LUCHINO MAI! PUR DI BLOCCARE LA NOMINA DI MONTEZEMOLO A PRESIDENTE DI “F1 GROUP”, PARE CHE MARCHIONNE SIA ARRIVATO A MINACCIARE BERNIE ECCLESTONE DI BOICOTTARE LA NOMINA DELL’AD DI “F1 GROUP” CON IL POTERE DI VETO
Marco Mensurati per “la Repubblica”
Il blitz si consuma in poche ore, giovedì mattina. Sergio Marchionne è a Ginevra e sta partecipando a un incontro dello “strategic group” della Formula 1. La riunione è di quelle importanti perché la Ferrari sa benissimo che se i motori restano quelli previsti dal regolamento, anche il prossimo anno non toccherà palla; deve dunque ottenere dalla Mercedes l’ok ad allentare i regolamenti.
A metà dell’incontro – che, per inciso, sta andando male – Marchionne riceve una telefonata, risponde, dice qualcosa, ascolta. La notizia è, per lui, tremenda. Luca Montezemolo, la sua ossessione, l’uomo che da due mesi a questa parte sta disperatamente cercando di cancellare dal dna della Ferrari, ottenendo per altro il risultato opposto, sta per essere nominato presidente della F1 Group, la società della Cvc che possiede i diritti della Formula 1. Insomma, sta per tornare al potere, e in una posizione di vertice.
MONTEZEMOLO E MARCHIONNE ALLA FERRARI
Marchionne esce dalla stanza e comincia a lavorare per fermare tutto. Secondo qualcuno arriva persino a minacciare Bernie Ecclestone di boicottare, quando sarà il momento, la nomina del nuovo ad della Formula 1 Group, usando il famigerato diritto di veto, che non può essere speso direttamente per bloccare la nomina di presidente.
Una mossa durissima e anche un po’ grottesca dal punto di vista estetico, se si pensa che quel diritto di veto è stato conquistato per conto della Ferrari proprio da Montezemolo. Fatto sta che la minaccia pare funzionare. Montezemolo viene nominato “solo” consigliere d’amministrazione, in un ruolo non esecutivo.
MONTEZEMOLO E MARCHIONNE ALLA FERRARI
L’allarme rientra. Sul campo di battaglia, però, restano parecchi feriti. Il primo dei quali è proprio Marchionne. Il nuovo presidente della Ferrari è uscito allo scoperto in maniera quasi imbarazzante, bloccando la nomina di un italiano in un ruolo chiave del sistema, e facendo dunque il gioco degli inglesi, o meglio, di Bernie Ecclestone e cioè la principale controparte, che sulle divisioni del paddock ha costruito la propria fortuna.
Insomma: si è scomposto, mostrando agli avversari (Ecclestone e la Mercedes, non Montezemolo) almeno un paio di punti deboli. Secondo molte fonti anglosassoni, inoltre, la partita per la presidenza è tutt’altro che conclusa. E anzi, nonostante lo stop, l’ex n.1 della Ferrari, per via della sua lunga esperienza e delle sue relazioni internazionali, è ancora assolutamente in corsa.
La Formula 1 è un habitat molto particolare, nel quale la lotta per la sopravvivenza richiede molte energie, sprecarne di ingenti per un regolamento di conti interno è stata una scelta discutibile, forse poteva bastare la damnatio memoriae di questi ultimi mesi, con tanto di defenestramenti sulla via Emilia e rimozioni iconografiche da musei e uffici. E forse non è un caso che l’esito finale dell’incontro di Ginevra, nonostante la Ferrari l’abbia venduto come un successo, sia stato in realtà un fallimento: la Mercedes non ha ceduto di un millimetro, limitandosi a concedere un po’ di tempo ai rivali ma rimanendo immobile su tutto il resto.
Ieri, commentando l’esito di quell’incontro e la notizia dell’ultimo arrivo in casa Ferrari, il pilota ex Toro Rosso Jules Vergne, che andrà ad affollare la mensa di Maranello dove già pascolano Vettel, Raikkonen, Gutierrez, Genè, Marciello e Rigon, una vecchia volpe del Circus se la rideva: «Ma quel Marchionne lì l’ha capito che in Formula 1 non si gioca in undici?».