roma e il virus

UN MARZIANI A ROMA - "CAMMINO IDEALMENTE IN QUESTA CITTÀ DI ANIME VIVE, DI RICORDI CHE SONO SCULTURE DEL TEMPO, DI IMMAGINI CHE SEMBRANO CARTOLINE ONIRICHE… LE PIAZZE DIVENTANO TEATRI, LE STATUE PARLANO UN ESPERANTO DI ARMONIE INVISIBILI. OGGI LA CAPITALE SVELA IL SUO GUARDOROBA MIGLIORE, LE SUE ANOMALIE RAGGIANTI. UNA PANCHINA PIEGATA, UN CARTELLO FASCIATO, TUBI DA PURO MINIMALISMO..."

Gianluca Marziani per Dagospia

 

 

Roma e il virus - Poverismi urbani

Mai avrei pensato, durante la mia missione terrestre, di vivere un evento dal carisma biblico e dalle ascendenze hollywoodiane. Pochi giorni sono bastati per uniformare sguardi e azioni su scala globale, un reset ad altissimo impatto provocato da un agente invisibile che avvolge l’intera scala del visibile. COVID-19 entra nei nomi maiuscoli che riscrivono la Storia, uno di quei passaggi cruciali in cui percepisci sulla tua pelle il limbo tra un prima e un dopo, sentendo la densità viscosa del presente, in attesa che il domani ci riporti addosso gli altri come parte di noi.

 

Così, mentre l’umanità si domesticalizza per decreto, la Natura ci grazia con una primavera che scalda dove non riesce la vita reale. Gli animali ascoltano le stagioni come non facevano da decenni. E l’aria perde la solita miopia atmosferica, ritrovando I dieci decimi della sua bellezza limpida.

 

ROMA è la città in cui ho scelto di trascorrere la mia esperienza terrestre. Oggi soggiorno a casa come (quasi) tutti ma osservo da “chirurgo” il mio quartiere, le fotografie social degli amici, I filmati virali che mostrano una Capitale ad elevata ossigenazione, dove l’architettura si dispone come un palcoscenico, dove le piazze diventano teatri, dove le statue parlano un esperanto di armonie invisibili.

 

Sto immaginando l’elefante di Bernini che, dopo secoli d’impegno statuario, scende dal plinto di Piazza della Minerva e cammina verso il Pantheon, libero di sgranchire la proboscide e tagliare verso il Senato. Lo immagino passeggiare sul Lungotevere mentre altre sculture viventi si avvicinano a lui, condividendo l’emozione di una libertà che stura le arterie dell’inorganico.

Roma e il virus - Panchine surrealiste

 

Li penso, come in un Gay Pride festante, mentre arrivano al giardino zoologico per incontrare I compagni di una lunga vicenda chiamata Storia. Eccolo l’elefante di Bernini, senza pesi sulla schiena, che ritrova i due elefanti anziani dello zoo: un triplo barrito verso il cielo blu cobalto, un’eco che riempie il silenzio romano e rimette la Natura al vertice e gli uomini in basso, dove gli errori dell’arroganza non si trasformeranno più in danni collettivi.

 

Oggi la città svela il suo guardaroba migliore, le sue anomalie raggianti, la sua sagacia creativa. Roma è una festa dolorosa senza invitati umani, a porte aperte per tutti gli animali in libertà non vigilata, un campo infinito per le scie di pollini senza meta, una geografia della liberazione atmosferica, del silenzio armonico, delle notti per gabbiani padroni.

 

Roma ci ricorda anche che non puoi chiudere la sua attitudine da museo del mondo, qui non ci sono orari per la fruizione del sublime, semmai esistono occhi aperti o chiusi, sguardi che colgono e sguardi che scivolano, cuori che accelerano e cuori che non cambiano ritmo. La Capitale ci ricorda I sapori dolci delle vittorie e quelli amari delle sconfitte; tutto è scritto sulla sua pelle multietnica, tutto permane negli hard disk di pietre e stoffe, tele e marmi, gessi e bronzi… Roma è la sacra scrittura delle arti libere, il Talmud della Bellezza declinabile, il grande libro che ha digerito tragedie, drammi e grandiosità. Se qui è cresciuto e morto il suono epico dell’Impero, scomparirà anche il piccolo suono senza suoni, quel silenzio rotolante di un virus che fa il suo giro come un vento temporaneo. Così, mentre l’assurdo ha ricreato il nuovo reale di un intero popolo, vedo frammenti urbani che richiamano la mia attenzione. Sono brandelli, lacerazioni, anomalie dello scarto, piccoli abbandoni: oggetti e pezzi urbani che diventano installazione viva, materia dal cuore pompante, priva di valore mercantile, spontanea come sa esserlo l’esistente senza aggettivi.

