IO PENSO SIERO-POSITIVO – ARRIVA LA CURA DEFINITIVA PER L’AIDS? UN GRUPPO DI RICERCATORI ITALIANI STA SVILUPPANDO UN FRAMACO IN GRADO DI RIDURRE IL 90% DEL VIRUS LATENTE, QUELLO CHE LE MEDICINE NORMALI NON RIESCONO A ELIMINARE – IL PROFESSOR AGNOLETTO: “NON È UN VACCINO, COME HANNO SCRITTO IN MOLTI: I VACCINI SERVONO PER EVITARE L’INFEZIONE, IN QUESTO CASO SI PARLA DI UN FARMACO PER CONTROLLARLA”
1 – AIDS, VACCINO MADE IN ITALY PER EVITARE I FARMACI A VITA
Valentina Arcovio per “il Messaggero”
Mai più schiavi dei farmaci antiretrovirali. E' il sogno di ogni persona affetta da Hiv ed è l' obiettivo ambizioso a cui un gruppo di ricercatori italiani essersi avvicinati. Infatti, il vaccino sviluppato e testato da 8 centri italiani, coordinati dall' Istituto superiore di sanità (Iss), si e dimostrato in grado di ridurre del 90% il «serbatoio di virus latente», quello che rimane nascosto all' interno delle cellule infette per tutta la vita e che i soli farmaci non riescono ad eliminare.
Il vaccino made in Italy sembra quindi in grado di colpire quella parte silente del virus che periodicamente si riattiva per ricominciare a replicarsi, motivo per cui i malati diventano schiavi a vita della terapia antiretrovitale. Nel nuovo studio, pubblicato sulla rivista Frontiers in Immunology, i ricercatori italiani hanno dimostrato che il loro vaccino Tat, che agisce sull' omonima proteina che permette la replicazione e la diffusione del virus, potrebbe davvero aiutare a controllare il virus.
NUOVE PROSPETTIVE
«Si tratta di risultati - afferma Barbara Ensoli, direttore del Centro Nazionale per la Ricerca su Hiv/Aids dell' Iss, che ha coordinato il gruppo di ricerca - che aprono nuove prospettive per una cura funzionale' dell' Hiv, ossia una terapia in grado di controllare il virus anche dopo sospensione dei farmaci antiretrovirali. In tal modo, si profilano opportunità preziose per la gestione clinica a lungo termine delle persone con Hiv, riducendo la tossicità associata ai farmaci, migliorando l' aderenza alla terapia e la qualità di vita, problemi di grande rilevanza soprattutto in bambini e adolescenti, con l' obiettivo, in prospettiva, di giungere all' eradicazione del virus».
I risultati dello studio quantomeno fanno ben sperare. Il vaccino somministrato otto anni fa a 92 volontari ha consentito il mantenimento di anticorpi anti-Tat per tutti questi anni nel 37% dei casi. Inoltre, i ricercatori hanno evidenziato un aumento dei linfociti T CD4, cioè quelle la cui distruzione da parte del virus causa l' Aids, e una riduzione del virus latente.
Questi risultati aprono la strada a studi di interruzione programmata e controllata della terapia nei volontari in trattamento con i farmaci antiretrovirali vaccinati con Tat, attualmente in corso di pianificazione. Studi che sono a rischio per mancanza di risorse.
ll vaccino Tat contro l' Aids «nel giro di due anni dice Ensoli - potrebbe essere disponibile per la cura effettiva dei pazienti.
Servono solo i fondi per le ricerche, in Italia e in Sudafrica. Per lo studio pilota necessario a capire se con l' uso del vaccino si può interrompere la terapia oggi utilizzata, da realizzare nel nostro paese, sono necessari almeno 3 milioni di euro. Per lo studio in Sudafrica, di fase 3, di cui sono già disponibili i protocolli, ne servirebbero almeno 15». Servono quindi i soldi per finanziare le ulteriori fasi della sperimentazione. «Purtroppo è un problema antico ma oggi i fondi per l' Aids sono completamente scomparsi in Italia. Credo sia necessario fare, a livello nazionale, ma anche internazionale, uno sforzo in più per debellare questa malattia che non è scomparsa».
L' IMPEGNO DEL BAMBINO GESÙ
L' impegno dei ricercatori italiani c' è, eccome. Quest' anno, ad esempio, partirà in 3 continenti, il secondo step della sperimentazione del primo vaccino terapeutico pediatrico contro l' Hiv, sviluppato dall' Ospedale Pediatrico Bambino Gesù in collaborazione con il Karolinska Instituet di Stoccolma. Saranno coinvolti circa 100 bimbi già malati di Aids.
L' Ospedale della Santa Sede, infatti, capofila del progetto internazionale di ricerca EPIICAL, ha ottenuto un finanziamento dal National Institute of Health americano che consentirà di testare il vaccino in Italia, Thailandia e Sudafrica.
La prima sperimentazione aveva riguardato 20 bambini nati infetti per via materna, un tipo di trasmissione della malattia che interessa il 95% dei nuovi casi pediatrici ogni anno. Ora partirà la sperimentazione su un campione più ampio, che conterà circa 100 bambini con Aids conclamato alla nascita e da subito in trattamento con terapia standard.
