L'ARTE CONSIGLIATA DA ANTONIO RIELLO – ALLA ROYAL ACADEMY DI LONDRA IN MOSTRA LA COLLEZIONE DI OGGETTI ARTISTICI DELLA "HISPANIC SOCIETY MUSEUM & LIBRARY" DI NEW YORK. UN VIAGGIO NELLA STORIA DELLA SPAGNA E DELLE SUE COLONIE IN AMERICA LATINA – “IL SUCCESSO DELLA MOSTRA STA ANCHE NEL CREARE UN RISTORO DALLE OSSESSIVE MOSTRE DI ARTE CONTEMPORANEA LONDINESI, DOVE IL PUBBLICO BRITANNICO FINISCE PER SENTIRSI IN COLPA PER I MISFATTI DELL'IMPERO CHE FU. IN FONDO, I CASINI COLONIALI COMBINATI DAGLI SPAGNOLI ALLEGGERISCONO INDIRETTAMENTE UN PO' QUELLI NOSTRANI…”
Antonio Riello per Dagospia
SPAIN AND THE HISPANIC WORLD
ROYAL ACADEMY OF ARTS, Burlington House, Piccadilly, Londra, W1J 0BD
fino al 10 Aprile 2023
Un eccentrico e ricchissimo gentiluomo Americano dell'inizio del XX Secolo, Archer Milton Huntington (1870-1955), inizia una collezione di oggetti artistici che diventerà nota in seguito come la Hispanic Society Museum & Library di New York. Una di quei posti meravigliosi, ma in qualche misura "minori" (assieme alla Morgan Library & Museum e alla Frick Collection), che quasi nessuno a New York, purtroppo, va quasi mai a vedere.
Ecco a portata di mano l'occasione per riscattarsi. La Royal Academy di Londra ospita per la prima volta una rilevante selezione del patrimonio della Hispanic Society Museum & Library. La storia della Spagna e dei suoi domini d'oltremare (che non significano solo America Centrale e Meridionale, ma anche l'Arcipelago delle Filippine) è testimoniata da un apparato visivo di straordinaria varietà.
La penisola Iberica pre-romana, per lo più abitata da popolazioni celtiche aveva già un ruolo geo-strategico per la grande ricchezza mineraria (metalli di vario genere). In età romana lo diventa ancora di più a causa della posizione geografica essenziale per l'Impero di Roma. Mosaici, tessuti e manufatti metallici e ceramici lo testimoniano.
La Tarda Antichità vede arrivare i Barbari: Visigoti e Vandali (saranno sconfitti dall'invasione Araba verso il 712 d.C.). La lunga dominazione Islamica darà una cifra assolutamente peculiare alla produzione artistica Iberica anche perché, in qualche misura, coesisterà fertilmente con tradizioni Cristiane ed Ebraiche. Una ricchezza decorativa, soprattutto nel campo della produzione ceramica, incomparabile nel resto d'Europa. Nel 1492 la fase finale della Reconquista e l'espulsione di Ebrei e Musulmani dal territorio apre una nuova drammatica fase.
E' una rarità, un grande "portolano" disegnato da Giovanni Vespucci (il nipote di Amerigo Vespucci), che ci introduce all'era delle esplorazioni coloniali. In questo tempo il cocktail delle soluzioni artistico-formali iberiche si arricchisce ancora di più. Prende corpo quell'idea di "stile Spagnolo" che (sebbene evoluto nel tempo) persiste ancora oggi. Una intricata dialettica culturale mediterranea, una elaborata tavolozza di colori caldi e vivaci, un senso di raffinata e polverosa ruralità, una singolare attitudine al dramma cupo e violento. I quadri di El Greco (1541-1614), di Francisco de Zurbaran (1598-1664) e di Diego Velazquez (1599-1660) in mostra bastano da soli per sottolineare le virtù questa sintesi.
La parte più inedita e significativa è comunque quella dedicata all'America Latina. Elementi mitologici legati alle tradizioni Pre-Colombiane, frammenti di religioni Africane (arrivati con la schiavitù), credenze e pratiche tradizionali Cattoliche. Tutto questo si fonde, di volta in volta con dosi diverse, in manufatti di alto artigianato ed opere d'Arte. Alle pareti un bel quadro riassume, con piglio didascalico le gerarchie razziali delle Indie Spagnole, con tutti i possibili vari gradi di meticciato.
Ad un certo punto ci si imbatte in una dettagliata mappa della città di Potosì (nell'attuale Bolivia) con le sue proverbiali miniere d'argento. E' stato proprio la grande massa d'argento, e non l'oro, che arrivava dalle Americhe a costituire lo smisurato tesoro che raggiunse la Spagna dopo Colombo. Ricchezza non esente da contraccolpi finanziari e spinte inflazionistiche che alla fine lasciarono il Regno Spagnolo esausto ed incapace di entrare appieno nella Modernità Europea.
E' ormai tempo della sfortunata invasione Napoleonica e del grande Francisco Goya (1746-1828). Si può ammirare, tra altre, la celebre tela che ritrae la protettrice dell'artista, la Duchessa d'Alba, in piedi su una spiaggia che indica con la mano destra le lettere "Solo Goya" incise sulla sabbia.
A seguire un quadro "coloniale" di Mariano Fortuny (1838-1874). Sì, è proprio quello di Palazzo Fortuny a Venezia, egli era infatti contemporaneamente artista, collezionista ed imprenditore. La Spagna nella seconda metà dell'Ottocento è considerata una parte selvatica e folkloristica d'Europa, soprattutto dalla cultura Francese che vi ambienta tutte quelle narrazioni che necessitano di un certo contesto semi-esotico. La Carmen di Bizet ad esempio.
Chiude la mostra un artista spagnolo molto amato da Huntington: Joaquin Sorolla (1863-1923). Oggi, in verità, non molto noto fuori della sua patria. La sua pittura, vista da una prospettiva Italiana, ha qualcosa in comune con alcuni Macchiaioli (Giovanni Fattori e Silvestro Lega in particolare).
Sorolla sa, di solito, creare una atmosfera piuttosto calda, luminosa e sensuale. Uno che sa giocare davvero molto bene con la luce mediterranea. Qui oltre ad alcune grandi tele ci sono anche i bozzetti a tempera del suo ambizioso polittico, "Vision of Spain", realizzato a New York nel 1913-1924. In pratica una suntuosa rassegna delle varie tradizioni regionali del paese.
L'enorme attuale successo della mostra non sta solo nella sua fantastica qualità, ma anche nel portare i visitatori, almeno per breve tempo, in un ambito neutro e favoloso. Un altro tempo, un altro luogo. Una specie di bolla museale lontana dall'ansiogeno panorama delle notizie politiche e finanziarie.
Una versione di massa della cosiddetta "Torre d'Avorio". Ma anche un ristoro dalle polemiche, stressanti e ossessive mostre di Arte Contemporanea londinesi dove il pubblico Britannico finisce per sentirsi inesorabilmente in colpa per i misfatti (veri e presunti) dell'Impero che fu. Anzi, in fondo, i casini coloniali combinati dagli Spagnoli alleggeriscono indirettamente un po' quelli nostrani. Que viva España! (in Piccadilly).
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