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CECK-IN PER LA STORIA – DALL’INCUBO SCOMMESSE AI QUARTI A PARIGI: L’IMPRESA DA FAVOLA DEL PALERMITANO MARCO CECCHINATO - “LA SFIDA A DJOKOVIC? È UN ONORE” - LA PREPARAZIONE IN SPAGNA, I PROGRESSI, IL TRIONFO A BUDAPEST, IL MILAN, IL TATUAGGIO, E QUEL MOTTO: "IO NON PERDO. VINCO O IMPARO" - VIDEO

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Gaia Piccardi per il Corriere della Sera

 

«Io non perdo. Vinco o imparo». Se lo porta tatuato dentro, Marco Cecchinato, questo motto che ama ripetere su Instagram insieme al numero portafortuna (13) che si porta tatuato fuori, lato sinistro del costato, sotto il cuore.

 

Ieri a Parigi ha vinto e imparato, tutto in un pomeriggio, come eliminare da uno Slam - da n.72 della classifica mondiale alla quinta presenza complessiva in un Major - il n.9 del ranking, un bambino belga con la barba dal tennis raffinato ai confini con l' effimero, però capace al Master dell' anno scorso di battere Thiem, Nadal e Federer per poi arrendersi docilmente, in finale, a Dimitrov.

 

Cecchinato nei quarti di finale del Roland Garros (come Fabio Fognini nel 2011, che spera di imitarlo oggi a patto di disinnescare l' artiglieria pesante di Marin Cilic sul centrale) è il risultato che qualche giorno fa, quando Marco remava su un campo parigino periferico per rimontare due set al primo turno a tale Marius Copil, romeno, pareva impensabile.

 

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E che a fine aprile, quando conquistava il primo titolo Atp a Budapest da lucky loser ripescato dalle qualificazioni, sembrava altamente improbabile. Ma poi le cose succedono, Cecchinato s' infila in uno spicchio di tabellone potabile ed è nella forma della vita, batte il romeno, poi quel Trungelliti che si è fatto dieci ore di auto con la mamma e la nonna da Barcellona a Parigi per approfittare del ritiro di Kyrgios, supera il temibile terricolo Carreno Busta ed eccolo lì, sul Lenglen, elettrico sotto i riccetti scuri al cospetto di David Goffin e del suo tennis da scacchista. O vinci, o impari.

 

Ed è in quel momento, infilato dentro un match godibilissimo in quanto giocato a velocità non siderali da due artigiani che amano costruire il punto anziché bombardarsi (però il servizio dell' azzurro in pochi mesi è diventato un signor servizio: 8 ace, 68% di prime palle), che Marco cala sul campo tutti i progressi compiuti con coach Simone Vagnozzi («Sapevo che stava giocando bene ma chi se lo aspettava un risultato così...?»), l' ottima preparazione invernale in Spagna, il miglioramento del dritto con cui conduce lo scambio, l' uso sapiente della smorzata, i tagli della palla con cui mortifica in quattro set (34 vincenti contro 51 errori non forzati dell' avversario) la resistenza di un Goffin ripiegato su se stesso e alla fine tumefatto.

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Cecchinato contro Djokovic, o quel che ne resta, è la sfida nei quarti che non ti aspetti. «Un piacere, un onore, un sogno affrontare Novak a Parigi» dice Marco travolto dall' emozione e la favola sarebbe davvero perfetta se qualche pagina non contenesse il retrogusto amaro di una squalifica a 18 mesi (poi ridotti a 12) con multa di 40 mila euro (poi ridotti a 20 mila) per scommesse illecite, un reato contro cui il palermitano si è sempre battuto e di cui non ha più nessuna voglia di parlare. Non nella domenica del riscatto, è ovvio, che finalmente - a 25 anni - dà senso allo zio Gabriele che ti porta in campo a 6 anni, al trasloco in Trentino per maturare, allo stop forzato con gogna mediatica, alla ripartenza (quasi) da zero con (speriamo) nuova consapevolezza.

 

Presente, a Parigi, e futuro sono Marco Cecchinato, tifoso del Milan (idolo Maldini), bravo a rialzarsi. «È il giorno più bello della mia vita». Il primo, forse, di molti.

 

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