Ferrero show per la presentazione di "Una vita al Massimo"
2. VIDEO - FERRERO CANTA "VITA SPERICOLATA" DI VASCO AL KARAOKE DI RADIO ROCK
3. DA TINTO BRASS A FIDEL CASTRO: IN UN LIBRO FERRERO RACCONTA IL FILM DELLA SUA VITA
Francesco Persili per “Dagospia”
«Da Obama ha mandato il fratello Raúl Castro ma quando a L’Avana sono arrivato io, mi ha accolto proprio lui, Fidel Castro in persona». Con Massimo Ferrero, produttore cinematografico e presidente della Sampdoria, anche la realtà sembra la sceneggiatura di un film. Del resto, il suo sogno è sempre stato quello di fare cinema.
Erano gli anni Sessanta, a Roma si giravano 500 film l’anno e quel pischello del Testaccio già volava con la fantasia: «Scappavo di casa la mattina per andare a piedi a Cinecittà, mi nascondevo nelle ceste colme di abiti di scena, mi imbucavo in sartoria». In quel posto fiabesco in mezzo a vestiti e costumi potevi diventare «gladiatore o extraterrestre». O Massimo Ferrero, che è forse è una via di mezzo fra le due cose.
Ciak, motore, azione. Il presidente della Sampdoria, per tutti “Viperetta”, si racconta in un libro (Una vita al Massimo, Rizzoli) scritto a quattro mani con il giornalista di Sky Sport Alessandro Alciato e presentato ieri sera alla libreria Feltrinelli di via Appia tra selfie, boutade su una possibile candidatura a sindaco di Roma e un karaoke non indimenticabile per Radio Rock sulle note di “Vita spericolata”, la canzone che meglio lo rappresenta. «Voglio una vita come quelle dei film», già.
Comparsa a 12 anni in un film di Blasetti, adolescente innamorato di una ragazza, Rita, che poi avrebbe rifiutato la corte anche di Claudio Baglioni («La maglietta tanto stretta al punto che si immaginava tutto? Ha continuato a immaginarla»), autista senza patente di Gianni Morandi, assistente-factotum del regista Dino Risi che gli predisse un futuro da grande presidente («Della Samp? No, di una major americana»), Ferrero è un fantasista della vita: un’infinità di lavori dentro e fuori il mondo del cinema, un incontro stracult con Fidel Castro a Cuba (“Il Lider Maximo con il Massimo leader”) e una valanga di aneddoti, aforismi e ricordi, a partire dai casting di Tinto Brass col “gioco della monetina”, una tecnica del regista per valutare il fondoschiena delle sue attrici.
simona izzo racconta massimo ferrero
«Massimo è un libro aperto: lui è come appare. Sincero, spontaneo, esuberante. Se penso a lui dal punto di vista cinematografico mi vengono in mente i personaggi della commedia all’italiana e di un certo neorealismo pasolian-cittiano ma anche Joe Pesci e l’epica di certi film di Scorsese», spiega a Dagospia l’amico regista Ricky Tognazzi, che lo ha diretto in “Ultrà”: «Lavorava come organizzatore di produzione, aveva un forte senso dello spettacolo: ad un certo punto è saltato fuori il personaggio di Grigione e io ho pensato: “facciamolo fare a Massimo”. Il film fu un enorme successo».
Perché il pallone non si vede mai: le pellicole sul calcio, di solito, vanno male al cinema: «Mio padre fece “Ultimo minuto”, e anche lì il pallone non si vede mai. E’ difficile trasferire le emozioni del calcio sul grande schermo. Lo sport di squadra è meno funzionale alla narrazione rispetto allo sport individuale. Al cinema vanno benissimo la boxe e l’atletica», prosegue Ricky Tognazzi che ha diretto il film per la tv su Mennea. Con Ferrero si conoscono da quando erano ragazzi: «Io facevo l’assistente volontario in un film di Pupi Avati, lui lavorava con Giovanni Bertolucci. Si capiva che era un tipo piuttosto sveglio. Lui poi è diventato presidente, io neanche allenatore…»
sandro morbidelli e massimo ferrero
Ferrero non ha le scarpe bicolore «Grande Gatsby style» su cui tanto si è ricamato ma gli occhi «di fuoco» sono sempre quelli che avevano quasi convinto Fellini ad assegnargli una parte nel Satyricon. Come suo costume, si prende il centro del palcoscenico.
Bacia alcune tifose blucerchiate, motteggia, salta da un microfono a un altro, non esclude il ritorno di Cassano e si dice pronto ad accogliere a braccia aperte anche Balotelli. Fantasie di cuoio, sogni di cinema. «Il calcio – spiega a Dagospia – è un po’ come un film. Non dura per sempre, una volta finito di girare, tutti a casa. Invece Mihajlovic è andato al Milan». Si sente tradito? Il tecnico si è comportato un po’ da primadonna? «Non scherziamo, Mihajlovic è un gran maschio e si è comportato da uomo ambizioso. Merita un grande club». Viperetta parla anche degli altri presidenti di serie A: “Il più simpatico? Lotito. Per me è difficile capirlo solo quando parla in latino. Mi dispiace che sia stato indagato ma bisogna leggere le carte. Non mi piacciono i processi mediatici».
ricky tognazzi saluta massimo ferrero (2)
Andrea Agnelli? «E’ uno serio, sarà simpatico in privato, in pubblico è molto istituzionale». Ferrero non rinuncia all’idea del nuovo stadio: riuscirà a costruirlo prima lei o Pallotta? «Mi auguro che lo facciamo insieme. Sono romano de’ Roma, se il progetto del nuovo stadio giallorosso va avanti, sarei molto felice per tutti i lupacchiotti...». A Berlusconi cosa sente di dire su Mihajlovic? «E’ l’ultima persona a cui potrei dare un consiglio. Meglio se me ne dà qualcuno lui a me..». L’uomo delle stelle non si ferma mai, si concede all’abbraccio dei fan e poi si attacca al telefono. Il calcio-mercato incombe. Trattative, idee, la suggestione Balotelli. In fondo anche il mercato sembra la sceneggiatura di un film. Ciak, si sogna.
