DUECENTO ANNI A REGOLA D’ARTE – LA NATIONAL GALLERY DI LONDRA COMPIE DUE SECOLI E, PER FESTEGGIARE, ORGANIZZA “LA MADRE DI TUTTE LE MOSTRE”, CON 60 OPERE DI VINCENT VAN GOGH – ANTONIO RIELLO: “DIFFICILE DIRE SE UNA MOSTRA COSÌ ‘ACCADE SOLO OGNI CENT’ANNI’ (COME SCRIVE LA NATIONAL GALLERY), MA DI CERTO CI SONO ALCUNI DEI CAPOLAVORI PIÙ AMATI DELL’ARTISTA. AVERE LA FORTUNA DI VEDERE DA VICINO I SUOI QUADRI PERMETTE DI RIPENSARE VAN GOGH COME UNO STRAORDINARIO E TALENTUOSO ‘SCULTORE’ DI BASSORILIEVI, PERCHE’ IL COLORE È COSÌ MATERICO...”
Antonio Riello per Dagospia
VAN GOGH: POETS AND LOVERS
National Gallery
Trafalgar Square, Londra WC2N 5DN
fino al 19 Gennaio 2025
Duecento anni (molto ben portati) quelli della National Gallery di Londra. Per celebrare lo speciale compleanno di questa istituzione è stata preparata la "madre di tutte le mostre": sessanta opere di Vincent Van Gogh (1853-1890). I curatori sono Cornelia Homburg, Christopher Riopelle e Julien Domercq. I quadri che non sono già proprietà della NG provengono dal Musée d'Orsay di Parigi, dal Van Gogh Museum di Amsterdam, dall'Art Institute of Chicago, dal Philadelphia Museum of Art e dal Kröller Müller Museum di Otterlo.
Il titolo è direttamente legato a due celebri ritratti che compaiono all'ingresso del percorso museale: "The Lover" (il prestante tenente degli Zuavi Milliet, 1888) e "The Poet" (l'amico Eugene Boch, 1888). E tutto verte su due periodi decisivi (e finali) del pittore. Il soggiorno di Arles, Da Febbraio 1888 a Maggio 1889. E i mesi successivi, passati nel manicomio di Saint-Paul de Mausole a Saint-Rèmy, fino a Maggio 1890 (nel Luglio dello stesso anno si toglierà la vita). In mezzo c'è il celeberrimo sodalizio con Gauguin, l'automutilazione dell'orecchio e il ricovero psichiatrico.
Difficile dire se una mostra così "accade solo ogni cent'anni" (come scrive la National Gallery), ma di certo ci sono alcuni dei capolavori più amati dell'artista. L' iconica "Camera di Arles" (una delle tre versioni esistenti, quella conservata a Chicago del 1889), "la "Sedia" (stabilmente alla NG, del 1888), l'"Autoritratto" del 1889, il "Campo con Cipressi" (1889), i paesaggi di Saint Rèmy dominati dagli olivi e naturalmente i suoi "Girasoli" (ne esistono 11/12 serie accertate, dipinte tra 1887 e 1889, la NG ne possiede uno fin dal 1924).
Qui proprio due dei suoi girasoli - con in mezzo il ritratto della cosiddetta "Berceuse" (1889) - costituiscono uno speciale affettuoso omaggio postumo all'artista: dalle sue lettere si sa che lui avrebbe tanto voluto avere appeso nella sua "camera gialla" di Arles un trittico di questo genere. Un desiderio che purtroppo Van Gogh non ebbe mai modo di soddisfare.
La prima considerazione è che aver la fortuna di vedere da vicino i suoi quadri permette di ripensarlo in certi momenti come uno straordinario e talentuoso "scultore" di bassorilievi. Nel senso che il colore è così materico da esser stato quasi inciso e plasmato. Sì, la memoria di tecniche di incisione molto care alla tradizione artistica olandese riappare per incanto.
La seconda riguarda il riposizionamento che i curatori della mostra fanno di Van Gogh. Il classico ruolo di solitario incompreso e derelitto viene lasciato da parte e si punta decisamente su un artista pienamente conscio del proprio ruolo. In sintonia con i movimenti e le sperimentazioni del tempo. Un vero Post-Impressionista e, seppure a suo modo, un intellettuale. Quanto e come il nostro artista abbia influenzato i suoi colleghi rimane difficile da stabilire. Sicuramente è accaduto con i Fauves.
La terza è che la sua sensibilità cromatica lo porta ad essere un precursore di certi linguaggi Pop (non solo nel senso di Pop Art, ma anche riguardo al mondo dei fumetti e dei Manga). Usava i colori come li si usa oggi (tinte "acide" comprese).
Van Gogh è d'altra parte, in primo luogo, il soggetto artistico centrale dell'immaginario collettivo contemporaneo (lo stesso Picasso passa tranquillamente in secondo piano). E' l'artista per eccellenza. In sintesi: la vita del pittore olandese è stata all'altezza della sua Arte (e viceversa). Non accade spesso, le due parti sono in genere piuttosto sbilanciate. Ha involontariamente suggerito nel corso degli anni una narrativa esemplare che si nutre di ogni singolo istante della sua tribolata e commovente esistenza.
Sembra insomma un artista incredibilmente vicino alla nostra esperienza quotidiana. Basta pensare a quanti titoli sono stati pubblicati (in primis "Van Gogh il suicidato della Società" di Antonin Artaud, 1947). Anche i film sono parecchi: "Brama di vivere" di Vincent Minelli (1956), Kurosawa lo inserisce nel suo "Sogni" (1990), Julian Schnabel con "Van Gogh, sulla Soglia dell'Eternità" (2018) e infine "Van Gogh, I Girasoli" (2022) di David Bickerstaff. Non solo un campione dei media: il Mercato dell'Arte silenzioso, lento e implacabile trasforma il reietto povero e suicida in una star senza rivali. L'"underdog" che si trasforma in "Super Eroe". Anche questo è il fenomeno Van Gogh. La mostra è assolutamente da vedere.
PS Unica minuscola lamentela: le didascalie - di solito molto precise e generose alla NG - sono in questo caso scarne se non inesistenti. Presumibilmente si tratta di una precisa scelta curatoriale, non certo di sciatteria. Forse è comunque un piccolo azzardo per un Museo aperto al grande pubblico.
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