VOLANO MAZZETTE! LA FIFA DI BLATTER HA SGANCIATO 5 MILIONI DI DOLLARI PER CONVINCERE LA FEDERAZIONE IRLANDESE A NON FARE CAUSA CONTRO IL GOL DI MANO DI HENRY NEI PLAYOFF, VINTI DALLA FRANCIA, PER LA QUALIFICAZIONE AI MONDIALI IN SUDAFRICA
1. MAZZETTA ANTI PROTESTE I TRAFFICI DELLA FIFA ARRIVANO ANCHE IN CAMPO
Giulia Zonca per “la Stampa”
HENRY TOCCA IL PALLONE CON LA MANO IN FRANCIA IRLANDA
La tangente più triste è pure la più ridicola: 5 milioni di dollari, gli spiccioli della Fifa andati però dove fa più male. A coprire un risultato, a decidere del campo, non proprio del gioco, ma in una zona già troppo vicino al cuore.
La federazione irlandese ammette di aver ricevuto una mazzetta come compensazione, di aver accettato soldi per un accordo, per non fare causa contro il gol di mano di Henry che ha portato la Francia ai Mondiali del 2010 ed escluso l’Irlanda di Trapattoni. Henry segna da guitto nei supplementari dei playoff spareggio, l’Eire si sente derubata e lo dice.
HENRY TOCCA IL PALLONE CON LA MANO IN FRANCIA IRLANDA
Il Paese è allibito, i politici non parlano d’altro e il capo della federazione John Delaney va a protestare da Blatter. È inferocito e deciso a non portare rispetto per un uomo «più riverito di un capo di stato». L’Irlanda vuole la prova tv, il tribunale dello sport. Ha già consultato gli avvocati e cerca una sentenza storica: una bosman della moviola, un riscatto morale. Invece intasca i soldi e tace.
EFFETTI A CATENA
Dalla Fifa non ci aspettavamo più niente, la delusione arriva dall’Irlanda e soprattutto dall’orrenda sensazione che lo scambio di favori non fosse solo una macchina di potere legata a interessi superiori, connessi ma lontani dal pallone. Stavolta si parla di una squadra che sarebbe potuta andare ai mondiali, una qualificazione tanto insperata da avere i presupposti per cambiare un movimento. E se la Francia fosse stata esclusa? Niente Domenech isolato e zimbello, niente sciopero, niente umiliazione e inchiesta nazionale. Magari Ribery, squalificato al ritorno dal Sudafrica, non avrebbe deciso di trasferirsi in Germania per sempre. Quei 5 milioni sono una sliding door insopportabile, un grumo di possibilità parallele che scatena infiniti effetti a catena.
FANTOMATICO PRESTITO
La Fifa stavolta non incassa. Ammette il pagamento ma rilancia contro l’Irlanda che avrebbe dovuto restituire il prestito, stanziato per un fantomatico stadio, quattro anni dopo in caso di accesso a Brasile 2014. Saltata la qualifica hanno stralciato il debito e sottolineato che «anche l’Uefa ha lavorato per l’accordo». Punto per Blatter, difficile che una trattativa con una federazione europea non abbia portato Platini al tavolo. Delaney sostiene che 5 milioni erano utili, evidentemente dal suo punto di vista più di un Mondiale che sarebbe finito subito.
La transazione è pure legale ma non è etica e comunque si porterà dietro una commissione di inchiesta oltre alla disillusione. Un conto è giocare con il prodotto interno lordo di un Paese spingendo voti a destra e a sinistra, un altro è decidere chi va ai quei Mondiali corrotti e chi no. Certo che entrambi i magheggi stomacano, ma purtroppo si era preparati alle candidature battezzate con gli assegni e non ci si aspettava che una federazione orgogliosa e passionale, tra l’altro adottata da tutto il tifo neutrale dopo quell’ingiustizia, cedesse così.
Delaney nell’intervista a Rte descrive un Blatter omaggiato dai membri Fifa, chiamato «sua eminenza» dalla Sierra Leone e dice pure che aveva il potere di metterlo a disagio perché fissava la sua fidanzata Emma sibilando lascivi «approvo». Ma 5 milioni hanno sistemato tutto. Senza più imbarazzi.
world cup 2018 putin blatter 12
2. SE LA TERZA GUERRA MONDIALE ORA SCOPPIA PER IL PALLONE
Giuseppe De Bellis per “il Giornale”
C'è molto di più del potere del pallone che si agita sul cadavere politico di Sepp Blatter. C'è uno sconfinamento nella geopolitica, nella diplomazia, nelle alleanze strategiche che s'era intuito subito, ma che adesso è diventato palese. Ci sono quattro continenti coinvolti: America, Europa, Asia e Africa, ci sono due tra le tre superpotenze globali già coinvolte (Stati Uniti e Russia) e la terza che potrebbe esserlo indirettamente (Cina), c'è uno dei Paesi più emergenti in termini politico-diplomatico-economici (Qatar) che è al centro di uno dei principali problemi che tocca l'inchiesta e soprattutto le sue conseguenze future.