3. AMBIENTE: ROMA, CON UN GAY
Estratto dal libro di Massimo Ferrero con Alessandro Alciato, "Una vita al massimo", Rizzoli
La mia storia nel cinema è iniziata cosi, da aiuto segretario di produzione, un attimo dopo aver messo sotto chiave Spaccesi. Prendevo centoventimila lire a settimana e, la prima settimana che mi hanno pagato, ho comprato subito pannolini e vestitini per Vanessa.
Sulla patente temporanea che mi aveva concesso il prefetto mancava la marca da bollo, ho risolto anche quel problema. Costava mille lire e io finalmente mille lire ce le avevo. Me ne sono addirittura avanzate trentamila. Con la seconda paga settimanale ho messo a posto gli affitti e con la terza le bollette, il resto l'ho messo via.
Oltre al nuovo lavoro, in quel periodo m'hanno ammollato un altro soprannome. Non più "Er Gatto" come nel carcere giovanile, bensì "Viperetta". È successo tutto un pomeriggio, durante una pausa, in un teatro di posa, quando mi ha fermato un costumista: «Ehi tu, lo sai che qui parlano tutti bene di te?».
Con grande spavalderia gli ho risposto: «Sì, lo so». «E ti piacerebbe allora fare un film con Pasolini?» Una bella domanda, ma mentre la faceva mi ha piazzato una mano sul culo. Mamma mia, non ero mica pronto a una cosa del genere. Oggi sappiamo che quel costumista va definito gay, oppure omosessuale, però all'epoca pensavo che uno a cui non piacevano le donne dovesse essere affetto da qualche strana patologia, che avesse una malattia rara, perché io sono cresciuto che li chiamavamo froci.
Non c'avevo niente contro quelle persone Iì, però evitavo di incontrarle. E ha osato mettermi una mano al culo! E mentre lo faceva, mi ha detto: «Il cinema è fatto anche di lenzuola ... ».
L'ho insultato, gli ho detto tante cose brutte, gli ho dato anche una testata: «A frocio, ricordati che a me, le lenzuola, me le rimbocca solo mi' madre». È caduto in terra, mi sono spaventato e quindi mi sono bloccato un attimo, perché ho avuto un flash come quando a prenderle ero io dentro al carcere minorile.
massimo ferrero e angelo mangiante
Qualche secondo più tardi ho ricominciato. Più lo menavo e più questo sembrava godere: «Bravo, sì, dai, mena. Dammene ancora. Vipera ... Oh sl, sei una vipera ... ». Dopo mi hanno spiegato che c'è gente che si eccita quando la gonfi de botte, e uno di questi pervertiti l'ho incontrato io.
«Ancora, sì, riempimi di botte. Vipera ... Vipera ... »
«Ma la vuoi smettere?»
«lo la posso smettere, ma tu no, vai avanti, ancora, sempre di più. Picchiami. Vipera ... Vipera...»
«Basta.»
«Bravo, vipera. Vipera ... »
massimo ferrero con la figlia vanessa
«Ma vattene affanculo» e me ne sono andato, perché ho pensato che la violenza nun paga, e ho promesso a me stesso e a Di Casimiro che non avrei più usato violenza contro nessuno, manco contro quelli che mentre ero in motorino mi facevano le corna dalla macchina.
Qualcuno mi ha sgridato: «Cos'hai combinato? Quello era uno dei costumisti più bravi».
«Ma chissenefrega, è un poveretto.»
«Però non ci si comporta così. Vipera ... Vipera»
Mi prendevano per il culo anche loro: non nel vero senso della parola, al contrario del costumista che ci aveva pensato seriamente. Ormai ero il Viperetta.
massimo ferrero canta vado al massimo (2)
Almeno da lì, non mi hanno mandato via. Anzi, Agostino Pane ha iniziato a occuparsi di un altro film, e poi di un altro ancora, e mi ha portato sempre con sé. Ero sveglio, non mi scappava niente. Bravo, veloce, molto attento. Una produzione tirava l'altra e io facevo carriera, come se fossi stato un militare. Scalavo le posizioni. La linea gerarchica è facile da spiegare. Il produttore finanzia il film e sotto di sé, durante le riprese di una pellicola importante, ha altre figure.
L'organizzatore: solo lui può parlare con il produttore, ma collabora anche con il regista e insieme a lui prepara la scena.
massimo ferrero autografa il libro presentato
Il direttore: rende conto all'organizzatore.
L'ispettore e il segretario: loro sono fondamentali affinché la macchina produttiva non si fermi, perché ogni volta che si inceppa sono soldoni che partono. Il cinema è come una catena di montaggio della Fiat, se si blocca un pezzo non si finisce l'auto.
Nella mia carriera mi sono occupato direttamente di centoquaranta film: venti da segretario, venti da ispettore, quaranta da organizzatore e il resto da produttore, cioè investendo direttamente.
ferrero risponde alle domande del pubblico (4)
Nello specifico il segretario istruisce gli attori sugli orari di lavoro, pianifica gli spostamenti delle macchine che li devono andare a prendere, organizza viaggi e pasti, comunica l'ordine del giorno all'intera troupe. L'ispettore controlla il segretario, o meglio verifica che quanto detto dal segretario si trasformi in realtà, che le parole diventino fatti.