SOFFRITE DI PRESSIONE BASSA? ALCUNI ESERCIZI PER NON FARSI ABBATTERE DAL CALDO NEI MESI ESTIVI - LE GIOVANI DONNE SONO QUELLE PIÙ COLPITE MA L'IPOTENSIONE ORTOSTATICA È FREQUENTE ANCHE NEI PAZIENTI ANZIANI CHE PRENDONO FARMACI CONTRO L'IPERTENSIONE - I CONSIGLI DEL CARDIOLOGO SIMONE GULLETTA: "SVILUPPARE LA MUSCOLATURA DEGLI ARTI INFERIORI, IN PARTICOLARE DEL POLPACCIO. INOLTRE SE LA PRESSIONE TENDE A ESSERE BASSA, L'INVITO E' A…"
Antonella Sparvoli per il “Corriere della Sera – Salute”
Se capita con una certa frequenza di essere lì li per svenire a causa di un improvviso calo della pressione, magari subito dopo essere passati dalla posiziona sdraiata a quella eretta, potrebbe essere utile imparare alcuni esercizi, da fare prima o dopo essersi alzati.
Semplici manovre, come alzare le gambe da seduti o incrociarle una volta in piedi, aiutano infatti a prevenire questi spiacevoli eventi, in genere legati alla cosiddetta ipotensione ortostatica . Lo segnala uno studio dell'University of Calgary (Canada) pubblicato di recente sulla rivista Heart Rhythm .
«Quando si fa una diagnosi di ipotensione ortostatica, si danno ai pazienti alcune indicazioni e fra queste di solito c'è quella di fare alcuni esercizi appena ci si alza, come, appunto, incrociare le gambe, alzarsi sulle punte dei piedi o contrarre i muscoli del polpaccio - segnala Simone Gulletta, responsabile di Unità funzionale all'interno dell'Unità di aritmologia ed elettrofisiologia cardiaca dell'Irccs Ospedale San Raffaele di Milano -. Il nuovo studio non solo ribadisce la validità di queste manovre, ma ne segnala anche l'utilità a scopo preventivo».
L'ipotensione ortostatica è un condizione caratterizzata da un calo di pressione arteriosa, di almeno 40 mmHg per la massima (sistolica) e di almeno 20 mmHg per la minima (diastolica), in genere nel passaggio dalla posizione sdraiata a quella eretta. Se la pressione si abbassa di colpo, altrettanto improvvisamente la vista si annebbia, si vacilla.
In altre parole compaiono i segni di un calo drastico dell'apporto di sangue al cervello. «Nel momento in cui si cambia posizione da sdraiati a in piedi il sangue, per la forza di gravità, si accumula in basso, soprattutto negli arti inferiori, e fatica a tornare al cuore e al cervello - spiega l'esperto -. Di norma il brusco calo pressorio viene evitato grazie a particolari meccanismi compensatori ( barocettori , recettori neurosensoriali presenti nei vasi sanguigni e nel cuore) che inducono un aumento della frequenza cardiaca e della contrattilità del cuore oppure una vasocostrizione, riequilibrando la pressione arteriosa.
Se uno di questi sistemi è alterato, la pressione resta bassa e il paziente avverte i classici sintomi legati al capogiro e alla mancanza di forza perché arriva meno sangue al cervello».
PIÙ INTERESSATE LE GIOVANI
Quello dell'ipotensione ortostatica è un problema comune soprattutto nelle giovani donne, nelle quali talvolta si viene a creare un'alterazione del sistema vascolare, di solito benigna, che comporta una scarsa capacità di compensazione.
«La raccomandazione che diamo in questi casi è innanzitutto quella di sviluppare la muscolatura degli arti inferiori, in particolare del polpaccio: in questo modo quando il muscolo si contrae, preme sulle vene, facilitando il ritorno del sangue dalla periferia al cuore, che poi più facilmente arriva anche al cervello. Inoltre se la pressione tende a essere bassa, invitiamo a bere molto (almeno due litri e mezzo al giorno) per aumentare il volume plasmatico» suggerisce Gulletta.
L'AZIONE DEI FARMACI
L'ipotensione ortostatica può essere indotta, però, anche da alcuni antipertensivi e da fenomeni di disidratazione, in particolar modo negli anziani. «Farmaci come i calcio-antagonisti o i nitrati hanno un effetto antipertensivo marcato attraverso la vasodilatazione periferica, mentre i diuretici favoriscono la perdita di liquidi e proprio per questi meccanismi d'azione possono, in alcune circostanze, indurre un drastico calo pressorio. Altro fattore scatenante può essere la disidratazione, anch' essa comune negli anziani» puntualizza Gulletta.
Se è vero che esercizi mirati possono essere d'aiuto, è anche vero che nel momento in cui si capisce di essere prossimi allo svenimento, magari perché la vista si oscura, si inizia all'improvviso a sudare copiosamente, si avverte nausea e si vacilla, il primo accorgimento da prendere è quello di sdraiarsi e sollevare le gambe.
«Dall'inizio dei sintomi al possibile svenimento si hanno a disposizione non più di 10 secondi per sdraiarsi e così portare cuore e cervello sullo stesso piano, favorendo il ritorno del sangue venoso al cuore - puntualizza lo specialista -. Questo accorgimento è fondamentale non tanto per i rischi che comporta la sincope (cioè lo svenimento), che in genere è un fenomeno benigno quando legato solo a un calo della pressione arteriosa, ma per evitare la caduta e i possibili traumi, specie alla testa, che nei casi più gravi possono provocare fratture o addirittura emorragie cerebrali».