1. I CORI ANTISEMITI DI STANZA A TORINO E GLI INSULTI TRA I TIFOSI DELLA JUVENTUS E DELLA FIORENTINA, LA RIPROVAZIONE DELLA COMUNITÀ EBRAICA E LE POLEMICHE DI GIORNATA CHE RIPORTANO ALLA RADICE ALMENO TRENT’ANNI DI INUTILE SOCIOLOGIA SULLE CURVE D’ITALIA. IL CALCIO GIOCATO E QUELLO PARLATO CHE RIPORTANO IN SUPERFICIE TUTTO IL SAPORE MALEDETTO E GIÀ VISTO DEL PALLONE MARCIO DI CASA NOSTRA 2. IN ATTESA DEL”DIBBATTITO” SULLA BARBARIE, MARZO CHIUDE OGNI DISCORSO SULLO SCUDETTO E SPINGE CONTE A CONSIDERARE 14 PUNTI DI DISTANZA DALLA ROMA UN ABISSO UTILE AD AMMETTERE CHE ALMENO METÀ DEL TITOLO VIAGGIA GIÀ IMPACCHETTATO VERSO CHI LO DETIENE GIÀ DA UN BIENNIO. EUROPA E SALVEZZA, ALTRO NON RIMANE

DAGOREPORT

I cori antisemiti di stanza a Torino e gli insulti tra i tifosi della Juventus e della Fiorentina, la riprovazione della comunità ebraica e le polemiche di giornata che riportano alla radice minima almeno trent'anni di inutile sociologia sulle curve d'Italia. Il calcio giocato e quello parlato che in questa domenica di primavera riportano in superficie tutto il sapore maledetto e già visto del pallone di casa nostra. In attesa delle tavole rotonde sulla barbarie e di un'opinione in merito di Michela Marzano, Marzo chiude ogni discorso sullo scudetto e spinge Antonio Conte, prudente ma realista a considerare il 14 punti di distanza dalla Roma un abisso utile ad ammettere che almeno metà del titolo viaggia già impacchettato verso chi lo detiene senza soprese già da un biennio.

CRONACHE MARZIANE

La Juve piega la Fiorentina e il gol di Asamoah conferma una verità già ratificata da più di 25 turni. È la squadra migliore, quella con più alternative e ci vorrebbero rivali meglio strutturate per rendere il torneo davvero sorprendente. Al di là della relativa opposizione tecnica dell'odiata avversaria in viola (echi di Baggio, di polemiche mai invecchiate davvero, di soprannomi pesanti e rivolte cittadine in riva all'Arno) la Juve è di un altro pianeta.

E se la Roma che gioca meglio del Napoli e viene immeritatamente piegata da Callejon a un soffio dalla fine è stata per buona parte della cavalcata trionfale l'unica formazione in grado di sventolare un minimo di resistenza, a mancare, annichilendo i proclami estivi, sono state tutte le altre.

DELUSIONI E INUTILI FANFARE

Il Napoli (che adesso insegue il terzo posto e per non saper che fare raggranella tre punti con un gioco incerto, ringrazia Pepe Reina, chiede il rinnovo di Benitez e con la curva in polemica con il Dela si appella alla madonna maradoniana ringraziando Sorrentino e la sua dedica da Oscar omaggiandola con uno striscione) e naturalmente tutte le altre.

La pallida Inter di Mazzarri che conquista tre punti con un Torino in caduta libera grazie a un colpo di coda di Palacio, il Milan mimetico causa Champions ( e ancora sconfitto) a Udine, la Fiorentina sopravvalutata, a dieci punti dal terzo posto e tallonata proprio dall'Inter a una sola lunghezza. Fuochi fatui che nessuna pressione hanno messo a una Juventus che per suo conto è stata capace di vincere lasciando pochissimi punti sul terreno.

EUROPA E SALVEZZA, ALTRO NON RIMANE

Va da sé che l'interesse verso la riffa consta ora soltanto nei premi minori. Il secondo posto (lotta tra Roma e Napoli con tre punti di vantaggio e una gara da recuperare per i ragazzi di Garcia), la lotta per il quarto, la bella corsa del Parma di Donadoni e Cassano (da nazionale e in vena di magie anche nel 2-0 al sapore europeo inflitto al Verona), la salvezza più che mai indecifrabile in una partita a scacchi che dal Sassuolo (grigio 0 a 0 nello scontro diretto di Bologna) al Chievo (vitale 2-1 con rigore a tempo scaduto di Paloschi per i tre punti strappati al Genoa) coinvolge ormai non più di cinque squadre. Il Cagliari (1-1 sofferto a Catania), a 29 punti, è praticamente in porto.

Un po' poco nel complesso per tener vivo l'interesse fino all'ultimo, abbastanza per come si è andata strutturando managerialmente la vicenda tecnico sportiva nelle ultime stagioni per fare professione di realismo e sapere che diversamente è difficile che vada.

Così per conservare emozione e interesse ci si appella ai gesti individuali, ai calciatori ancora in grado di accendere la luce, ai tecnici di personalità in grado di plasmare con lavoro e senso di appartenenza gruppi di per sé modesti. Ci è riuscito Mihailovic (a Genova sponda Samp, grazie al ritrovamento di un'identità dovrebbero fargli un monumento), ci riesce con quel che passa il convento Colantuono a Bergamo, arranca nel deserto un brav'uomo come Edy Reja.

Il caso Lazio merita un approfondimento. Dopo il guanto di sfia dei tifosi a Lotito, il finale di partita dei suoi stipendiati rischia di somigliare a un calvario. Ieri l'Olimpico era deserto e il condizionamento ambientale nello 0-1 dell'Atalanta a Roma è stato decisivo. Doemica prossima Marchetti e compagni vanno a Cagliari. Fuori casa non può che andare meglio. Buona fortuna.

 

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