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TUTTE LE STRADE PORTANO A FROOME  - SULL’IZOARD IL BRITANNICO SI LIBERA DI ARU, ORA HA IL TOUR IN PUGNO – MURA: "NON SAREBBE STATO PRIMO CON UNA SQUADRA PIÙ DEBOLE" - IL SARDO, FRENATO DALLA BRONCHITE, SCIVOLA AL 5° POSTO E CI RIPROVERA’ L’ANNO PROSSIMO (QUANDO AVRA’ 28 ANNI, LA STESSA ETA’ IN CUI PANTANI VINSE IL TOUR…) – VIDEO

 

Gianni Mura per la Repubblica

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AL tramonto la Casse Déserte è meno arcigna e inquietante. Pinnacoli e ghiaioni passano dal grigio sporco al rosa, al violetto. Tornano solitudine e silenzio. Grande e da applausi il vincitore, Warren Barguil, spettacolari gli ultimi 12 km. Il resto, una recita abbastanza noiosa.

 

Per la prima volta il Tour faceva tappa in cima all' Izoard. La tappa sarà ricordata, se è lecito un paragone calcistico, come Italia-Germania 4-3 al mondiale del '70 in Messico. Tutto nei supplementari, il resto da dimenticare in fretta. Era l' ultima occasione per attaccare Froome. I napoleoncini delle ammiraglie, quasi avessero copiato il compito del vicino, hanno deciso che sarebbe andata in fuga una sostanziosa fetta di gruppo.

 

 E ci vanno 4 Astana, 2 AG2R, 3 Bmc (con De Marchi), 5 Uae (con Ulissi e Marcato), 5 Dimension Data, 2 Quick Step (con Brambilla) 4 Katusha, 4 Lotto Soudal, 4 Cofidis, 5 Direct Energie, 3 Cannondale, 5 Bahrain (con Colbrelli), 3 Wanty, 5 Fortuneo, 2 Movistar e un Trek. Ragionamento dei napoleoncini d' alta classifica: quando attaccheranno i capitani troveranno già davanti dei punti d' appoggio. Ragionamento dei napoleoncini di media e bassa classifica: magari i capitani aspettano a muoversi e si può sperare in una prestigiosa vittoria di tappa. Ovviamente, tutti quelli della Sky fanno quadrato intorno a Froome. Un bel catenaccione: davanti si suda e dietro si fa passare il tempo, fino a 9'.

 

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Ora che i napoleoncini hanno impacchettato la corsa, si ammira il paesaggio. E si aspettano gli ultimi km dell' Izoard, che qualcuno definì "un modo sicuro per capire la differenza tra terribile e terrificante. Ai piedi del Vars c' è Barcelonette, dove potete trovare un mole poblano come a Puebla e, nella settimana di Ferragosto, mariachis a tutti gli angoli. Molti abitanti di questa zona, specializzata nel tessile, a metà dell' Ottocento erano andati a piazzare i prodotti in Louisiana e di lì in Messico.

 

Quelli che in Messico avevano fatto i soldi, tornati a casa fecero costruire lussuose ville in stile messicano, che nella valle dell' Ubaye stridono un po', ma il cielito è lindo. C' è un progetto italo-francese, VéloViso, finanziato da fondi europei che mira al rilancio, attraverso il cicloturismo, delle valli Varaita, Maira, Infernotto, Grana, Stura unite a quelle del Queyras, del Guillestrois, dell' Ubaye, dell' Embrunais. Circuito del Monviso ma anche Agnello, Lombarda, e ovviamente Izoard e Galibier.

ARU FROOMEARU FROOME

 

In totale, 102 comuni coinvolti. Non lo segnalo per allungare il brodo ma perché sono convinto che il Tour non sia solo la corsa. O quel che vogliono farci credere sia una corsa emozionante, giorno dopo giorno.

