ROMA SCIOCCA E SCEICCO COI BUFFI: PAGA O NON PAGA?

Rosario Dimito per "Il Messaggero"

Lo sceicco di Perugia prova a difendersi. «Non sono in difficoltà economica», fa sapere. E in una mail a una radio romana, esibisce un'attestazione di Eurisc, il sistema di informazione gestito da Crif, da cui risulta l'apertura di una carta di credito presso Banca Mediolanum, avvenuta il 29 agosto 2002, con un limite di utilizzo massimo di 1.300 euro.

Ma questo attestato della Crif, che è un database privato al quale non aderiscono tutte le banche italiane, prova solo l'esistenza del rapporto di credito di Adnan Adel Arel Qaddumi con l'istituto milanese ancora in piedi. Non dimostra, invece, l'esistenza ancora oggi di una sofferenza, cioè di un debito non pagato con qualche altra banca italiana, evidenziato dalla Centrali rischi di Bankitalia, che è un altro database al quale, però, fanno capo tutti gli istituti.

LA SOFFERENZA
Da queste carte riservate, risulta che alla voce sofferenza è scritto 4, a cui vanno aggiunti tre zeri. Questo debito, secondo quanto ricostruito dal Messaggero, è nei confronti della Popolare di Spoleto, istituto umbro commissariato il 12 febbraio scorso da Bankitalia a causa di irregolarità gestionali, tra cui una gestione dissennata degli affidamenti.

«Tutti quelli che hanno lavorato con me e per me, tra cui anche il governo Usa, non possono che parlare bene della mia persona», ha fatto sapere Qaddumi. «In questo momento ho bisogno di tranquillità e articoli come quello di oggi (ieri, ndr) mi fanno solo male».

Ma la ricostruzione del Messaggero, si basa su prove certe e inconfutabili. Come appunto il debito non pagato di 4 mila euro, certificato dal database di Bankitalia e la documentazione in possesso dei vari banchieri che finora hanno incrociato la strada di Qaddumi. Che, per inciso, come annunciato da James Pallotta, entro domani dovrebbe fare il versamento di 50 milioni nel capitale della As Roma SVP LLC, la newco americana che possiede il 60% di Neep holding, azionista al 78% della squadra giallorossa

L'altro 40% di Neep è di Unicredit che in questa saga dello sceicco di Perugia è semplice spettatore, non essendo coinvolto nelle trattative con Pallotta. Anche se, avendolo anagrafato, cioè i suoi dati sono annotati nel cervello elettronico interno sin dalla fine del 2010 quando si fece avanti per acquistare il club, hanno ben presente la sfera dei suoi interessi patrimoniali.

I SOCI DELL'ARABO
Nel capitale di Amyga oil & gas holding srl, l'unica società attiva, con sede a Roma, il 77% è posseduto da Adnan Qaddumi, il 10% dal figlio carabiniere Adel, il 10% dalla figlia Yasmin (impiegata presso la stessa società), il 3% è ripartito in quote uguali (1%) intestate a Italia produzione energia srl di Roma, Global service international srl Roma e a Francesco Grimaldi di Nola (Caserta). Di Technofin, un'altra società da lui presieduta, con un capitale di 10 mila euro di cui solo 3 versati, ma inattiva, l'uomo d'affari detiene il 50%.
Comunque sia mancano poche ore al momento della verità, cioè domani.

Nel frattempo l'ad Italo Zanzi e il dg Franco Baldini sono ad Austin per consultarsi con Pallotta sul da farsi. Anche perchè la situazione patrimoniale della Roma è precaria, con un patrimonio netto negativo di 78 milioni, dopo la semestrale a fine dicembre. Questa spia tiene in allerta Unicredit che continua ad essere sempre più dubbioso sull'arrivo di Qaddumi. Finora americani e banca hanno sostenuto il club con 65 milioni di finanziamento-soci che andranno a coprire quasi tutti gli 80 milioni di aumento di capitale. Ne mancano 15, ma non bastano. Per questo, a breve i due soci dovranno sedersi attorno a un tavolo per discutere del futuro: la banca però chiederà garanzie precise a Pallotta.