Roma e il virus - Minimalismo idraulico

 

Il contesto ci assicura che non si tratta di arte eppure il pensiero, più libero di qualsiasi opera, suggerisce altre letture della città, nuovi parametri critici, rinnovati moti del giudizio. Una panchina piegata che sembra gomma elastica, un cartello fasciato dal nastro biancorosso, un albergo con un nome da Biennale, un tronco a terra perimetrato dal nastro, due biciclette spastiche, una finestra col suo ovale onirico, tubi da puro minimalismo... Frammenti spontanei che somigliano ad opere di Loris Cecchini, Kendell Geers, Maurizio Cattelan, Pier Paolo Calzolari, Jannis Kounellis, David Hammons, Jan Dibbets… artisti che amiamo e vorremmo attorno a noi, ipotesi possibili di opere “altre” nel derma urbano, a riprova di quanto l’arte sia una storia di fantasmi eterni che riparano I viventi.

 

Oggi scoviamo richiami che ricordano l’importanza di gallerie, musei, fondazioni e tutti quei luoghi in cui l’arte trova sosta e condivisione. Spazi chiusi che anch’io, come voi terrestri, voglio rivedere aperti e inclusivi, affinché l’esperienza di un interno non sia solo “prigionia” ma volo libero ad assetto variabile.   

 

Roma e il virus - Insegne da Biennale

Cammino idealmente in questa Roma di anime vive, di ricordi che sono sculture del tempo, di immagini che sembrano cartoline oniriche… è la Roma di Alberto Arbasino con la sua archeologia viva dell’umana specie… è la Roma di Remo Remotti, Valentino Zeichen, Franco Califano, Dario Bellezza, Victor Cavallo e di tutte le voci zingare che declamavano parole di pietra morbida… è la Roma proletaria e libera di Vincenzo Cerami… è la Roma notturna di Gino De Dominicis, Franco Angeli, Pino Pascali, Mario Ceroli, Enzo Cucchi… è la Roma dei grandi galleristi, dei grandi registi, dei grandi scrittori, del teatro sperimentale, degli architetti a Valle Giulia… è la Roma di Riccardo Schicchi, Cicciolina, Moana e di tutti coloro che hanno levato la benda al sesso… è la Roma dei ristoratori “registi” come Natalino a Corso Francia e Bartolo alla Pace… è la Roma di Remigio Leonardis, l’uomo con la cuffia che salutava il mondo da Piazza Barberini… è la Roma di Fausto Delle Chiaie con le sue sculture faidame a Piazza Augusto Imperatore… è la Roma di Massimo Marino con le sue pacche sui culi della notte…  è la Roma di Giorgio Chinaglia con la sua Lazio del 1974... è la Roma melanconica ma mai rassegnata, ferita ma mai morta, puttana ma sempre onesta nei confronti dei suoi viventi.

 

Roma e il virus - Insegne come sculture

Oggi in città tornano a passeggiare i fantasmi “giovani” della sua lunga storia: Federico Fellini si sfila la sciarpa rossa e cammina a via Margutta con Giulietta Masina, vera regina degli spiriti colorati; a Piazza del Popolo c’è Ennio Flaiano che sussurra a Marco Ferreri l’aforisma geniale sul virus; a pochi metri ecco Mario Schifano in jeans bianchi e maglietta nera, impaziente e incendiario anche da fantasma; poco più avanti passeggiano Ettore Scola e Marcello Mastroianni, morbidi e indolenti come solo I fuoriclasse creativi sanno essere; a Piazza di Spagna si vede Giorgio de Chirico che finalmente ha una metafisica sotto lo studio, senza obbligo di fughe ferraresi; Pier Paolo Pasolini siede in solitaria da Ciampini a Piazza in Lucina, occhiali neri e sguardo di chi assolve ma non perdona… davanti al Caffè Greco è un viavai di fantasmi che abbiamo amato e lodato, l’intero centro storico pare un gigantesco party a cielo aperto, popolato da animali vivi e fantasmi amichevoli…

 

Roma e il virus - Finestre oniriche

dal Tridente a Trastevere, da Monti a San Giovanni, dall’Aventino all’Appia Antica, da Monteverde a Testaccio, ovunque ritroviamo spiriti che dipingono, scrivono, osservano, declamano, insegnano, filmano, disegnano, condividono… fanno le cose che Mamma Roma ha sempre accolto nel suo ventre generoso: inventano i colori del tempo, suonano le note dello spazio, divorano il presente con la fame dei veggenti, scrivono la saggezza con la grammatica della vita vera.

 

 

