“CONTE CONTRO L’ATALANTA HA FATTO CATENACCIO MA L’INTER VINCERA’ LO SCUDETTO” – CAPELLO POLVERIZZA GLI ALLENATORI “GIOCHISTI” E IL GUARDIOLISMO DI PIRLO: “NEL CALCIO I RISULTATI CONTANO MOLTO DI PIÙ DELLE STATISTICHE SUL POSSESSO PALLA. PENSIAMO ALL'INTER DI JOSE MOURINHO: SI DICEVA CHE PIAZZASSE IL PULLMAN DAVANTI ALLA DIFESA, QUANDO NECESSARIO. UN SISTEMA DI GIOCO CHE HA PAGATO” – “IL MILAN MI STUPISCE, L'ATALANTA È L'UNICA SQUADRA EUROPEA”
Gabriele Gambini per “La Verità”
«Per me il campionato è chiuso: se lo aggiudicherà l'Inter, nessuno riuscirà ad agganciarla in vetta». Non usa mezzi termini Fabio Capello, gloria del centrocampo nazionale negli anni Sessanta e Settanta, allenatore tra i più vincenti di tutti i tempi.
Ha scaldato i cuori rossoneri col Milan degli «Invincibili» - epoca d'oro del Silvio Berlusconi patron- ha primeggiato due volte in Liga spagnola col Real Madrid, per poi tornare in Italia sulle panchine di Roma e Juventus e dedicarsi alla vita da commissario tecnico delle nazionali inglese e russa. Don Fabio, da ragazzo, ha vestito, tra le tante, proprio le casacche della Roma, della Juve, del Milan.
Quasi a voler chiudere il cerchio di due vite spese in ere calcistiche distinte: quella pionieristica e strapaesana di una volta, e quella globalista ultracompetitiva odierna. Oggi è opinionista a Sky Sport, e il piglio da analista quasi ieratico non l'ha affatto smarrito.
Mister Capello, l'Inter vincerà lo scudetto?
«È la mia favorita da inizio stagione. Ribadisco: il campionato è chiuso, vincono loro. Antonio Conte lavora col gruppo già dall'anno scorso, conosce pregi e difetti della rosa, sa inquadrarla per farla rendere al meglio. Sono particolari decisivi».
C'è chi però sottolinea, soprattutto dopo la vittoria con l'Atalanta, che l'Inter vinca, ma non giochi un bel calcio.
«Nel calcio i risultati contano molto di più delle statistiche sul possesso palla. Con l'Atalanta l'Inter ha sofferto, ha fatto quello che ai miei tempi si chiamava catenaccio. Ma le vittorie non si ottengono mai per caso. Occorrono umiltà, determinazione, rispetto dei valori fondamentali. Se i nerazzurri stanno vincendo tenendo poco il pallone e ripartendo molto, significa che hanno trovato un modo fecondo di imporsi in questa Serie A».
Una vittoria senza dominare il gioco entra in minor misura nell'immaginario collettivo?
«Non direi. Pensiamo all'Inter di Jose Mourinho: si diceva che piazzasse il pullman davanti alla difesa, quando necessario. Una metafora fantasiosa per indicare un sistema di gioco preciso. Che ha pagato».
Sorpreso per qualche motivo da questo campionato?
«Nessuna grossa sorpresa in particolare. Molte erano le squadre favorite per i primi posti, tra cui Lazio e Roma, che stanno raccogliendo meno del previsto. Mi sta piacendo il Milan, i rossoneri stanno dimostrando di poter andare oltre i pronostici iniziali».
Zlatan Ibrahimovic, ma non solo lui: in Italia si sta facendo strada una schiera di calciatori over 35 che sfoderano una longevità atletica un tempo impensabile.
«Merito della loro forza e della dedizione. Ma in Italia i ritmi sono più lenti rispetto ad altri campionati d'Europa. La riprova è nelle coppe, dove le italiane non stanno brillando».
La squadra italiana con maggiore vocazione europea quest' anno?
«L'Atalanta fino a oggi ha dimostrato di reggere meglio delle altre i ritmi delle rivali europee».
A proposito di calcio europeo: Kylian Mpabbé e Erling Haaland sono destinati a sfidarsi per il Pallone d'oro del futuro?
«Loro sono i campioni del futuro. Ma non dobbiamo scordare un certo Neymar. Anche Lewandowski ha ancora moltissimo da dire. Punterei su questi quattro nomi».
Il momento del Fabio Capello giocatore che ricorda con più emozione.
«14 novembre 1973. Stadio di Wembley. Amichevole Inghilterra-Italia. 30.000 tifosi italiani assiepati sugli spalti, i giornali inglesi che titolano "30.000 camerieri a Wembley". Segnai il gol dell'1-0 decisivo per noi, dando una gioia a tutti i nostri connazionali. Una sconfitta bruciante fu invece l'eliminazione della Nazionale dai Mondiali di Germania del 1974».
E da allenatore?
«Facile. Il primo scudetto vinto col Milan e la Champions League del 1994. Emozioni impagabili».
Il giocatore avversario che più le ha tolto il sonno in carriera?
«Nessuno mi ha mai tolto il sonno, nemmeno nelle circostanze più insidiose all'apparenza. Ho sempre avuto fiducia nei gruppi in cui ho militato, nella loro capacità di rimanere coesi e determinati verso un obiettivo preciso».
I giocatori più forti mai allenati?
«Potrei elencarne così tanti da allestire due formazioni complete. Ma dico Franco Baresi e Paolo Maldini. Se giocassero oggi, sarebbero valutati con cifre di mercato astronomiche».
A proposito di Milan: di recente ha fatto visita a Milanello. Che ambiente ha ritrovato?
«Una struttura di primo livello, come sempre. Un'atmosfera peculiare che solo quel luogo ha. Nonostante, negli anni, nel calcio siano cambiate molte cose».
Che cosa è cambiato di più?
«Il calcio di oggi è molto social. Instagram, Twitch, eccetera. L'uso dei social può costituire un'arma a doppio taglio. Bisogna stare attenti a come usarli e a quel che si dice con essi. Soprattutto su due versanti. I profili falsi da un lato, basti pensare che in rete circolano quattro profili a mio nome con cui io non ho niente a che fare».
E la seconda avvertenza?
«I giocatori devono prestare molta attenzione al loro entourage, a quello che scrivono mogli, fidanzate o parenti. I social forniscono grande visibilità, e il desiderio di visibilità talvolta costituisce una tentazione irresistibile che deve essere governata per non destabilizzare ambiente e carriera».
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