![sgarbi daverio](/img/patch/04-2017/sgarbi-daverio-891886_600_q50.webp)
DUE DE CHIRICO E TRE FONTANA: CHE FACCIO, SIGNO’, LASCIO? - IL DECRETO CONCORRENZA PUÒ LIBERALIZZARE LA VENDITA ALL’ESTERO DI OPERE ITALIANE PRODOTTE NEGLI ULTIMI 70 ANNI, INCLUSI I GRANDI COME MORANDI, GUTTUSO, CARRÀ, SENZA PIÙ AUTORIZZAZIONE DELLA SOVRINTENDENZA - DAVERIO: ‘GIUSTO CHE A TOKYO VENDANO UN FONTANA’ - SGARBI: ‘NO, LO STATO DEVE MONITORARE I NOSTRI TESORI’
1. ARTE, LIBERI DI VENDERE?
Rita Querzè per il Corriere della Sera
Prendiamo le opere d' arte prodotte tra il 1947 e il 1967. Fontana, Morandi, De Chirico, Guttuso, Melotti, Carrà, e tanti altri artisti meno noti. È giusto che d' ora in poi possano essere vendute all' estero senza che la Soprintendenza possa valutarne l' importanza e - eventualmente - decidere di porre un vincolo che ne obblighi la permanenza sul territorio italiano? Questo è il dilemma. Che divide critici e appassionati d' arte.
Il prossimo 20 aprile (o il 26 al più tardi) il Senato si pronuncerà con voto di fiducia sulla legge per la concorrenza.
L' articolo 68 modifica il Codice dei beni culturali. Due le principali novità. Uno: non dovranno più passare al vaglio dell' ufficio esportazione della Soprintendenza le opere prodotte negli ultimi 70 anni (oggi la libera circolazione riguarda solo quelle che hanno al massimo 50 anni, ecco perché i vent' anni «liberalizzati» sono quelli che vanno dal '47 al '67). Secondo: tutte le opere d' arte che valgono meno di 13.500 euro, prodotte in qualunque epoca, potranno essere vendute dovunque all' estero senza essere prima sottoposte all' esame della Soprintendenza. Che, di conseguenza, non potrà più decidere se vincolare o meno l' opera alla permanenza in Italia.
Su change.org una petizione online contro la nuova norma ha raccolto oltre 6.000 adesioni in una settimana. Tra i firmatari, associazioni come Italia Nostra, critici d' arte di estrazione culturale diversa, da Salvatore Settis a Vittorio Sgarbi. Insieme con il musicista Paolo Fresu, l' architetto Stefano Boeri, l' imprenditrice Maria Giovanna Mazzocchi.
GIORGIO DE CHIRICO FOTO ARCHIVIO RIZZA
Sostiene invece la riforma il ministro dei Beni culturali Dario Franceschini che, con una lettera a Repubblica , si è detto sorpreso «che davanti a iniziative meditate e condivise nelle sedi istituzionali per migliorare il sistema di tutela, gestione e valorizzazione del nostro patrimonio si assista a reazioni ideologiche e falsi allarmismi».
Chi si schiera contro la misura è convinto che molti saranno tentati dall' autocertificare che le proprie opere stanno sotto i 13.500 euro anche se così non è, facendo uscire dal Paese beni preziosi. Nelle Soprintendenze i funzionari fanno notare che i vincoli sono pochissimi. Sulla piazza di Milano, per esempio, nel 2016 il vincolo è stato posto su meno dell' 1% delle opere portate all' esame dell' ufficio esportazione. Andando alla radice del problema, in sostanza, si sostiene che la limitazione della libertà privata insita nell' imposizione di un vincolo sia il male minore se in ballo c' è l' uscita di capolavori dal Paese. «In particolare, non condivido la riduzione della cogenza dei controlli», sottolinea l' architetto Stefano Boeri.
Di parere diverso il gruppo di lavoro Apollo 2 intorno al quale si sono riuniti gli operatori italiani del mercato dell' arte, antiquari, galleristi e case d' asta.
«Con la soglia dei 13.500 non escono veri capolavori. Qui si vuole solo creare una cultura del sospetto. E l' autocertificazione in ogni caso è un documento nelle mani della pubblica amministrazione», osserva Giuseppe Calabi, esperto di diritto dell' arte e consulente legale di Apollo 2. Non bisognerà aspettare a lungo per sapere come andrà a finire.
2. PHILIPPE DAVERIO: «È GIUSTO CHE A TOKYO VEDANO UN FONTANA»
Rita Querzé per il Corriere della Sera
I CARRETTIERI SICILIANI GUTTUSO
Philippe Daverio, 67 anni, critico d' arte, non ha dubbi: «Se gli Impressionisti non fossero stati venduti nel mondo sarebbero una corrente marginale dell' 800 francese. Più se ne limita la circolazione, più l' arte è penalizzata».
Permettere a un Fontana di uscire liberamente dai confini impoverisce gli italiani?
«Le rispondo con una domanda: meglio che un quadro di Fontana stia nello studio di un notaio di Brescia o in un museo del Giappone?».
E se finisse nello studio di un notaio di Tokyo?
«Bene, lo vedranno 200 giapponesi e scopriranno l' arte italiana».
Nella liberalizzazione totale l' Italia ha più da vendere che da comprare. O no?
«Non vedo il problema, gli italiani non hanno mai smesso di essere collezionisti. Saremo venditori ma anche compratori. Il problema è un altro».
Quale?
«I musei che non comprano. Il risultato è che non abbiamo grandi musei di arte contemporanea».
3. SGARBI: NO, LO STATO HA DIRITTO DI MONITORARE I TESORI
Rita Querzé per il Corriere della Sera
Il critico d' arte Vittorio Sgarbi ha firmato la petizione contro la liberalizzazione del mercato delle opere d' arte compiute tra il '47 e il '67. «Beh, in quel periodo sono state prodotte anche cose molto brutte.
Se escono dall' Italia non ci perde nessuno. Certo, anche un Morandi potrebbe prendere il volo...».
Dunque?
«Guardi, io contesto l' idea del limite dei 13.500 euro per definire quali opere possono uscire. Un' opera può avere una valutazione bassa ed essere molto importante per un Paese».
Quindi le cose dovrebbero restare come sono?
«In realtà anche la normativa attuale non mi convince».
sgarbi oltre il limite normanno
Perché?
«In un' Europa senza dogane è già aggirata liberamente».
Cosa servirebbe?
«Tutte le opere dovrebbero avere un libretto come i motorini. Quando vengono vendute, lo Stato dovrebbe sempre averne una tracciabilità. Sapere dove vanno a finire ed eventualmente esercitare un diritto di prelazione».