SPROFONDO ROSSONERO - IL MILAN AVANTI CON INZAGHI: TASSOTTI E BROCCHI (CON LIPPI DT) NON CONVINCONO - SU SUPERPIPPO PESA LA BATTUTA DI AGNELLI: “SE SI DISCUTE DI CALCIO, È LA FINE DI INZAGHI”
1. INZAGHI, DA ESONERATO A RISPARMIATO BERLUSCONI SOSPENDE IL GIUDIZIO
Arianna Ravelli per il “Corriere della Sera”
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Pippo Inzaghi ha passato la nuttata. Due, per la verità, dopo l’ennesimo pari incolore in casa con il Verona, che ha fatto esplodere la scontentezza della società e che, cominciando dalla formazione iniziale senza Destro per finire con l’ennesimo cambio «difensivista» Bocchetti-Pazzini, è stato messo sul conto dell’allenatore. Eppure Pippo ha passato la nuttata.
Ma per ora si naviga a vista e non è possibile dire con certezza che arriverà in porto a fine stagione. Di sicuro arriverà a guidare l’allenamento di questo pomeriggio alle 15 (mentre il suo vice Mauro Tassotti sarà a Coverciano alla Panchina d’oro), con ogni probabilità lunedì sarà a Firenze. Fosse un malato, le sue condizioni sarebbero serie ma stabili: decisive saranno le prossime 24-36 ore.
Domani, infatti, Berlusconi attende la sentenza della Cassazione sul processo Ruby e in questi giorni in cui le preoccupazioni sono concentrate lì oltre che sulla preparazione delle elezioni Regionali, ha poca voglia di affrontare il problema Milan. Che resta, è ben chiaro a tutti, un problema, con un decimo posto in classifica a 35 punti (come Seedorf con sette partite in meno), 10 punti nelle ultime 10, il mistero dei giocatori che si rianimano lontano da Milanello (vedi Niang) e la sensazione di non aver costruito nulla in prospettiva futura.
Non che non ci sia stata la tentazione di cambiare: anzi, è stata coltivata per ore. Adriano Galliani era atteso a cena ad Arcore ieri, ma poi il vertice è stato cancellato. Per decidere di andare avanti così, evidentemente senza troppa convinzione, è bastato uno scambio di telefonate, ma la società non ha emesso alcun comunicato di conferma del tecnico.
Se Pippo si sia (per ora) salvato per l’importanza di chiamarsi Inzaghi (è chiaro che l’entusiasmo degli inizi si è dissolto da tempo, però resta l’affetto per l’icona rossonera), per gli altri grattacapi di Berlusconi o per la scarsa convinzione verso le soluzioni alternative ancora non si sa. Forse un po’ di tutte queste cose assieme. Il candidato che nelle ultime ore aveva superato anche l’eterno secondo Tassotti, è Christian Brocchi, che sta facendo bene alla Primavera (ma proprio ieri ha perso il derby): sarebbe comunque il terzo esordiente di fila che rischia di bruciarsi.
Nel caso, però, Brocchi è pronto a fare il traghettatore per dodici giornate e poi tornare dai suoi ragazzi. Quanto al futuro e all’ennesimo nuovo ciclo da costruire, è presto per parlarne: innanzitutto dipenderà da come sarà composta la società. Il thailandese mister Bee (Taechaubol) ha davvero i soldi per comprare il 30% del Milan (pare che questa, e non il 25, sia la quota trattata)? Se sì, lo scopriremo entro giugno.
A quel punto il Milan saprà anche quanto potrà spendere e se, per esempio, avrà i soldi per la clausola che libererebbe Vincenzo Montella. A quel punto, sarà anche più chiaro se Antonio Conte è destinato a restare un sogno di mezza estate (la scorsa) o se Ancelotti sarà davvero in rotta con il Real. Per ora, appuntamento a oggi, alle 15, ancora con Pippo.
2. BROCCHI IN PANCHINA, MA SOLTANTO PER 24 ORE
Monica Colombo per il “Corriere della Sera”
La rivoluzione è durata meno di 24 ore, rimanendo derubricata alle 8 della sera di ieri alla voce «progetto momentanemente accantonato». Christian Brocchi allenatore e Marcello Lippi direttore tecnico è stata una pazza idea coltivata, accarezzata, inseguita finché Silvio Berlusconi al telefono con Adriano Galliani — dopo aver disdetto l’appuntamento per cena — ha deciso di proseguire per il momento con Pippo Inzaghi.
