
LA MARCIA SU RIO FINISCE MARCIA: 100MILA ARGENTINI HANNO INVASO LA CITTÀ E SONO RIMASTI COL PETARDO IN MANO. MA L’IMPORTANTE ERA ESSERCI
Rocco Cotroneo per “Il Corriere della Sera”
argentini a rio de janeiro per la finale del mondiale
Fa niente, bisognava esserci: ora ci faremo la grigliata tenuta per la festa, un’altra cassa di birre e domani pensiamo al ritorno. Valeva la sfacchinata, eccome, quando succederà la prossima volta? Non tutti piangono nella notte di Rio, l’importante è aver fatto la storia, qualcosa mai visto prima. Di prima mattina la radio argentina del traffico avvisava incredula: ancora file alla frontiera con il Brasile.
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E poi ci sono altri 2.000 chilometri per Rio. Il conto è presto fatto, in tanti sono arrivati a partita già finita. L’importante è invadere, fare storia: 100.000 argentini a Rio è come dire mezzo milione di italiani che vanno a Mosca. Vecchi cronisti di calcio ricordano di aver visto transumanze simili, ma qui la differenza è che pochi avevano il biglietto per entrare allo stadio. Occupy Rio significa fare il sette con le mani ai brasiliani con il morale sotto le scarpe, prima di tutto. E poter dire io c’ero.
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Rio è città ospitale, flessibile, si può ciondolare ovunque. Ha piovuto per due giorni ed è stata dura, ieri mattina è tornato il sole. La vecchietta di Copacabana dribbla due che dormono davanti al suo portone ma non s’arrabbia. «Con il Papa fu molto peggio, qui avevano messo due tende». Il quartiere simbolo della città è abituato a tutto, se non è Carnevale è Capodanno, o i Rolling Stones, o tutti i tornei mondiali degli sport che hanno bisogno di sabbia, oppure i pontefici, «o Papa è carioca». E qui si è vista la flash dance dei cardinali l’anno scorso con papa Francesco, cosa volete che siano quattro tifosi di calcio?
Inflessibile attorno allo stadio, con 26.000 uomini a proteggere la partita e i capi di Stato, sull’oceano la polizia fa quel che può. Dopo che camper, furgoni, auto scassate e autobus si erano presi tutti i posti auto a Copacabana (pagando diligentemente la sosta ogni mattina), è stato deciso di sloggiarli verso l’interno. A São Cristovão, Lapa e al Sambodromo, altra cosa brutta da vedere per i carioca.
2 argentini a rio de janeiro per la finale del mondiale
«Vieni a sambare con noi, brasuka, vieni vieni...». Immagini da campo profughi, quei van e furgoni da idraulico con il portellone spalancato, la musica che spara le canzonette sfottò, il pentolone di riso che bolle, la montagna di lattine di birra. Il benzinaio carioca ha l’occhio esperto: «Se ne sono andati i cileni, sono arrivati gli argentini. Quelli avevano auto e furgoni decenti, ma questi oddio come sono messi male». Curiosano marche e modelli mai visti qui, come fossero sbarcati i marziani. Ma come hanno fatto a percorrere tremila chilometri con questi catorci?
1 argentini a rio de janeiro per la finale del mondiale
Tre ragazze sono arrivate addirittura dalla Patagonia, e i giorni di viaggio sono quattro solo andata. Poi c’è quello in Vespa con la pagina Facebook sempre aggiornata, uno in sidecar, ecco il taxi giallo e nero di Buenos Aires, i due amici che se ne sono portate due di macchine, una da vendere qui. «Non si arrivava più!», sbotta una ragazza di Cordoba, che in Brasile c’era già stata in vacanza. Per forza, era in auto con due tipi mai usciti prima dall’Argentina, e si fermavano a ogni cartello per fare una foto. La voce che qualcuno è ancora a Uruguaiana, la città di frontiera tra i due Paesi, si sparge e suscita un pensiero commosso ai fratelli per strada. «Li aspettiamo per la notte».
argentini a rio de janeiro per la finale del mondiale
E chissà quanti si sono sfasciati nel cammino, asse rotto, motore fuso, cilindri partiti. Non hanno seguito i consigli della Marcia su Rio pubblicata in settimana dal quotidiano Clarin : far controllare «el auto», percorsi migliori, documenti da portare, fate i turni al volante, non bevete.
Rio soffre in silenzio e si adegua. L’inno ufficiale degli argentini è quel coro che comincia con «Brasile, dimmi cosa si sente... » e finisce con «Maradona è più grande di Pelé». Il testo è vecchio, parla di Italia ‘90 con Caniggia carnefice dei verdeoro. Ma gli aggiornamenti sono continui, si allegano sconcezze, apprezzamenti sulla mamma, i sette presi dalla Germania e tre dall’Olanda che fa dieci.
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La convivenza tra due tifoserie con sentimenti opposti — che uno stereotipo vuole invece nemici pronti a scannarsi — è a ogni angolo di strada. Brasil 2014 rende giustizia: la Storia non c’entra, i due Paesi non si sono mai fatti guerre, né invasi l’uno con l’altro. Gli argentini caso mai odiano gli inglesi, per via delle Malvinas, e ne sono cordialmente ricambiati a causa della Mano de Dios di Maradona. I brasiliani hanno superato da tempo il complesso di inferiorità per i vicini ricchi, tanto che hanno fatto di Buenos Aires il posto preferito per lo shopping. Il che significa molti più soldi di loro, come il benzinaio dall’occhio lungo sa benissimo.