BARCA-REAL: RISSA FUORI CAMPO - IL NEOPRESIDENTE BLAUGRANA BARTOMEU ATTACCA IL REAL SULL’AFFAIRE (IN NERO) NEYMAR – DA BARCELLONA: ‘PRESSIONI DI AZNAR’ - E SCOPPIA UN CASO POLITICO

Francesco Persili per Dagospia

Un solo punto a dividerli nella Liga e l'affaire Neymar ad arricchire di un nuovo capitolo la più grande rivalità del calcio europeo. Barça vs Real, la corrida non si ferma mai. «A Madrid faticano ad accettare il dominio del Barcellona». Ha iniziato il neopresidente blaugrana Josep Maria Bartomeu che, attraverso i microfoni dell'emittente catalana 'Rac 1', ha sparato il primo siluro contro gli eterni rivali della Casa Blanca.

«Visto che non riescono a batterci sul campo, provano a sconfiggerci in altre sedi - ha detto il successore di Sandro Rosell - è difficile per loro digerire il fatto che giocatori come Messi o Neymar giochino con noi». Rosiconi e invidiosi quelli del Real, dunque, per Bartomeu che denuncia la «belligeranza madridista» nel caso Neymar e lascia intendere come dietro all'affaire che ha terremotato il vertice blaugrana ci sia lo zampino della Casa Blanca. Orgoglio culé e pregiudizio anti-madridista. Un classico, o meglio, il Clasico.

Arsenico e vecchi sospetti alimentati anche dal giornalista Xavi Bosch che sulla stessa emittente ha adombrato che il Barcellona fosse a conoscenza di una non meglio precisata connection merengue: Florentino Perez avrebbe fatto pressioni nientemeno che sull'ex premier Jose Maria Aznar per chiedere al ministro della giustizia, Alberto Ruiz-Gallardon, di intervenire presso il giudice della Procura nazionale Pablo Ruz affinché accettasse e mandasse avanti la denuncia che il socio del Barca Jordi Cases aveva presentato contro Rosell. Un ‘caso politico' che ha provocato la dura presa di posizione della Casa Blanca che ha negato il coinvolgimento di Florentino Perez nella querelle Cases-Rosell e ha minacciato querele.

Ma dietro la ‘cortina di fumo' di accuse e (richieste di) scuse senza ritorno resta il fatto che a provocare la crisi del Barça, sia stato uno dei 169mila soci del club, Jordi Cases, che ha denunciato Rosell per ‘la cresta' di 38 milioni di euro sull'acquisto del fuoriclasse brasiliano (pagato 95 milioni anziché 57). Bartolemeu, naturalmente, ha glissato sui dettagli del contratto dell'ex Santos tirando in ballo «ragioni di sicurezza» per la famiglia del brasiliano. Ma gira che ti rigira la sua convinzione resta sempre quella: «Da Madrid cercano di danneggiarci».

E via a lisciare il pelo dei suoi tifosi rimarcando la differenza blaugrana: «Da noi un socio può cambiare la storia del Barça, questo ci rende diversi. «Més que un club», dal cliché non se ne esce. Molto più di un club, una retorica che esprime un'idea di calcio ‘altra'.

«Gli altri, i palloni d'oro li comprano, noi, li costruiamo», parole e musica di Johan Cruyff, al quale Bartomeu ha teso la mano: «Lo rispetto e lo aspetto al Camp Nou», anche se sulla presidenza onoraria non se ne farà nulla («non è prevista dallo statuto»). Rimettere al centro delle ramblas l'olandese e l'ex vicepresidente Soriano, oggi ceo del Manchester City, è questo l'obiettivo del neopresidente che non ha escluso, in futuro, anche il ritorno di Guardiola.

Eccola, la differenza blaugrana. «Més que un club», molto più di un club, l'abbiamo capito. Una famiglia di fenomeni cresciuti insieme. Xavi, Iniesta, Messi, il polo di attrazione calcistica dell'ultimo ventennio. È questa la risposta catalana al Pallone d'Oro Cristiano Ronaldo e ai galacticos di Florentino Perez assemblati per portare a casa la ‘Decima', come chiamano dalle parti di Paseo de la Castellana, la coppa delle grandi orecchie.
Fuoriclasse, eccellenze pallonare, grandi investimenti. Follow the money. Barcellona-Real è anche una questione di soldi (e di debiti). Sono i due club che hanno i maggiori ricavi del mondo ma sono finiti nel mirino dell'Ue per presunti aiuti di stato. Non è solo geopolitica pallonara, il potere centrale contro l'autonomismo catalano, il ‘Clasico' è tenzone dialettica, disfida letteraria. Il barcellonista Manuel Vazquez Montalban contro il madridismo selvaggio e sentimentale di Javier Marias (senza considerare il realismo magico del Garcia Marquez del Bernabeu, Jorge Valdano, bandiera merengue). Calcio e tifo in punta di penna. Guerre di carta, provocazione esibita.
A bilancio ci sono i cori stonati di Eto'o nel 2005 dopo la conquista della Liga (‘Madrid capron, saluda el campeon'), la testa di maiale piovuta dagli spalti del Camp Nou sulla testa del ‘traditore' Figo che aveva lasciato il Barcellona per il Real, Mourinho che grida alla cospirazione dell'Unicef, Mourinho che infila il dito nell'occhio di Tito Vilanova. Mourinho che fatica ad accettare il dominio blaugrana. Niente da fare, si torna sempre lì. All'idea che a Madrid non si abitueranno mai all'idea che Messi giochi col Barcellona.
A proposito, ma che ne sarà della Pulce concupito dal Psg? «Messi non è in vendita - ha ribadito Bartomeu - vogliamo sederci con suo padre e il suo agente, appena ci sarà un po' di tranquillità, faremo in modo che sia il calciatore più pagato». Chissà a quel punto se il tecnico blaugrana ‘Tata' Martino arriccerà il naso come quando Bale fu acquistato dal Real: «100 milioni per il gallese? Una totale mancanza di rispetto». E, invece, i soldi per Neymar?
Ogni pretesto è buono per salire sulle barricate e rinnovare le ostilità. Non sarà mai una sfida normale tra Madrid e Barcellona ma, del resto, è anche giusto così: nessuno sport funziona, in nessun Paese, se non ci sono due rivali fortissimi. E avvezzi a toreare tra accuse, colpi bassi e veleni. Un clima da conflitto permanente che prima Ancelotti («Le dimissioni di Rosell? Rispetto la sua decisione ma devo pensare solo alla mia squadra») e poi Bartomeu hanno provato, invano, a spegnere: ‘Non sono malato di madridite, ho la barcellonite. Non ho l'ossessione dell'avversario e mi occupo solo della mia società'. Viene voglia di credergli. Almeno fino alla prossima polemica, ché tra Real e Barca è sempre un classico, o meglio, il Clasico.

 

 

 

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