BLATTER IN QATAR C Media immagine obig
C'è un pezzo d' Europa (Francia, Inghilterra, Germania) che si agita spingendo l'intero continente su una posizione anziché su un'altra. La terza guerra mondiale non dev'essere necessariamente armata. È questa, forse. Perché gli interessi mossi in questi decenni sono molteplici e giganteschi, perché la Fifa ha assunto contorni da istituzione politica globale: crea nazioni che non esistono, sanziona Paesi che non riconoscono calcisticamente altri Paesi, alimenta indipendentismi e autonomie.
Qualche giorno fa, sul Sole-24 ore, Ugo Tramballi ha scritto che solo una teoria cospirazionista potrebbe far pensare che usando l'inchiesta sulla Fifa gli americani vogliano far naufragare il mondiale di calcio di Putin del 2018. I complottisti nascono e si moltiplicano e difatti puntualmente la lettura fatta da alcuni media, italiani e stranieri, è stata esattamente quella.
Gli emiri del Qatar ricevono la Coppa del Mondo da Blatter
Ora è del tutto evidente che quello contro Blatter e la Fifa non sia un complotto, ma un'inchiesta giudiziaria, che le teorie cospirazioniste sono alimentate spesso dagli stessi Stati. Qui non c'è nessuna congiura, ci sono interessi confliggenti, ci sono odi e rivalità, ci sono influenze e poteri che si scontrano.
C'è soprattutto la certezza che la questione non sia molto più ampia, rispetto al micromondo calcistico (per quanto esso importante e ricco possa essere). La dimostrazione la si è avuta ieri quando uno dei portavoce della Casa Bianca, Josh Earnest, ha dichiarato che l'amministrazione Obama «non sarebbe sorpresa» se lo scandalo della Fifa approdasse sul tavolo dei colloqui anche al G7 che comincia domenica in Germania.
Poco prima del suo intervento, l'Inghilterra aveva fatto sapere per bocca del ministro della Cultura, John Whittingdale, che la Gran Bretagna sarebbe pronta a ospitare i mondiali del 2022, qualora non si dovessero tenere in Qatar: «Abbiamo le strutture in questo Paese e abbiamo organizzato una straordinaria candidatura, anche se senza successo, per ospitare la Coppa del mondo nel 2018».
È lì che si torna, alla Russia. Il Qatar per Londra finora è stato un alleato (ha comprato palazzi della City e interi quartieri). La dichiarazione di ieri segna un cambiamento? Secondo molti analisti britannici sì. Ma esiste anche un'altra lettura: si parla del mondiale della moglie Qatar, perché suocera Russia intenda. Perché con Mosca i rapporti della Gran Bretagna sono tesi da molto tempo. Il calcio c'entra, come si capisce anche dal riferimento che lo stesso Whittingdale ha fatto nella sua dichiarazione: l'Inghilterra ha considerato l'assegnazione del 2018 alla Russia uno sgarbo, oltre che un errore. Idem per gli Stati Uniti che aggiungono il calcio al faldone della crisi in corso con Putin.
susan rice john kerry xi jinping obama
Ci sono alleanze e rotture: all'ingrosso Europa e Stati Uniti sono contro Russia e Asia, poi ci sono le sfaccettature che rendono questa guerra politico-diplomatica attorno al pallone molto intricata. Perché in Asia il Qatar ha molti nemici (soprattutto nel mondo arabo, dopo il supporto che Doha ha dato ai Fratelli musulmani, ma anche all'Occidente nella guerra in Libia). Perché l'Europa non è compatta neanche qui, come in tutto il resto.
BARACK OBAMA GIOCA A GOLF A MARTHA S VINEYARD
Perché c'è ancora una variabile che non è stata considerata: la Cina, che nel mondo del pallone sta investendo molti denari, ambisce a ospitare un mondiale il prima possibile: per molti già nel 2026, ovvero nella prima data utile non ancora assegnata. Pechino ha rapporti con Washington e con Mosca, anche se con entrambi per molte ragioni non sono facili.
Dove si va? La direzione è incerta, il risultato ancora di più. Tutti contro tutti, in una guerra che ha tirato fuori molte cose che con il calcio c'entrano soltanto fino a un certo punto. Ha un senso: ci si può nascondere dietro qualcosa di molto meno serio della politica estera per dire e fare ciò che la politica estera non può né dire né fare. Ed è più facile tornare indietro.