7 deaths of maria callas di marina abramovic

“LA MIA OSSESSIONE È MARIA CALLAS” – MARINA ABRAMOVIC ENTRA NELL’ULTIMA CAMERA DA LETTO PARIGINA DELLA SOPRANO E METTE IN SCENA “7 DEATHS OF MARIA CALLAS”, L'OPERA-PERFORMANCE CHE PORTA DOMANI AL SAN CARLO DI NAPOLI: “RICOSTRUISCO SCENE DI MORTE DA SETTE OPERE. E MORIRÒ DI TUBERCOLOSI, DI PAZZIA, CON UNA COLTELLATA, STRANGOLATA, SUICIDANDOMI, GETTANDOMI NEL VUOTO, BRUCIATA NEL FUOCO. SULLO SCHERMO CI SARÀ WILLEM DAFOE: INCARNA GLI UOMINI NELLA VITA DELLA CALLAS, UNA SORTA DI DIAVOLO. MA L'UOMO CHE LA UCCIDE IN OGNI SCENA È SEMPRE LO STESSO, ARISTOTELE ONASSIS…”

Valerio Cappelli per il “Corriere della Sera”

 

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Marina Abramovic scivola nella vita di Maria Callas, entra nella sua camera da letto, respira l'aria di Parigi ascoltando per l'ultima volta la sua voce. «Sono ossessionata dalla Callas, ho scoperto la sua voce a 14 anni, a casa di mia nonna c'era sempre la radio accesa, ascoltai quella voce e mi misi a piangere, non sapevo nulla di lei».

Marina celebra Maria.

Alla sua maniera, naturalmente. E lo diventa, la regina della body art: «Nello spettacolo sono Maria Callas, le somiglio fisicamente, siamo simili per il fatto che l'arte corrisponde alla vita, abbiamo avuto madri forti che ci hanno rubato l'infanzia, siamo del Sagittario. Sono affascinata dalla sua vita ma anche dalla sua morte».

 

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7 Deaths of Maria Callas è l'opera-performance che Marina Abramovic porta domani al San Carlo di Napoli, in esclusiva per l'Italia dopo il debutto a Monaco di Baviera e in altre città europee. Sullo schermo, Willem Dafoe incarna «con intensità gli uomini nella vita della Callas, una sorta di diavolo». Nella sua autobiografia, Abramovic scrive che «l'uomo che la uccide ogni volta in scena è sempre lo stesso, Aristotele Onassis».

 

Ma di lui, qui, non ci sono tracce, «sono cose che sappiamo tutti. Ricostruisco scene di morte da sette opere. E morirò di tubercolosi, di pazzia, con una coltellata, strangolata, suicidandomi, gettandomi nel vuoto, bruciata nel fuoco.Lei è morta per amore, di crepacuore, come le donne che cantava».

 

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Eccola negli ultimi momenti di vita, dove si materializza il «link» tra la sua vita e il destino tragico di eroine che Maria cantò, interpretate in scena da sette celebri voci, Kristine Opolais (Cio-Cio San), Jessica Pratt (Lucia), Nino Machaidze (Desdemona), Annalisa Stroppa (Carmen), Valeria Sepe (Tosca), Selene Zanetti (Violetta) e Roberta Mantegna, che sarà Norma, il personaggio che esprime l'essenza della leggenda Callas: la disciplina, il sacrificio, la sacerdotessa: «Io sono qui e officio».

 

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Marina Abramovic (coautrice del testo) è nella camera da letto della casa parigina di Maria, Avenue Mandel 36, «che abbiamo riprodotto in ogni dettaglio, così com' era, il telefono, i quadri, le pillole sul comodino. Io giacerò sul suo letto, guarderò le foto che aveva in stanza, aprirò la finestra.Sulla storia degli ultimi istanti ognuno ha la sua verità, stava facendo colazione, è caduta per terra, ma non è così importante. Riappaio come lo spirito di Maria Callas mentre ascolto Casta Diva ». Non ci sono nuovi aspetti da scoprire su Maria Callas, ma rivivremo la scissione della sua personalità: «Era un misto di forza sul palco e di fragilità nella vita privata, ed è quello che ricreiamo».

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Ha ideato questa sorta di installazione lirica in movimento «per i giovani, a cui dico, non spaventatevi, in 1 ora e 37 minuti entrerete nella vita di una donna straordinaria, spero che ritroviate una parte di voi stessi superando la barriera del tempo».

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Callas riuniva tre voci in una, soprano, mezzosoprano, contralto, ha cambiato il modo di cantare e recitare, rompendo le convenzioni teatrali. E tutto questo in una carriera breve. «Era unica. Così potente, creava un enorme impatto emotivo». Pensa che abbia vissuto la vita che voleva vivere? «Era ossessionata dal successo, e c'era sua madre dietro». Cosa chiederebbe a Maria, se fosse davanti a lei? «Più che una domanda, le direi che è difficile accettare la sua fine. Se hai quel talento, appartiene a tutti, devi condividerlo, non puoi arrenderti, a 53 anni Nei miei lavori c'è sempre un'idea salvifica, ecco perché faccio questo lavoro».

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