ALLARME ROSSA TRA LA VIA EMILIA E IL WEST - LA “FERRARI AMERICANA” DIVENTA UN CASO, GLI ALTRI TEAM ACCUSANO MARANELLO DI AVER AGGIRATO LE REGOLE: “SIAMO INDIGNATI”
Marco Mensurati per “la Repubblica”
L’aria, sotto il podio di Monza, era ancora piena degli echi dell’inno inglese che già il paddock era tornato quel luogo di maldicenze e malaffare che tutti conoscono. Altro che benzina e pistoni, pugnali e coltelli. Ecco cos’è la Formula1. Nel ruolo dei pirati, o presunti tali, dopo anni di guittezze e furtarelli anglo tedeschi, stavolta ci sono quelli della Ferrari, autori - a quanto pare - di un colpo grosso, roba a cavallo tra il genio puro e, appunto, il comportamento antisportivo.
«Siamo indignati», si lamentavano i capi delle altre scuderie, come fanno di solito quelli che di solito hanno capito troppo tardi quello che stava succedendo. E cioè che la Ferrari aveva trovato il modo di aggirare le regole che riducono i costi per lo sviluppo della macchina per la prossima stagione di F1.
Come? Al via, nel 2016, ci sarà la così detta Ferrari americana, vale a dire il team Haas, di Gene Haas, uno dei protagonisti della Nascar. Il miliardario americano ha firmato con la Ferrari un contratto di fornitura molto esteso, tanto che in molti considerano la Haas la seconda scuderia di Maranello.
Da un po’ di tempo, però, sono cominciate a circolare voci di un traffico di cervelli e pezzi tra la via Emilia e il West (la sede ufficiale è a Kannapolis, Carolina del Nord anche se il team ha rilevato la fabbrica della Marussia, già team cliente del cavallino, a Banbury, Inghilterra). Traffico che a quanto pare culminerà il 30 ottobre quando Haas licenzierà un manipolo, si dice una settantina ma il numero pare esagerato, di ingegneri, designer e meccanici che troveranno lavoro il 1° novembre a Maranello. «Per noi quelli di Haas non sono ancora dei competitor », spiegano impotenti dalla Fia.
Insomma in questi mesi gli ingegneri al lavoro in quella fabbrica hanno potuto operare senza limiti di costi e di tempo, aggirando, per esempio, il decisivo blocco sulle ore di lavoro in galleria del vento. Il problema, adesso, è capire per chi hanno lavorato.