“CON MELENCHON AL GOVERNO I MERCATI ANDREBBERO NEL PANICO” - MACRON, FORTE DELL’APPOGGIO DELLA CONFINDUSTRIA FRANCESE E DEL MONDO DELLA FINANZA, SPIEGA IL NO A LUCIE CASTETS: “SE DIVENTA PRIMO MINISTRO UN ESPONENTE DEL NUOVO FRONTE POPOLARE ABROGHERÀ LA RIFORMA DELLE PENSIONI, AUMENTERÀ IL SALARIO MINIMO E LA FRANCIA PRECIPITERÀ” - IL SOCIALISTA BERNARD CAZENEUVE, EX MINISTRO E PREMIER DI FRANÇOIS HOLLANDE, RESTA FAVORITO PER IL RUOLO DI PREMIER… (E INCASSA L’APPOGGIO DELLA SINDACA DI PARIGI ANNE HIDALGO)…
Luana De Micco per il Fatto Quotidiano - Estratti
“Se nomino Lucie Castets o un altro esponente del Nuovo fronte popolare, abrogherà la riforma delle pensioni, aumenterà il salario minimo, i mercati finanziari entreranno nel panico e la Francia precipiterà”. Ecco il motivo, nero su bianco, per cui Emmanuel Macron non intende “prendere il rischio” di nominare un primo ministro di sinistra.
Lo ha detto lui stesso, chiaro e tondo, secondo una fonte vicina al presidente citata da L’Express. Mentre il socialista Bernard Cazeneuve, ex ministro e premier di François Hollande, resta favorito per Matignon (e incassa l’appoggio della sindaca di Parigi Anne Hidalgo), l’annuncio del nuovo premier da parte di Macron sembra ormai imminente. Arrivata in testa alle Legislative anticipate di luglio, l’alleanza delle sinistre rivendica il diritto di governare.
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emmanuel macron voto per le elezioni legislative
Per giustificarsi aveva chiamato in causa “il rischio di instabilità delle istituzioni”: un governo Castets non sarebbe sopravvissuto alla sfiducia dei deputati. Macron teme che il “Nfp al potere possa portare avanti riforme fondamentali per la vita dei francesi”, ha scritto il giornale L’Humanité. L’aumento del salario minimo a 1.600 euro e l’abrogazione della riforma che ha alzato l’età pensionabile a 64 anni, sono misure che mettono d’accordo tutti a sinistra, indomiti, ecologisti, comunisti e socialisti, compresi quelli più refrattari all’alleanza con Lfi.
Nel programma figurano anche misure per potenziare i servizi pubblici, che implicano l’aumento della spesa pubblica, oltre che il superamento delle politiche di austerità in Europa. “L’unica bussola che determina le scelte di Macron è il mantenimento dell’ordine economico – ha scritto a sua volta Mediapart –. Il presidente ha almeno chiarito una cosa: l’economia è ormai esclusa dal campo democratico”. Il mondo degli affari ha del resto alzato i suoi scudi. Patrick Martin, presidente del Medef, la Confindustria francese, ha messo in guardia contro il “declassamento” della Francia in caso di applicazione del programma della sinistra. A sua volta Moody’s ha minacciato di abbassare il rating della Francia, oggi Aa2, se la riforma delle pensioni fosse stata abrogata.
Sempre Moody’s, Fitch e le altre agenzie di rating avevano invece applaudito Parigi per quella legge, alla fine passata senza il voto dei deputati e dopo mesi di scioperi. Lfi, che denuncia la deriva “autocratica” dell’Eliseo, ha annunciato ieri di aver avviato la procedura di destituzione del presidente per “abuso di potere”, in base all’articolo 68 della Costituzione. Secondo una studio-sondaggio della Fondation Jean Jaurès, il 51% dei francesi approverebbe le dimissioni di Macron