 

Ieri, davanti son restati in 22, poi in 8, poi uno solo: Lutsenko, dell' Astana. Punto d' appoggio per Aru, direte. No, perché Aru ha la bronchite e non sta certo meglio del giorno prima. Può darsi che Vinokourov, considerando Aru un separato in casa, abbia puntato sulla vittoria di Lutsenko, ma non gli ha detto bene. Lutsenko si prosciuga nel sole, lo raggiungono Atapuma, Navarro e Gallopin. Mancano 11 km alla vetta: Aru e il quasi anagramma, Uran, non hanno più compagni. E Uran non ha nemmeno la bronchite. Ne mancano 6: davanti Atapuma da solo, da dietro partono Barguil e Contador. La sorte di Aru è segnata: tre volte si stacca, tre volte si riaggancia con una fatica pazzesca, più si sale e l' aria è rarefatta più boccheggia.

froome landafroome landa

 

Il temperamento c' è, le gambe non ci sono, inutile fare domande. E il podio è andato. Barguil, in un crescendo impressionante, stacca Contador, recupera quelli che restano della maxifuga, l' ultimo a cedere è Atapuma, raggiunto e staccato ai 1.500 metri. Mentre Barguil sale tra gli applausi (anche quelli della Casse Déserte, in sottofondo) alle sue spalle restano Froome con l' appoggio di Landa, Uran e Bardet. Due scattini poco incisivi di Bardet, ai 2 km, Froome li annulla e attacca a sua volta con la caratteristica pedalata frullante, ed è Uran a tappare il buco, poi volata per l' abbuono del terzo posto (4"). La vince Bardet, con Uran staccato di 2", e per ora il secondo posto è suo. Per un giorno, sempre che non s' inventi qualcosa. Ma non sarà facile.

 

Per Froome, missione quasi compiuta. Non ha ancora vinto una tappa, ieri ci ha provato e non ci è riuscito. Non si può dire che l' abbia dominato. Lo vincerà, ma con una squadra più debole non l' avrebbe vinto. È una sottolineatura inutile, ma andava fatta per sottolineare che non più il Froome-Vroome degli anni scorsi.

 

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Non è inutile dare un' occhiata da vicino a Warren Barguil, 26. Devono essere bravi, alla Sunweb . Vincono il giro con un cronoman, Dumoulin. Qui vincono due tappe con Bling Matthews, il velocista che digerisce le salite, e due col suo compagno di camera, lo scalatore che fa le volate. Portano a casa le due maglie più importanti, dopo quella gialla. Ha fatto più bene a lui che a Bardet la carezza presidenziale. I compagni lo chiamano Wawà.

 

BARGUILBARGUIL

È bretone come Hinault, è cresciuto nell' adorazione di Hinault e qualcosa da Hinault ha preso: il coraggio. Sono molto diversi, Wawà è un longilineo di 1.83 per 60 kg e a cronometro è scarso, per il resto si difende bene. Lo ricordo all' attacco nel 2014 sul pavé, il giorno in cui cad- de Froome. Era passato pro con le credenziali migliori: vincitore del Tour de l' Avenir 2012, due tappe alla Vuelta nel 2013. Mentre crescevano le quotazioni di Pinot (ora bassissime) e di Bardet (ottime) calavano le sue, anche per una serie d' incidenti.

 

L' ultimo a fine aprile in Romandia: frattura pelvica. Il riposo forzato gli ha consentito di essere freschissimo al Tour. Sul traguardo ha indicato il cielo con le dita.

 

FROOME BARDETFROOME BARDET

«Per mio nonno, è lui che mi ha cresciuto. È morto cinque anni fa ma mi piace ricordarlo, fargli sapere che non l' ho dimenticato».

 

Da ragazzo Barguil sognava di vendere automobili. La sveglia, nella sua casa in Morbihan, suonava presto: alle tre per il padre Denis, camionista, alle 6 per la madre Betty che scaricava casse di verdura in un supermercato. Da sei anni ha messo su casa con Gabrielle, impiegata in banca. Ha carattere, il ragazzo con la vocina da chierichetto. L' avevano messo ad allenarsi a sud, nel Var, ma pativa la lontananza dalla Bretagna e tornò a casa. «Io non ho la mentalità di Froome e di altri ciclisti.

 

Posso allenarmi bene anche sulle strade di casa, mangiare pollo arrosto e patate la domenica, in famiglia, veder crescere il mio nipotino. Dovessi immaginarmi a gambe incrociate in un buen retiro sulla Sierra Nevada o a Tenerife, mi sentirei un coglione».

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