1. GIANCARLO DOTTO: ‘’ERANO TRENTADUE. SONO RIMASTE OTTO. UNA SOLA OUTSIDER, LA COSTARICA. DUE SORPRESE ANNUNCIATE, BELGIO E COLOMBIA. TRE FAVORITE CHE VANNO AVANTI A MORSI DI RABBIA E DI PANICO, ARGENTINA, BRASILE E GERMANIA’’ 2. LA FRANCIA CRESCE NEI PRONOSTICI, L’OLANDA HA ROBBEN. TRA GOL A TEMPO QUASI SCADUTO, SUPPLEMENTARI E RIGORI, UN’APOTEOSI DI BRIVIDI E DI CUORI INFRANTI 3. QUESTO MONDIALE È UNA SCIAGURA PER IL CALCIO. MA SIAMO SICURI CHE SIA SOLO CALCIO? SPETTACOLO ESTREMO. UNA SMISURATA TRANCE COLLETTIVA. TROPPO DA RACCONTARE, TROPPO DA ASCOLTARE E GUARDARE. SEMPLICEMENTE TROPPO. SARÀ DURA RIABITUARCI AI MEDIOCRI SOLFEGGI DEL NOSTRO PALLONE

Giancarlo Dotto per Dagospia

dottodotto

 

Erano trentadue. Sono rimaste otto. Agata Christie respira con noi. Una sola outsider, la Costarica. Due sorprese annunciate, Belgio e Colombia. Tre favorite che vanno avanti a morsi di rabbia e di panico, Argentina, Brasile e Germania. Due già a casa. Inghilterra e Italia. Scarti di quello che doveva essere il girone di ferro e invece era il girone di latta. La Francia cresce nei pronostici, l’Olanda ha Robben. Tra gol a tempo quasi scaduto, supplementari e rigori, un’apoteosi di brividi e di cuori infranti.

 

Questo mondiale è una sciagura per il calcio. Ma siamo sicuri che sia solo calcio? Spettacolo estremo. Troppo da raccontare, troppo da ascoltare e guardare. Semplicemente troppo. Sarà dura riabituarci ai mediocri solfeggi del nostro pallone.

 

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Abbiamo visto esultanze esagerate e disperazioni inconsolabili. Abbiamo visto un sacco di gente piangere, tra campo e tribune, perché troppo felice, perché troppo infelice. Gli inni accendono la miccia. Una smisurata trance collettiva. Qualcosa di contagioso. C’è una staffetta emotiva. Una sfida a chi ti mozza di più il fiato.

 

Chi prende il testimone sa che deve essere all’altezza di chi l’ha preceduto. Tutti complici, partecipazione corale. Giocatori, tifosi e arbitri. I fuoriclasse strabiliano, i portieri straparano, i difensori si gettano a corpo morto su ogni cosa che rotola.

 

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L’immagine? Stephan Lichtsteiner, lo svizzero della Juventus, un odioso mastino di solito, aggrappato alla rete, che la morde, ansimante, lo sguardo perso nel vuoto, dopo il gol assassino di Di Maria, che ci prova ad accettare l’inaccettabile, che tenta di recuperare un assetto possibile prima di voltarsi di nuovo verso la scena del delitto.

 

1. Chi fischia. Gli arbitri sono fin qui i migliori in campo. Molto merito loro la bellezza irripetibile di questo mondiale. Di solito, specialmente in Italia, orrende interferenze malate di protagonismo. Qua, in Brasile, si sono fatti da parte. Protagonisti nell’assenza. Hanno rinunciato a squassarci le parti intime con i loro maledetti fischietti e cartellini. Si gioca di più e si gioca meglio. La flebile speranza è che questo non sia la miracolosa eccezione di un’atmosfera magica e di un evento unico ma che diventi lezione anche nel nostro mediocre convento.

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2. Chi semina stupore. Basta con le discussioni oziose. Se Leo Messi è meglio di Diego Armando Maradona o se Elvis Presley è ancora vivo e c’è lui o un sosia nella bara di Graceland. Quello che conta è che Leo Messi sta recitando se stesso nell’occasione che lo deve consegnare definitivamente alla grandezza. Mondiale strepitoso nell’incertezza, nella forza dei gruppi, ma dove i solisti sono sempre decisivi. Leo Messi, Angel Di Maria, Neymar, James Rodriguez e Arjen Robben su tutti.

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3. Chi para. E’ il mondiale dei portieri. Dentro una densità mai vista di occasioni, rigori e tiri in porta, si moltiplicano polipeschi. Manuel Neuer, il portiere tedesco, su tutti. Uno e trino. Keylor Navas, il portiere della Costarica, impressionante per serenità, freddezza e reattività. Mezza squadra da solo.

 

L’americano Tim Howard come il generale Custer. Prima di essere trafitto a morte, ha fermato da solo l’orda belga. Ospina, il portiere colombiano, degno di due leggende come Higuita e Mondragon. Julio Cesar è già eroe nazionale. Buffon e Ochoa sono a casa, ma hanno lasciato memorie forti. 

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