Ultimi Dagoreport

donald trump xi jinping coronavirus mondo globalizzazione

DAGOREPORT - DOPO APPENA TRE SETTIMANE ALLA CASA BIANCA, TRUMP HA GIA' SBOMBALLATO I PARADIGMI DELL'ORDINE GEOPOLITICO MONDIALE. UNO TSUNAMI MAI VISTO. DA ORIENTE A OCCIDENTE, SI STANNO CAGANDO SOTTO. TUTTI, ECCETTO UNO: LA CINA - AL TRUMPISMO SENZA LIMITISMO, L'UNICO ANTIDOTO È L’IMPERO DEL DRAGONE, LA SOLA POTENZA CHE OGGI PUO' RIBATTERE AD ARMI PARI AL BORDELLO NEO-IMPERIALISTA DELLA TECNODESTRA USA - DAVANTI AL BULLISMO DI TRUMP, XI JINPING È RIMASTO TRANQUILLO COME UN PISELLO NEL SUO BACCELLO. ALL’ANNUNCIO DEI DAZI USA AI PRODOTTI CINESI, LA RITORSIONE DI PECHINO È STATA IMMEDIATA - POCHI MEDIA HANNO SOTTOLINEATO QUAL È STATA LA DURA RISPOSTA DI XI JINPING SUL NAZI-PROGETTO TRUMPIANO DI DEPORTARE DUE MILIONI DI PALESTINESI: “GAZA È DEI PALESTINESI, NON UNA MERCE DI SCAMBIO POLITICA, NÉ TANTO MENO OGGETTO DI QUALCOSA CHE SI PUÒ DECIDERE IN BASE ALLA LEGGE DELLA GIUNGLA" - RISULTATO: LE SPARATE DEL TRUMPONE STANNO RENDENDO INAFFIDABILE WASHINGTON AGLI OCCHI DEL MONDO, COL RISULTATO DI FAR SEMBRARE IL REGIME COMUNISTA DI XI JINPING, UN INTERLOCUTORE SERIO, PACIFICO E AFFIDABILE PER FARE AFFARI, A PARTIRE DALL'EUROPA. LA SVOLTA PRO-CINA DI URSULA CON SBERLA AL PRIMO BULLO AMERICANO...

software israeliano paragon spyware whatsapp alfredo mantovano giorgia meloni peter thiel

DAGOREPORT – SE C’È UNO SPIATO, C’È ANCHE UNO SPIONE: IL GOVERNO MELONI SMENTISCE DI AVER MESSO SOTTO CONTROLLO I GIORNALISTI COL SOFTWARE ISRAELIANO DI “PARAGON SOLUTIONS” - PECCATO CHE L’AZIENDA DI TEL AVIV, SCRIVE "THE GUARDIAN", NON FACCIA AFFARI CON PRIVATI, MA VENDA I SUOI PREGIATI SERVIZI DI HACKERAGGIO SOLO A “CLIENTI GOVERNATIVI” CHE DOVREBBERO UTILIZZARLI PER PREVENIRE IL CRIMINE - CHI AVEVA FIRMATO IL CONTRATTO STRACCIATO DAGLI ISRAELIANI PER "VIOLAZIONI"? QUAL È "L'ABUSO" CHE HA SPINTO PARAGON A DISDETTARE L'ACCORDO? – ANCHE IL MERCATO FIORENTE DELLO SPIONAGGIO GLOBALE HA IL SUO BOSS: È PETER THIEL, IL “CAVALIERE NERO” DELLA TECNO-DESTRA AMERICANA, CHE CON LA SOCIETA' PALANTIR APPLICA L’INTELLIGENZA ARTIFICIALE AL VECCHIO MESTIERE DELLO 007…

barbara berlusconi

DAGOREPORT - BERLUSCONI ALLA SCALA SI È VISTO UNA SOLA VOLTA, MA IL BERLUSCONISMO SÌ, E NON AVEVA FATTO MALE CON FEDELE CONFALONIERI, CHE FU PRESIDENTE DELLA FILARMONICA DELLA SCALA E BRUNO ERMOLLI, POTENTISSIMO VICEPRESIDENTE DELLA FONDAZIONE TEATRO ALLA SCALA - INVECE BARBARA B. LA SI VIDE DUE VOLTE, AL BRACCIO DI PATO, L’EX ATTACCANTE DEL MILAN. LA SUA NOMINA NEL CDA DELLA SCALA? DONNA, GIOVANE… E POI CON QUEL COGNOME! LA COMPETENZA? BEH… LA PASSIONE MMM…: PERCHÉ, DA QUEL GIORNO CHE VENNE CON PATO, NON SI È PRESA UN BEL PALCO ANZICHÉ TORNARE ALLA SCALA SOLO QUINDICI ANNI DOPO DA CONSIGLIERE/A?

vincenzo de luca elly schlein nicola salvati antonio misiani

DAGOREPORT – VINCENZO DE LUCA NON FA AMMUINA: IL GOVERNATORE DELLA CAMPANIA VA AVANTI NELLA SUA GUERRA A ELLY SCHLEIN - SULLA SUA PRESUNTA VICINANZA AL TESORIERE DEM, NICOLA SALVATI, ARRESTATO PER FAVOREGGIAMENTO DELL’IMMIGRAZIONE CLANDESTINA, RIBATTE COLPO SU COLPO: “DOVREBBE CHIEDERE A UN VALOROSO STATISTA DI NOME MISIANI, CHE FA IL COMMISSARIO DEL PD CAMPANO” – LA STRATEGIA DELLO “SCERIFFO DI SALERNO”: SE NON OTTIENE IL TERZO MANDATO, DOVRÀ ESSERE LUI A SCEGLIERE IL CANDIDATO PRESIDENTE DEL PD. ALTRIMENTI, CORRERÀ COMUNQUE CON UNA SUA LISTA, RENDENDO IMPOSSIBILE LA VITTORIA IN CAMPANIA DI ELLY SCHLEIN…