“SAREI VOLUTA DIVENTARE ARCHITETTO, MA ORA LA MUAY THAI È TUTTO PER ME” – SVEVA MELILLO, LA NUOVA CAMPIONESSA ITALIANA DI MUAY THAI, L’ARTE MARZIALE THAILANDESE DOVE VALGONO PUGNI, CALCI, GOMITATE E GINOCCHIATE – CLASSE 1994 DI ACILIA, LA MELILLO, ANCHE NOTA COME "CHULAMANEE", VANTA UNA SERIE DI TITOLI INTERNAZIONALI – LA PASSIONE TRAMANDATA DAL PADRE, LA PAURA DELLA MADRE E LE PAROLE SULL’OMICIDIO DI WILLY...
Marco Pasqua per “il Messaggero”
Difficile spiegare perché una ragazzina di 13 anni scelga, contro ogni luogo comune, di avvicinarsi alla cosiddetta arte delle otto armi, quella boxe thailandese dove valgono pugni, calci, gomitate e ginocchiate. Quel che è certo, è che Sveva Melillo ne aveva provate molte, prima di salire su un ring: la ginnastica artistica, l'equitazione e la più classica danza. Ma l'amore vero è nato in una palestra di Trastevere, dove ha incontrato la Muay Thai.
E oggi, 13 anni dopo, può vantare una serie di titoli internazionali e, dallo scorso weekend, anche quello di campionessa italiana Prima serie Federkombat, 54 chili. «La passione per questo sport è nata grazie a mio padre racconta, dopo aver sconfitto Cristina Giavara, agli Assoluti, all'interno dell'evento organizzato da Gianluca Colonnese Praticava Muay Thai e un giorno mi suggerì di fare una lezione di prova».
LE PAURE DELLA MAMMA
Da allora non ha più smesso. Nata e cresciuta ad Acilia, la Melillo, classe 1994, è riuscita a convincere anche la mamma: «Aveva molta paura, non riusciva a vedermi combattere. Le faceva impressione. Ma poi ha capito che ero felice». Il suo nome, sul ring, è Chulamanee: «Me lo diede una donna thai. Chula è un richiamo al più grande re che la Thailandia abbia mai avuto, mentre Manee vuol dire luminoso, di valore' come i diamanti».
Una disciplina non per tutti, che consente ai due avversari di usare otto parti del corpo (da qui la scienza degli otto arti), rispetto ai due del pugilato o ai quattro della kickboxing. «Ma con le altre discipline di combattimento abbiamo una cosa fondamentale in comune racconta la Melillo, che è allenata dai maestri Daniele Marinetti e Stefano Di Pietro ovvero il rispetto per l'avversario. E' una cosa sacra e chi non lo capisce, non dovrebbe mai salire su un ring».
Tra le sue fan, oltre ai compagni delle superiori del liceo artistico al Torrino che ha frequentato, prima di trasferirsi a Viterbo, c'è anche la zia, Angela Melillo, reduce dall'Isola dei Famosi: «Lei proviene dalla danza classica e sa quanto mi impegni ogni giorno per riuscire in questo sport. Ha paura che mi possa far male, come mia madre, però quando può viene ad incoraggiarmi agli incontri».
Violenza e disciplina ma solo in contesti appropriati e adeguati, senza colpi di testa: «Anche io sono rimasta sconvolta da quanto accaduto a Willy Monteiro - riflette - ma quello non c'entra nulla con le arti marziali. Chi si macchia di quelle azioni, non è uno sportivo e va isolato, oltre che punito». Cinque ore di allenamento al giorno, poche uscite serali (quasi nessuna, prima di un torneo), e una vita di sacrifici: «Questo per me è un lavoro. Confesso che sarei voluta diventare architetto, ma ora la Muay Thai è tutto per me».
L'AMORE SUL RING
Per l'amore ha poco, pochissimo tempo. Così poco, che alla fine le poche storie che vive, vedono protagonisti che, come lei, sono appassionati di boxe thailandese: «Non siamo fidanzati, ma ci frequentiamo. E' un ragazzo che viene nelle mia palestra».
Agli adolescenti che si avvicinano alla sua palestra a Viterbo rivolge sempre la stessa domanda: «Dopo il primo allenamento, chiedo loro se si siano divertiti. E' fondamentale. Poi, ovviamente, facciamo molta attenzione a isolare chi non ha la testa per combattere, perché se non sei pronto a rispettare il tuo maestro e la sua scuola, in tutto e per tutto, allora devi cambiare sport».
A dicembre, tornerà in Thailandia per un camp, ma nei prossimi mesi potrebbe già combattere per un altro titolo, che si andrebbe ad aggiungere, per citarne alcuni, a quello mondiale Wbc vinto a Parigi nel 2015 o a quello Iska vinto in Germania nel 2018. «Combattere a Roma, però, è speciale dice E' la mia città e ogni vittoria, qui, ha un altro sapore».
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