 

2- QUANTE BUGIE SUL MIO NOME MA VEDRETE, PRENDERÃ’ LA ROMA

Matteo Pinci per "La Repubblica"

Appuntamento al bar di un Autogrill alle porte di Roma, sulla strada di ritorno verso l'Umbria. Per un caffè: «Pago io, vede che i caffè li offro?». Adnan Adel Aref Qaddumi Al Shtewi (nome poi ridotto nei documenti italiani), lo sceicco che vuole la Roma, compare vestito da un cappotto blu, occhiali da sole firmati, sciarpa di ottima fattura. Fin troppo facile parlare dell'affare per il club giallorosso: «Non capisco perché sono così attaccato, a chi dà fastidio quello che sto facendo?».

Chiudere la partita per poter cancellare gli attacchi - lui li vive così - sulla sua credibilità d'investitore. Vuole farlo entro domani per rispettare la scadenza fissata. Avrebbe già preparato i documenti per un Ordine Irreversibile di Pagamento subordinato alla firma sui contratti per acquistare la metà di As Roma Spv llc, che controlla il 60 per cento della Roma. Contatti continui con la proprietà Usa a Boston, da dove domani
dovrebbe arrivare un inviato per capire se esista davvero la possibilità di chiudere. O se continuare a cercare soci con cui sottoscrivere l'aumento di capitale che dovrà garantire la copertura di una situazione debitoria non certo leggera per il club.

In fondo il presidente Pallotta non ne ha mai fatto mistero: servirà una ricapitalizzazione di 80 milioni, forse anche qualcosa in più. Colpa anche di un indebitamento monster (oltre 90 milioni) con Unicredit, socio al 40 per cento degli americani e osservatore decisamente
scettico della trattativa con Qaddumi.

Colpa, chissà, anche delle foto alla sua casa fuori Perugia: «Dicono sia due camere e cucina - sbuffa lo "sceicco" - ma se è una casa su due piani, come si fa a scriverlo? E poi non abito più lì da un po'. Ho letto che mio fratello vende collanine: la verità è che ha una parte importante del bazar più grande di Nablus. E la mia casa in Cisgiordania è una reggia di quattro piani, costruita in pietra: perché non andate a scattare le foto a quella?».

Persino la figura di Michele Padovano, per qualcuno inquietante, con cui si è presentato all'Olimpico: «Ci siamo conosciuti in vacanza, a Orbetello. Mi aveva detto di avere problemi giudiziari, quali l'ho scoperto solo più tardi, anche se spero li risolva. Comunque non entrerà mai nella Roma». Perché lui la Roma vuole prenderla davvero: «Sì, credo di riuscirci, sto lavorando molto, ma della situazione non parlo, è delicatissima ». Indiscrezioni assicurano abbia un patrimonio di quasi due miliardi di dollari: «Più o meno, ma che importanza ha? E poi, fidatevi di Pallotta».

La sua credibilità in Italia scricchiola, ma più di tutto l'ha urtato la vicenda del Don Orione di Bergamo (casa di riposo al centro di una trattativa che lo sceicco comunque nega) e le accuse di aver millantato parentele con i reali dell'Arabia Saudita: «Una cosa vergognosa, sono stato in quella struttura solo per motivi personali accompagnato da un amico. Adesso ho sporto querela, ho anche testimonianze scritte del motivo per cui ero lì: quelle bugie mi hanno creato problemi anche con il mio lavoro in Medio Oriente».

Quali? «Abbiamo chiuso un contratto per la costruzione di una new city, Assir, con l'Hitech International Group/Aramco per costruire una città industriale. Un affare importantissimo, e quella storia ha rischiato di minare i miei rapporti». Che, mostrando il telefono, assicura di livello altissimo: «Avete scherzato sulle mie origini, ma conosco bene i reali sauditi, e quelli di Giordania». Degni di uno sceicco, in attesa di capire se a parole o anche nei fatti.

 

QADDUMIPALLOTTA article er capitano FRANCESCO TOTTI foto mezzelani gmt PAOLO FIORENTINOlo sceicco e padovano foto mezzelani gmt BALDINI

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