QUESTI CI FANNO UN AMAZZONIA COSÌ! - PER VINCERE L’ORO NEL TIRO CON L’ARCO, IL BRASILE CERCA ARCIERI FRA GLI INDIOS DELL’AMAZZONIA (COLPISCONO UN PAPPAGALLO DA 100 METRI)

Paolo Manzo per "la Stampa"

Faccia attenzione il nostro Marco Galiazzo, il campione di Atene 2004 e di Londra 2012 di tiro con l'arco, perché nel Villaggio Olimpico di Manaus, in Brasile, c'è un gruppo numeroso di giovani arcieri che si stanno allenando dalla mattina alla sera per vincere la medaglia d'oro ai Giochi di Rio.

Piccolo particolare. Al posto del cappellino da gita che usa il nostro Marco, loro, in testa, almeno sino a poco tempo fa, portavano piume e vivevano in villaggi sperduti dell'Amazzonia. Gli atleti in questione sono giovani e motivatissimi indios che con arco e frecce ci sanno fare.

L'iniziativa senza precedenti è stata presa dalla Federazione verde-oro di tiro con l'arco di concerto con la Fas, acronimo che sta per Fondazione Amazzonia Sostenibile. I due enti hanno battuto palmo a palmo tutti i villaggi della regione amazzonica con l'obiettivo di scovare tra le tribù i migliori «occhi di lince». Ne hanno preselezionati ottanta di numerose etnie e da questi usciranno i tre che nel 2016 rappresenteranno il Brasile ai Giochi. Tutti hanno un'età compresa tra i 14 e i 19 anni e hanno lasciato le loro comunità per allenarsi a Manaus, la capitale dello stato dell'Amazonas.

«Possono uccidere un guacamayo (grosso pappagallo tipico della regione, ndr) a 100 metri di distanza» spiegano i promotori del progetto, «la nostra sfida è miscelare la loro esperienza tradizionale con le tecnologie più all'avanguardia dello sport olimpico». Con i Giochi alle porte, insomma, il Brasile ha deciso di valorizzare gli indios, in passato sfruttati troppo spesso e, ancora oggi, scontenti della loro condizione, come dimostrano le proteste che i popoli tradizionali verde-oro continuano a fare per difendere i loro diritti. «Se i Giochi servono per far scoprire ai brasiliani che esistiamo, ben vengano», dice il papà di uno dei ragazzi selezionati.

«Spero di essere uno dei tre atleti che rappresenterà il mio Paese alle Olimpiadi», gli fa eco il 16enne Jardel Cruz, uno dei talenti che si allena nella capitale dell'Amazzonia. «Mi piacerebbe moltissimo conquistare una medaglia. Non solo per me ma per tutta la mia comunità», aggiunge.

In effetti Jardel è uno dei migliori, forse il migliore tra gli ottanta giovani indios, il suo primo regalo da bambino è stato proprio un arco con delle frecce e, a detta degli allenatori, ha molte possibilità di essere scelto per sfidare il nostro Galiazzo. Le tribù amazzoniche sono felici della scelta fatta dalla Federazione brasiliana di tiro con l'arco e dalla Fas. Per loro, intervistati anche dalla principale televisione del Paese, la «Globo», questo progetto è un passo molto importante.

«Prima si dimenticavano di noi popoli aborigeni, oggi invece ci osservano meglio, da più vicino, e valorizzano ciò che possiamo offrire», spiega il papà di Jardel. Marcia Lot, una specialista di tiro con l'arco e socia della Fas, svela che questa iniziativa «è iniziata a febbraio di quest'anno» e che i giovani indios scelti hanno mostrato di possedere la «sapienza della tradizione».

Dagli ottanta atleti iniziali c'è stata già una prima scrematura e «grazie alle loro capacità innate», spiegano i tecnici che li seguono, «siamo riusciti a progredire sul piano tecnico e, soprattutto, si stanno evidenziando i talenti». Talenti indigeni doc che, dal prossimo anno, saranno selezionati anche per un'altra disciplina olimpica, il kayak. Daniele Molmenti è avvisato.

 

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