiunti solo a posteriori — quelli della lezione di Steve Jobs alla Stanford — nel suo caso tornano tutti. L’aneddotica ufficiosa è formidabile almeno quanto sono scarne le biografie ufficiali. Chi lo conosce si limita a sottolineare che è universalmente riconosciuto come visionario» — nel ‘99 pensare di vendere vestiti online era considerato poco più di una boutade — ma anche come «determinato» (versione politically correct ).
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«Chi ha lavorato con lui — raccontano — ha sempre dovuto sapere che le idee possono venire anche alle 4 del mattino e, dunque, bisogna essere pronti a sentire squillare il telefono in piena notte» . Esuberanza da imprenditore che vuole cambiare il mondo e, d’altra parte, uno meno determinato sarebbe rimasto probabilmente schiacciato. Tra i puntini c’è sicuramente il passaggio in Bain («l’ho odiato» ha sintetizzato).
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Per certi versi è un passaggio chiave: è proprio da Bain che si sarebbe fatto pagare un costoso master alla Columbia University di New York, un conto da ripagare, beninteso, con il lavoro. Siamo nel ‘98. Marchetti viene da un percorso brillante alla Bocconi (la vulgata vuole che fosse lì per accompagnare un amico che doveva sostenere un test d’ingresso. Lui lo superò e il suo amico no). Prima di Bain ha già lavorato in Lehman Brothers ma è «insoddisfatto». Macina già idee: la più curiosa è un tentativo di produrre mozzarelle di bufala in Africa. Un’altra idea è uno slow food con un ambiente da fast food. Sembra una contraddizione ma Eataly ha successo anche con questa formula.
BELSTAFF BELSTAFF federico marchetti x
Fatto sta che Marchetti torna dalla Grande Mela (malvolentieri) con 20 pagine di business plan. È il ‘99. Pensa a Yoox perché vuole una Y e una X per il riferimento alla genetica e «yoox.com non solo era libero in Rete, ma era comprensibile in molte lingue occidentali e in cinese» (ecco il visionario). Qualcuno alla Bain cestina l’idea, passaggio che ricorda vagamente la Hp che cestina il pc di Steve Wozniack. Inizia un periodo durissimo. Le date: il business plan di Marchetti è pronto nel novembre 99.
A metà febbraio chiama senza conoscere nessuno (il padre lavora in Fiat, la madre nella telefonia) Elserino Piol che lo ascolta e gli dice «ok andiamo avanti». Solo che il mondo delle dotcom va indietro. Anzi: crolla. Yoox nasce ufficialmente il 21 marzo 2000, data passata alla storia per lo scoppio della bolla tech. Piol mette comunque 3 miliardi di lire subito e altri 6 in 3 mesi. Marchetti va avanti perché «il fashion era per le élite, internet per le masse. Qualcuno doveva collegarli».
Dopo Piol a credere in lui arriva Renzo Rosso di Diesel che porta Armani. C’è lo zampino del caso: non ha i soldi per fare il rivenditore di stock della stagione in corso, inizia con l’off season ma non scrive sul sito quanto costa nei negozi. Piace alle griffe. Il resto è storia: il successo, la quotazione nel 2009 e, ora, la fusione con Net-à-porter (ieri su Twitter sono arrivati i complimenti del premier Renzi) dove resterà come amministratore delegato .
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