RUTTO LIBERO E PALLA AL CENTRO - UN CAMPIONATO ORMAI RIDOTTO A MERO CONTO ALLA ROVESCIA. HA VINTO LA JUVE. LO SANNO TUTTI DA MESI. COSÌ ANCHE LE FLEBILI POLEMICHE DI DONADONI SULL’ARBITRAGGIO NON DISTURBANO PIÙ DI UN RUMORE DI FONDO. IL CARNEVALE È ALTROVE

DAGOREPORT

Ultime notizie da Pompei. La casa ha definitivamente preso fuoco ed è bruciato anche l'interesse per un campionato ormai ridotto a mero conto alla rovescia. Ha vinto la Juve. Lo sanno tutti da mesi. Così anche le flebili polemiche di Donadoni sull'arbitraggio non disturbano più di un rumore di fondo. Il carnevale è altrove. Nella quindici vittorie della truppa di un Conte che finge stupore: "questa squadra sorprende anche me", nella superiorità oggettiva, in una primavera annoiata in cui gli unici due obbiettivi saranno l'abbattimento dei record e il giro di campo tra i coriandoli in quella che una volta era l'ambita Coppa Uefa.

ParmaTevez

Con il 2-1 al Parma, la Juventus mette in vetrina quel formidabile campione ormai vicino ai 20 gol di nome Tevez (neanche una bizza, neanche mezza, nonostante la tormentata biografia) e la solidità di sempre. Rispondono da Roma con l'urlo di Florenzi al minuto novantuno (2-1 su un buon Torino), ma la coraggiosa corsa di Rudi Garcia è resa zoppa dalla differenza numerica e qualitativa degli stipendiati e dal gap in classifica. A Trigoria pensano al secondo posto, preparano il monumento all'allenatore e puntano a conservare il vantaggio sul Napoli di Benitez, domatore di leoni imprevedibili e incostanti in comoda perlustrazione della giungla catanese.

A Don Rafè piace vincere facile

In Sicilia, davanti agli agnelli di Maran, il pasto è lauto e il tabellone segna zero a quattro dopo un solo tempo. Ci pensano Zapata, Callèjon (altro acquisto felice), la dissipata rassegnazione dei ragazzi di casa che si consegnano imbelli e che forse neanche Massimino avrebbe saputo come spronare.

L'orgoglio del Catania non basta e i due gol subiti da Reina nel secondo tempo per il 2-4 finale disegnano confermano solo l'attitudine stagionale del Napoli. Segnare gol e prenderli con sconsiderata allegria, ma tenersi per ora lontani da un vero successo. Chissà se davvero il contestato De Laurentiis, più in là delle smorfie di obbligata approvazione, è davvero soddisfatto di un consuntivo che non dovesse finire in trionfo l'ultimo atto della finale di Coppa Italia potrebbe dire terzo posto e niente più.

Miracolo a Firenze

Si vedrà nello scontro con l'altra delusa, la Fiorentina del querulo Della Valle, coprotagonista della scena della coppa Nazionale. Il Franchi, campo dei miracoli e dei regali, intanto si premura di regalare mezzo sorriso anche al Milan, inferno in cui Seedorf finalmente cambia di status e di Girone e Balotelli polemizza prima e dopo con Orsato: "La persona che più mi ha provocato è stato l'arbitro: mi ha ammonito dicendomi che parlo troppo. Ma perchè in Italia non si può dialogare con i direttori di gara? Non capisco".

Mario gioca bene, segna e anche grazie al gol di Mèxes dà senso al ritiro di Roma. Kakà era contrario alla clausura ma ammette: "Ci ha fatto bene". La squadra con una punta, tre fantasisti e Robinho e Pazzini in quarantena sembra più coperta ed equilibrata. È tardi per quasi tutto, al Milan. Ma non per provare a consegnarsi un'ipotesi di ricostruzione meno nevrotica di quanto non si sia visto nelle ultime settimane.

Altra atmosfera a Firenze, dove Montella si lamenta: "calo fisico e mentale" e in attesa del non proprio eccitantissimo scontro tra Inter e Udinese, in caso di vittoria dell'agitata Armata Thohir- Mazzarri, diventa ipotesi precaria persino il quarto posto. Niente che possa andare in prima pagina, comunque. Il torneo racconta quel che il finale già scritto per la gloria juventina gli consente. Cioè poco quando non pochissimo, complice anche più di qualche remo in barca tirato in vista dei Mondiali.

Facce da controcopertina

Persino normale così che in copertina vadano quelli che dei viaggi transcontinentali sanno poco. Stefano Colantuono, settimo con l'Atalanta che manda all'inferno il Livorno (2-0, De Luca e Denis), Sinisa Mihailovic (blitz per 2-1 in dieci a Reggio Emilia, avversario il Sassuolo, con l'ex Sansone che impiega 18 secondi per imporre la famosa legge), Eugenio Corini che con il Chievo prende tre punti fondamentali e convincenti per il 3-0 al Bologna e persino Gian Piero Gasperini che da un calcio ai sogni europei della Lazio (2-0) e lascia a Reja la polemica di giornata per le decisioni di chi ha il fischietto in bocca. Se per Lotito fischierà bufera, soffia un vento cattivo anche su chi sta salutando la serie A senza apparenti reazioni.

Catania e Sassuolo sono messe malissimo, il Livorno male. Il gruppo di mezzo è lontano e la classifica è cortissima soprattutto in coda. Ora che il Cagliari si è messo in salvo relegando l'ex sorpresa Verona alla quarta sconfitta (1-0, segna Nenè, solo omonimo del metronomo della squadra miracolo di Manlio Scopigno) oltre alle due principali candidate, in tre punti rimangono tre squadre. Una scende. È matematica.

 

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