2 – ‘AIDS, IN ARRIVO UN VACCINO ITALIANO’. PECCATO CHE NON SIA VERO
Vittorio Agnoletto* per www.ilfattoquotidiano.it
Medico, professore all’Università degli studi di Milano
Ancora una volta, come ormai avviene da anni, ieri alcuni importanti siti d’informazione hanno annunciato un vaccino italiano contro l’Aids efficace al 90%. Grande sorpresa generale, incredulità nel mondo scientifico, entusiasmo tra migliaia di persone sieropositive e i/le loro partner. Nel giro di un paio di ore i titoli cambiano, forse per l’intervento da parte di qualche autorevole ricercatore sui direttori dei giornali online, forse perché qualche giornalista si è reso conto di averla sparata grossa. Non c’è all’orizzonte alcun vaccino per l’Aids, purtroppo, né tantomeno alcun vaccino italiano contro l’Aids.
vittorio agnoletto carlo gnetti aids lo scandalo del vaccino italiano
Ma stamattina il Corriere torna a parlare nel titolo di vaccino: “Aids, il vaccino italiano e il futuro senza farmaci”. “Aids, il vaccino e made in Italy” titola l’Avvenire. “Il gol finale per sconfiggere l’Hiv” titola la Stampa. Sulla stessa lunghezza d’onda diversi quotidiani di provincia: “Lotta all’Aids, un vaccino italiano” titola a tutta pagina il Giornale di Vicenza, per fare un esempio. Sembra di essere tornati indietro di oltre 20 anni. Il 24 ottobre 1998 i principali quotidiani italiani titolavano: “Vaccino anti-Aids: l’Italia è prima”, “Aids, funziona il vaccino italiano” o “Il mio vaccino batterà l’Aids”, riprendendo con enfasi l’annuncio fatto il giorno prima dalla ricercatrice dell’Istituto Superiore di Sanità Barbara Ensoli, durante un simposio internazionale su Aids e cancro.
“Da allora decine di milioni di euro sono state stanziate dallo Stato italiano per sostenere il progetto di un vaccino contro l’Aids – basato sulle proprietà della proteina Tat – illudendo milioni di persone che la cosiddetta ‘peste di fine millennio’ stesse per essere sconfitta. Dopo 15 anni nessun vaccino italiano contro l’Aids è apparso all’orizzonte”. Cosi scrivevo insieme a Carlo Gnetti nella presentazione del libro Aids, lo scandalo del vaccino italiano, edizione Feltrinelli, pubblicato nel 2012. Libro al quale diede un importante contributo anche il prof. Fernando Aiuti, recentemente scomparso. I titoli dei giornali di oggi ci riportano indietro a quel 24 ottobre 1998.
Nell’introduzione al libro lo scienziato Robert Gallo, contestando il termine di “vaccino terapeutico”, scriveva: “Il termine corretto dovrebbe essere ‘immunoterapia’, in modo da evitare confusione con un vero vaccino che previene l’infezione”. Ragionamento incontestabile, non difficile da comprendere, certamente non sconosciuto ai giornalisti che scrivono di sanità, eppure molti di loro perseverano nell’errore. Poca attenzione? Sciatteria? Ricerca dello scoop a ogni costo? Sudditanza a una notizia lanciata con grande forza mediatica?
I fatti sono molto semplici: si sono fatti dei passi avanti per l’uso di un farmaco basato sulla proteina Tat da utilizzare per ridurre ulteriormente la carica virale nelle persone già sieropositive e i ricercatori dello studio ritengano che vi sia la possibilità che in futuro si possa ottenere il controllo dell’infezione senza ricorrere, per un periodo, agli antiretrovirali, ma utilizzando solo questo farmaco. Si sta parlando di un’ipotesi da verificare attraverso futuri trial clinici.
Nulla quindi a che vedere con un vaccino che, come tutti sanno, serve per evitare l’infezione, non per curare le persone sieropositive. In questo caso invece si parla di un ulteriore farmaco per controllare l’infezione, non di un vaccino per proteggere persone sane dall’infettarsi. Se lo studio verrà confermato potrà esserci un passo avanti nella terapia, ma la differenza con un vero vaccino è come quella tra la notte e il giorno.
Ora capisco l’amor patrio e la ricerca di uno scoop a qualunque costo; ma un po’ di serietà e di professionalità in più quando si fa informazione sulla salute e sull’Aids non guasterebbero. Anche perché molti giornali e molti siti che usano la parola “vaccino” nel titolo, poi negli articoli spiegano che si parla di terapie per persone già Hiv+. Ma è ampiamente risaputo che vi è una differenza abissale tra il numero di coloro che si fermano ai titoli e di quanti leggono l’intero articolo.
Per capire il danno che si procura con simili strategie comunicative sarebbe sufficiente raccontare le infinite telefonate ricevute ieri da chi era stato condotto a illudersi che finalmente la lotta contro l’Aids era vinta definitivamente.
Un’ultima triste annotazione: possibile che nessun ricercatore impegnato nella ricerca sull’Aids abbia sentito il dovere professionale e deontologico di intervenire pubblicamente a spiegare la situazione? Scriveva Robert Gallo nel testo già citato: “Penso che una lezione da trarre in questo caso sia l’incapacità di agire e di pronunciarsi degli scienziati italiani di primo piano, soprattutto quando potrebbero essere compromessi i finanziamenti per la ricerca scientifica”. Era il 2012, sono passati sette anni e nulla sembra essere cambiato.