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SE EUROPA E USA HANNO LE TASCHE VUOTE, IL MERCATO DELL’ARTE SI SPOSTA A DUBAI - C’È IL JET SET INTERNAZIONALE E ASIATICO, GIOVANI SCEICCHI, NUOVI RICCONI IRANIANI E LIBANESI CHE HANNO VOGLIA DI INVESTIRE IN OPERE CHE FANNO STATUS

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Luca Beatrice per “il Giornale”

 

Non sarà magari la fiera d' arte più esclusiva del mondo, nel senso che chi cerca quei valori sicuri del sistema internazionale storce ancora un po' il naso. Se si vuole fare i conti con un nuovo mercato, non solo emergente ma addirittura frenetico, è impensabile non passare per Dubai a visitare la fiera che dura fino a sabato 19 marzo in Medinat Jumeirah.

 

La decima edizione di quella che gli esperti definiscono come la fiera leader del mondo asiatico - al netto di Hong Kong Basel che partirà la prossima settimana - è stata festeggiata con classe e stile. Il pubblico che ha partecipato alla apertura vip appartiene davvero al jet-set globale, un mix di compratori europei, americani e poi sceicchi, libanesi, iraniani.

 

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La sontuosità dei banchetti, lo champagne continuamente rabboccato, le rose offerte alle signore dallo sponsor Piaget, la sicurezza all' ingresso, severa ma gentile, sono cose che da noi per una mostra mercato d' arte sarebbero del tutto impensabili. Il direttore Pablo Del Val, ex di Zona Maco a Città del Messico, ha perfezionato una formula che vede una buona scelta di presenze europee e americane accanto alle numerose gallerie di Dubai, se ne contano più di 40 nell'International Financial Center, che infatti apriranno nei prossimi giorni una Gallery Night come è abitudine per ogni fiera che si rispetti.

 

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Il segno che anche qui si sta andando verso un processo di internazionalizzazione è dato dai sempre più numerosi eventi collaterali, a cominciare dal Design Days Dubai, oppure dal premio promosso da The Albraaj Group Art dal titolo Syntax and Society dedicato a un numero ristretto di artisti del mondo arabo, scelti con un attento criterio curatoriale.

 

Tre le gallerie italiane che espongono: la romana Marie-Laura Fleisch con i disegni a biro di Giuseppe Stampone, il torinese Franco Noero nel cui stand spunta Francesco Vezzoli, la Continua che ha quattro sedi e non rinuncia a presentare big come Kapoor e Pistoletto. Mario Cristiani, uno dei titolari di quella che oggi viene considerata tra le realtà italiane più importanti, conferma di essere stato presente a Dubai fin dalla prima edizione, di aver assistito alla crescita esponenziale di una fiera sempre più ricca e di essere entrato in contatto con collezionisti di tutto il mondo.

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Noero invece è alla sua terza partecipazione; la prima volta è andata benissimo - dice - e in generale si capisce che il pubblico della vip opening non è composto, come in Italia, dei soliti noti che girano più per farsi notare che per veri affari, ma da gente armata di un portafoglio impressionante che considera l' arte un ottimo indicatore di successo e prestigio sociale. Si sono viste scene gustose: lo sceicco che tratta con il gallerista mentre la moglie si consiglia con le amiche.

 

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In linea di massima il pubblico è più giovane di quello che succede da noi, segno che sono soprattutto le nuove generazioni di ricchi e potenti a interessarsi all' arte, e anche questo è un fattore molto positivo destinato a incrementare le contrattazioni. Da Blain Southern e Victoria Miro, Londra, a Daniel Templon, Parigi; da Marianne Boesky, New York, a Carlier Gebauer, Berlino: sono questi alcuni dei big che hanno accettato di esporre a Dubai.

 

Ma sono realtà che si conoscono, mentre lo spaccato davvero interessante è quello delle gallerie del sud est asiatico e del mondo arabo che provengono, oltre che da Dubai stessa, da Teheran, Beirut, Mumbai, Istanbul. Sembra proprio che l' arte contemporanea stia diventando il più affidabile referente quando si parla di globalizzazione, perché ormai un po' ovunque sulla terra c'è gente che compra quadri, sculture e fotografie, mentre fino a un quarto di secolo fa il mercato era prevalentemente occidentale.

 

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C'è da chiedersi che cosa distingua ancora Art Dubai da Basilea e dai suoi spin off a Miami e Hong Kong, perché a livello di proposte la scelta non sia ancora così esclusiva vista l' immensa disponibilità di denaro.

 

Siamo piuttosto in un ambito di mercato parallelo, dai valori ancora tutti da scrivere: più che i direttori di musei e fondazioni pare siano soprattutto i privati ad acquistare, per piacere personale e spinti da un gusto non così raffinato. Ecco dunque spuntare un discreto numero di cloni, cioè artisti non di primaria importanza il cui stile riecheggia cose già viste in qualche luogo e qualche tempo.

 

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Ci sono gli astratti e i figurativi, gli scultori e quelli che lavorano con gli oggetti. Qualcosa si fa notare, come l' installazione di tappi di Sharmila Sharmant, le foto ritoccate di Yousef Nabil, ma sarebbe sbagliato applicare il criterio tutto nostro del name dropping, anche se certo non mancano presenze come Marina Abramovivc, Sean Scully e Kusama: a Dubai si vende e si compra davvero di tutto e la memoria rimanda al clima festoso delle nostre fiere negli anni '80, con in più l'internazionalità di oggi.

 

Qui però si parla di realtà molto potenti dal punto di vista economico, che non soffriranno crisi ne' recessioni, destinate a dominare la scena economica dei prossimi decenni. A Dubai sembrano già essersi accorti di quanto l'arte sia un indicatore di benessere, quando ne capiranno il potenziale speculativo questo nuovo mercato diventerà probabilmente il principale al mondo.

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Fa bene dunque chi investe su questa fiera, nonostante le inevitabili ingenuità: una scommessa che altri nostri connazionali dovrebbero provare a giocare, visto che le opportunità e gli spazi ci sono e sono ancora in gran parte da scoprire. 

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