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PARIGI A REGOLA D’ARTE – CICCIOLINA COLPISCE ANCORA ALLA FIAC, LA FIERA D’ARTE CONTEMPORANEA OSPITATA AL GRAND PALAIS - AL MUSEO DELL’ ORANGERIE, C’È UNA ROBUSTA RASSEGNA DEDICATA A PAULA REGO, UN CURIOSO CASO DI REINCARNAZIONE DI BALTHUS AL FEMMINILE MA LA DESTINAZIONE PIÙ CHIC È FONDATION LOUIS VUITTON DOVE VIENE SERVITA ADDIRITTURA UNA DOPPIA MOSTRA: EGON SCHIELE E JEAN-MICHEL BASQUIAT…
Antonio Riello per Dagospia
La FIAC è la fiera d’arte Contemporanea internazionale che si tiene a Parigi ogni Ottobre. Quest’anno ha impegnato 173 gallerie. Sono state ospitate dal Grand Palais e la sua suggestiva architettura fa da pedigree nobiliare/culturale ad una manifestazione che, come tutte le fiere, sarebbe di per sé un mero avvenimento commerciale.
La qualità e il prestigio degli espositori sono comunque di altissimo livello: americani tipo Barbara Gladstone e Paula Cooper, francesi come Emanuel Perrotin e l’astro nascente dei mercanti francesi Kamel Mennour, britannici del genere di White Cube. Oltre naturalmente l’immancabile multinazionale di Larry Gagosian. Ci sono anche i cavalli di razza italiani: Massimo De Carlo, la Galleria Continua, Giò Marconi.
E’ certamente una fiera di “lusso”, ma anche piuttosto noiosetta ed estremamente prudente, quasi aspettasse timorosa la nuova recessione internazionale che tutti paventano arrivi nella primavera del 2019. Sembra che la contemporaneità (il presente insomma) sia una cosa o di cui avere timore (o vergogna).
In questo stato d'animo generale c'è stato anche chi ha tolto dalla naftalina delle opere del 1991 di Jeff Koons (quando era felicemente maritato con Cicciolina e condivideva con la Staller anche un sodalizio artistico): "Soft Manet" esposto da David Zwirner Galerie di Zurigo. Solo alcune gallerie italiane sembrano avere un poco di brio e di coraggio. Magazzino, una galleria romana, mostra ad esempio una memorabile installazione di Gianluca Malgeri. Anche Massimo e Francesca Minini, soprattutto con il lavoro di Sheila Hicks, dimostrano di essere piuttosto vivaci. Gli italiani sono sempre stati, si sa, genialmente spericolati (forse anche perché noi siamo ancora focalizzati sull’ ultima recessione, che in Italia non è mai davvero passata…..).
Affari: così-così. Certo niente di speciale. Era andata meglio a Frieze. Del resto la pur tribolata Londra ha comunque una stratificazione di interessi e affari internazionali che comunque qualcosa muove. Parigi sembra avvolta da uno statico incantesimo da Bella Addormentata.
Fiacca nell'insieme la parte esterna (fatta di installazioni e sculture all'aperto) che si estende nella passeggiata del Jardin des Tuileries.
Molti artisti dall’Africa: ottima scelta, sarebbe interessante sapere comunque se la ragione principale verte principalmente su un genuino interesse per la creatività contemporanea africana oppure se le mode culturali e il “politicamente corretto” (o anche il semplice fatto che i lavori, da quelle parti, sono ancora abbastanza economici) hanno invece influito assai. Difficile saperlo.
Uno speciale classicismo, molto francese, permea profondamente l’atmosfera. Sembra che dietro ad ogni angolo ci sia una Musa o almeno una Ninfa in (educato) agguato. Anche quando il tema delle opere è esplicitamente sessuale una certa classe sembra mitigarne l’innata volgarità e/o aggressività. L'asse portante è insomma un diffuso snobismo elitario.
Infine una nota merceologica: tanto, tantissimo, rame: un materiale che nel design e nelle arti sta spopolando. E’ il nuovo oro, costa comunque molto e sembra, forse, meno pacchiano ai palati più raffinati.
Non lontano, al Museo dell’ Orangerie, c’è una robusta rassegna, “The cruel Stories of Paula Rego”, curata da Cècile Debray. Paula Rego è una pittrice figurativa inglese di origine portoghese (in Italia in verità purtroppo non notissima) che potrebbe sembrare, a prima vista, un curioso caso di reincarnazione di Balthus al femminile. In realtà nel mondo anglosassone e’ una riconosciuta e adorata eroina dell'Arte Contemporanea. Una vera icona che racconta con i suoi quadri, pieni di morbosa ambiguità, la solitudine e la discriminazione di cui soffre il genere femminile quando si propone in veste creativa. Fa anche pensare, in certe opere, alle poesie di Emily Dickinson e alle fulminanti crudeltà domestiche che le sono proprie. I suoi lavori all'Orangerie sono abbinati a stampe di Goya, opere di Odilon Redon, Hogart, Ensor e sculture di Ron Mueck (con esiti estremamente intriganti). E’ senza dubbio la mostra più “intensa” che si può vedere a Parigi al momento.
Ma la destinazione più chic in questi giorni è, e rimane, la Fondation Louis Vuitton dove viene servita addirittura una doppia mostra: Egon Schiele e Jean-Michel Basquiat (curata da Suzanne Pagé e Dieter Buchhart). Una coppia accomunata dalla morte precoce (Schiele per l'Influenza Spagnola e Basquiat per overdose), da una manualità artistica assolutamente fuori dell'ordinario e dall' aver avuto entrambi dei maestri d'eccellenza (rispettivamente Gustav Klimt e Andy Warhol). Organizzazione perfetta, mezzi economici mastodontici, contatti ai massimi livelli, buon gusto. Vista dal "bel paese" sembra fantascienza.
Per la parte di Schiele non ci sono moltissimi quadri ma in compenso tanti disegni (in tutto circa un centinaio di opere) e tutti di una assoluta e ipnotica qualità. Il suo è uno stile nervoso, tormentato e unico che è diventato un vero e proprio "standard" delle Arti Visive.
Basquiat ha pure la quantità dalla sua. Un numero incredibile e impressionante di opere, molte delle quali provengono da collezioni private, per lo più americane, e quindi mai esposte al pubblico, almeno in Europa. Il suo omaggio a Charlie Parker, un gigantesco e sbilenco quadro che ricorda un disco in vinile potrebbe, anche da solo, bastare. C'è ancora in giro chi dice che non sapeva dipingere bene ma, con certezza, è solo invidia.
basquiat c
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basquiat e
ron mueck (pinocchio) con dipinto di paula rego
riello
ANTONIO RIELLO
paula rego c
paula rego b
paula rego a
claudio malgeri
basquiat omaggio a c.parker
basquiat d
basquiat a