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Brocchi, tecnico apprezzato della Primavera (primo in classifica con l’Inter, nonostante il rovescio nel derby), avvistato nei pressi dello spogliatoio rossonero già sabato sera dopo il 2-2 con il Verona, ha vissuto una domenica dal duplice volto. Guida dei baby nei fatti, allenatore della prima squadra virtualmente.
Ha seguito il riscaldamento dei suoi ragazzi al telefono, mandando messaggi o rispondendo a chiamate continue. Per qualche ora si è seduto su due panchine, consapevole di non poter dir di no a un’eventuale proposta di allenare la prima squadra. «Parto dal presupposto di volere il bene del Milan: sono un uomo del club, ma finora non ho sentito nessuno. Mi ritengo il tecnico della Primavera e credo che sarà ancora così».
Chissà se ha avuto un sussulto quando dopo la sfida persa con i nerazzurri ha visto brillare sul display il nome Galliani. «Le volevo fare i complimenti perché nonostante il risultato si è visto un gioco propositivo e una mentalità offensiva» ha detto l’ad che, come Berlusconi, ha assistito in tv al match. Christian, che non si definisce uno scalatore di vette, accetterebbe senza problemi il ruolo di traghettatore fino a giugno, lasciando la Primavera a Stefano Nava e la panchina del Milan in estate al prossimo allenatore. A lui la società ha pensato proprio per l’atteggiamento dato alla squadra che si preoccupa di costruire gioco e non solo di approfittare delle debolezze degli avversari. Non solo.
Il sogno era avere come direttore tecnico Marcello Lippi, reduce dall’addio al Guangzhou dopo aver vinto una Champions League asiatica e tre campionati. Galliani ne aveva parlato con il figlio-procuratore Davide. Ma per strappare il sì dell’ex ct campione del mondo occorrono soldi, un contratto lungo e una proposta che non abbia inizio nel bel mezzo della stagione. Ma non è detto che, per entrambi, i fili del discorso si possano riannodare.
3. LA PROFEZIA DELL’AVVOCATO
Gigi Garanzini per “la Stampa”
Si sa che i grandi cicli prima o poi finiscono. E più in alto eri salito, più il tonfo è fragoroso. Quello del Milan è anomalo, talmente prolungato nel tempo da sembrare una caduta al rallentatore. Anche se adesso è arrivato il momento in cui neppure il grande apparato mediatico che circonda e protegge il pianeta rossonero è più in grado di fare da paracadute.
Persino l’ultima delle consolazioni possibili, il mal comune mezzo gaudio stracittadino, è superata. Per la buona ragione che l’Inter la sua brava rivoluzione, societaria e tecnica, l’ha già non solo iniziata ma bene o male anche conclusa: il Milan la deve cominciare. Il thailandese, come direbbe Ferrero, è qualcosa più di un’ipotesi ma non ancora realtà a differenza del filippino. Mancini è l’allenatore del passato ma anche del presente e del futuro, a differenza di Inzaghi che è in scadenza come uno yogurt.
berlusconi con la figlia barbara e galliani allo stadio per milan juventus
Nella rosa dell’Inter ci sono – anche - giocatori di qualità che possono sia garantire un’interessante prospettiva tecnica, sia robusti introiti in caso di necessità. In quella rossonera una volta salvati Diego Lopez, Bonaventura, due-tre comprimari e Menez, ammesso che il nuovo tecnico sia un cultore del talento anarchico, non c’è altro di futuribile se non la speranza sempre più fioca che De Sciglio ed El Shaarawy vengano davvero a capo dei loro guai. Non solo. L’Inter si è già, più o meno, messa alle spalle anche le turbolenze ambientali legate alla vedovanza morattiana. Su quest’altro fronte non sarà semplice andare oltre il ciclo quasi trentennale di Berlusconi.
Eppure, a dispetto dei lifting non più che semestrali, il tempo è passato persino per lui. E dopo il fallimento dell’operazione Seedorf, firmata in prima persona e ad ogni costo, nemmeno le sedute di autocoscienza del venerdì con Inzaghi hanno funzionato. Già, Inzaghi. Un giorno, ai tempi della Juve, prese cappello per una critica severa e si sbagliò a dire che se si discute Inzaghi è la fine del calcio. La battuta implacabile dell’Avvocato, arrivò a stretto giro di posta: se si discute di calcio, è la fine di Inzaghi.
berlusconi con la figlia barbara e galliani allo stadio per milan juventus