I CARLETTO BOYS - SOTTO L’ALBERO DI NATALE DI ANCELOTTI IL MILAN HA TROVATO GLI ALLENATORI DEL FUTURO: SEEDORF, INZAGHI, GATTUSO E SHEVA

Francesco Persili per Dagospia

«El partitazo». La stampa spagnola aveva introdotto con enfasi quel Deportivo La Coruña-Milan. La squadra di Irureta, anche senza Valeron, metteva paura. Noiosa ma solida. Il punto di forza? Due mediani, Mauro Silva e Sergio, che sapevano fare tutto. Ok, perfetto. Ancelotti si affida all'effetto sorpresa.

Chiede un sacrificio a Seedorf e Gattuso in copertura, affida a Pirlo la regia e piazza due fantasisti, Rui Costa e Rivaldo, dietro Pippo Inzaghi. Che cos'è il genio? Fantasia, intuizione, colpo d'occhio e velocità d'esecuzione. Dida rinvia, Seedorf scambia con Rui Costa, sovrapposizione, rasoiata dai sedici metri, gol. Uno a zero poco dopo il quarto d'ora di gioco, poi arrivano le tre reti di Inzaghi, saludos amigos. ‘Milan da sogno', ‘SuperDepor' schiantato. Tasto rewind, stadio Riazor di La Coruña , 24 settembre 2002.

Nasce il primo albero di Natale di Ancelotti, una scommessa che diventa un sistema di gioco nuovo. Grandi campioni che si sacrificano in nome dell'interesse collettivo, la carta di identità di uno stile vincente. La Coruña diventa una tappa di avvicinamento del Milan alla conquista della prima Champions della gestione Ancelotti - anno di grazia 2003 - e la prima volta di quel modulo che sarà il marchio di fabbrica di Carletto.

L'analisi logica e sentimentale è materia che Ancelotti affronta nel libro ‘Il mio albero Natale' (Rizzoli). Non è l'autobiografia tattica di una specie di Cagliostro pallonaro, semmai è la retorica di Wolf (Pulp Fiction) applicata al calcio. Carletto risolve problemi e migliora sensibilmente le performance collettive.

«E, allora, sarà ancora bello quando vince il Milan», Enzo Jannacci docet. C'è un'altra vittoria conficcata nella memoria, ri-vedere per credere. 2 maggio 2007, il Milan contro il Manchester United a San Siro. Stadio in ebollizione, inno della Champions, ci si gioca la finale. Per i rossoneri sarebbe la rivincita contro il Liverpool dopo la beffa di Istanbul. Altro giro, altro ‘albero di Natale'. Con Kakà e Seedorf dietro Inzaghi. Pressing, raddoppi, ripartenze. La Partita perfetta, il check-in per Atene e la convinzione che il calcio, quando è giocato bene, rende migliore la vita. Sotto l'albero di Natale by Ancelotti, il Milan non ha trovato solo due Champions, uno scudetto, 1 Mondiale per club, 2 Supercoppa Uefa ma, soprattutto, gli allenatori di domani.

Milanello è ormai una succursale di Coverciano, la nuova università del calcio. Dopo ‘gli Immortali' di Sacchi (Rijkaard, Van Basten, Gullit, Donadoni, Filippo Galli, Tassotti, lo stesso Ancelotti), tocca ai Carletto boys. Ad iniziare da Seedorf, in pole o «in position» (copy Galliani) per guidare il Diavolo nella prossima stagione. Il suo vice potrebbe essere Jaap Stam, dal 2004 al 2006 in maglia rossonera (e nello staff potrebbe entrare anche Crespo). Mentre Zambrotta, da poco allenatore-giocatore del Chiasso, serie B elvetica, preferirebbe vedere sulla panchina rossonera Filippo Inzaghi che, dopo gli Allievi, allena la Primavera rossonera e aspetta il momento giusto, come quando giocava, per il grande salto. Nel frattempo, svezza altri talentini per la prima squadra modello Cristante e sui social sorprende con qualche spericolata citazione gramsciana («Voglio che il mattino sia per me un Capodanno.

Ogni giorno voglio fare i conti con me stesso e rinnovarmi ogni giorno»). Poi c'è Gattuso, sulla panchina del Palermo ad inizio stagione ed esonerato dopo sei giornate da Zamparini e Oddo, che allena gli Allievi regionali del Genoa. Senza considerare, poi, il desiderio di allenare di Nesta mentre Shevchenko studia da tecnico e già sogna la Nazionale ucraina o il Milan.

Il cerchio si chiude, il destino si compie. Seedorf, Inzaghi o Sheva? «I centrocampisti partono avvantaggiati nella carriera di allenatori, dunque Seedorf». Anche Ancelotti benedice quello che potrebbe essere il nuovo corso rossonero. Il Milan ai milanisti, come recita il nuovo claim societario, o meglio ai Carletto boys.Il segreto? Sempre lo stesso: entusiasmo, disponibilità e grandissimo senso di appartenenza alla «famiglia» Milan.

Questione di abitudine, mentalità. Milanello come posto delle fragole. Non di sole teorie e mission aziendali vive il calcio ma di passioni, umanità e ironia. La stessa che Liedholm, ex allenatore del Milan e mentore calcistico di Ancelotti, dispensava a piene mani: «L'allenatore? Il più bel mestiere del mondo. Peccato, ci siano le partite». Troppo stress.

Il motivo per cui al termine della stagione 1995/96, dopo aver riportato la Reggiana in serie A, Ancelotti aveva deciso: «Tre anni e smetto. Vabbè, arriviamo al 2000, facciamo cifra tonda». Piacciono le cifre tonde al tecnico emiliano. Così quando è entrato nella sala dei trofei del Real Madrid ha visto quelle nove coppe, tutte insieme, l'una dopo l'altra. «Belle, bellissime ma ne manca...una». Una per fare cifra tonda. Il pareggio tra Atletico Madrid e Barcellona potrebbe rilanciare le ambizioni Real anche per la Liga ma Ancelotti, si sa, preferisce la Coppa e sotto il suo ‘albero di Natale' spera di trovare la ‘Decima'. E, allora, sarà ancora bello quando vince Carlo...

 

 

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