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IL LEICESTER DEL VOLLEY - CASALMAGGIORE SUL TETTO D’EUROPA: LA STRAORDINARIA IMPRESA DELLE RAGAZZE DI UN PAESE IN PROVINCIA DI CREMONA CHE HA TOLTO A ISTANBUL LA CHAMPIONS DELLA PALLAVOLO - INFINITA PICCININI: A 37 ANNI, ANCORA LA MIGLIORE IN CAMPO...

Elvira Serra e Elena Tebano per il “Corriere della Sera”

 

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Nel momento più duro, a febbraio dell’anno scorso, nessuno se lo sarebbe aspettato. A Casalmaggiore, paesino di 15 mila anime nel Cremonese, crolla per troppa neve il tetto del palazzetto sportivo. Ci giocava la Pomì, squadra di A1 di pallavolo femminile, che dall’oggi al domani si trova senza campo:

 

«Di più, avevamo perso la nostra “casa”: una tragedia — dice Lucia Bacchi, schiacciatrice, 35 anni —. Ma ci siamo tutti rimboccati le maniche e abbiamo trovato un palazzetto a 40 chilometri, a Cremona, guadagnandoci anche il sostegno della città. È la chiave della nostra vittoria rispetto alle squadre sulla carta più forti: giocare sempre insieme, con spirito di gruppo».

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La «più forte» è la VakifBank Istanbul, un budget da oltre cinque milioni di euro l’anno contro quello della Pomì che non arriva a uno e mezzo. Alle spalle una metropoli, la più grande della Turchia, da 14 milioni di abitanti: il rapporto con Casalmaggiore è di 933 virgola 3 periodico a uno. Fa niente: la Pomì l’ha sconfitta 3 a 0 nella finale di Champions League, a Montichiari, e si è aggiudicata il titolo di campionessa d’Europa. Non succedeva a una italiana dal 2010, quando vinse il Bergamo.

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Un miracolo sportivo, se si considera che la società è nata sette anni fa e ha iniziato a giocare in B2, scalando da allora quattro categorie fino a vincere l’ultimo scudetto. Da domenica sera quel miracolo lo celebra tutto il paese: «Quando siamo arrivate in pullman, a mezzanotte, ci hanno applaudito e festeggiato sul palco improvvisato. Un’emozione enorme per me, perché l’ho avuta a casa mia, in mezzo alla mia famiglia e ai miei amici», dice Bacchi.

 

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Che a Casalmaggiore è nata, ha iniziato a giocare a 11 anni, ha lasciato a 14 per debuttare in A e mai avrebbe pensato, dopo 21 anni di «professionismo» (le virgolette sono d’obbligo: in Italia lo sport femminile è solo per regolamento cosa da dilettanti), di tornare per conquistare il suo secondo titolo europeo.

 

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«E invece alla fine ci abbiamo creduto in tanti, la nostra forza è il gioco di squadra tra gli stessi dirigenti, che condividono la passione per la pallavolo e un progetto per il territorio — spiega il presidente del Casalmaggiore Massimo Boselli —. C’è una sinergia che vedi dalla luce negli occhi di queste ragazze quando giocano. È per quella luce che abbiamo vinto contro chi in teoria avrebbe dovuto batterci».

 

Domenica sul parquet, guidate dal coach Massimo Barbolini, sono scese Francesca Piccinini, inarrestabile e a 37 anni ancora la migliore giocatrice in campo, e poi le americane Carli Lloyd e Lauren Gibbemeyer, la tedesca Anna Margareta Kozuch, la serba Jovana Stevanovic, con Carlotta Cambi, Imma Sirressi e la capitana Valentina Tirozzi.

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«Molto lo dobbiamo all’incoscienza della nostra società che dopo il successo del primo girone di Champions in cui siamo arrivate prime ha deciso di giocare in casa la final four (finali e semifinali, ndr ) e ci ha catapultate tra le 4 migliori d’Europa» riconosce Tirozzi, 33 anni. Ci tenevamo a fare bella figura e non deludere il nostro pubblico. Quando hai dei tifosi come quelli di Casalmaggiore, invece di dare il 100 per cento dai il 300 per cento».

 

Fuori dal campo c’era un intero paese in rosa, il colore sociale che oggi ha continuato a illuminare il municipio di Casalmaggiore, dove la coppa del torneo è rimasta esposta per chiunque volesse farsi un selfie : «Questa bolgia rosa che si è stretta intorno a noi è stato il settimo giocatore — sintetizza Imma Sirressi, 25 —.

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Adesso ci aspettano i playoff per lo scudetto, intanto però mettiamo la Champions nel cassetto dei sogni che abbiamo raggiunto». Sogni presi a piene mani, come nei versi della canzone che le ragazze cantavano in questi dieci giorni prima di scendere in campo: «Sono umani tutti i sogni miei/ Con le mani io li prenderei, sì perché/ Sono umani questi sogni miei».

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