CHE RAZZA DI ARTE È QUESTA? – L’ORSAY DI PARIGI PENSA DI RIPULIRSI LA COSCIENZA CON UNA MOSTRA SUL MODELLO NERO NELL’ARTE. MA ALMENO CI PROVA! – BONAMI: IN ITALIA SI ARRIVA AL MASSIMO A BASQUIAT, SOLO PER IL FATTO CHE ANDAVA A BRACCETTO CON ANDY WARHOL E FRANCESCO CLEMENTE NELLA NEW YORK DEGLI ANNI OTTANTA. MA LO SI MOSTRA A MILANO, AL MUDEC, MUSEO DELLE CULTURE, PER SOTTOLINEARE CHE BASQUIAT ERA SÌ ARTISTA CONTEMPORANEO, MA ANCHE UN PO' ETNICO”
Francesco Bonami per “la Repubblica”
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Se il Musée d' Orsay pensa di cavarsela con una mostra dal titolo Il modello nero per riparare secoli di razzismo da parte del mondo occidentale, mi pare dura. Il senso di colpa per le malattie del passato non è la cura giusta per le malattie del presente che, ahimé, si ripresentano diverse e più potenti. Il razzismo di oggi è infatti più grave proprio perché si pensa di aver fatto sufficiente mea culpa attraverso una raffazzonata correttezza politica sui mali di ieri.
Celebrare il modello nero nella storia dell' arte serve a poco quando importanti case di moda ancora oggi commettono vergognosi errori, dimostrando che l' idea dell' individuo nero sia ancora intrecciata con stereotipi dai quali pensiamo di liberarci, buttandola sul "non esageriamo" o "non facciamone una tragedia".
Bisogna esagerare e farne una tragedia, altrimenti nessuno impara e non c' è mostra che regga celebrando il soggetto nero per risolvere una questione che tiene in ostaggio la società occidentale.
Se la Francia della cultura almeno ci prova a mettere qualche toppa sui propri misfatti, in Italia siamo ancora all' età della pietra per quel che riguarda una riflessione fatta come si deve e con le dovute cautele sulla cultura nera sia americana che africana. Si arriva al massimo a Jean-Michel Basquiat, solo per il fatto che andava a braccetto con Andy Warhol e Francesco Clemente nella New York degli anni Ottanta. Ma lo si mostra a Milano, al Mudec, Museo delle Culture, non a Palazzo Reale come succederebbe appunto con Warhol o magari Clemente, per sottolineare che Basquiat era sì artista contemporaneo, ma anche un po' etnico.
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Quindi perfetto per un museo che guarda ancora a certe culture non come realtà autonome e degne della serie A della storia dell' umanità, ma come sezioni curiose e minori di qualcosa che non si chiama più folklore per una questione di marketing. Se la mostra del D' Orsay dovesse arrivare in Italia trasformandosi in una ong dell' arte, siamo certi che arriverebbe all' insegna del buonismo più puro e magari pure Salvini andrebbe all' inaugurazione. La correttezza politica e culturale purtroppo non serve a correggere la scorrettezza sociale e l' ignoranza morale.
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L' unica cura è la conseguenza radicale. Lo sa bene il Paese più razzista del mondo, gli Stati Uniti, ma tuttavia anche il più pragmatico. Si spara a un nero che dorme in auto, lo dice il manuale della guardia giurata, ma se un politico, come fece Roberto Calderoli, dà dell' orango a una persona, ministro o non ministro che sia, in Parlamento e in un' azienda di qualsiasi tipo non ci mette più piede. Modelli neri e punizioni serie.
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