“TORNARE IN CAMPO? CHISSÀ, ALLA FINE LA PAZZIA POTREI ANCHE FARLA” – FRANCESCO TOTTI A 48 ANNI NON SI RASSEGNA ALL’IDEA DI ESSERE STATO COSTRETTO A SMETTERE: “UN NUOVO 10 IN SERIE A? NON C'È, MA POTREBBE TORNARE. IN DUE MESI SAREI PRONTO” – POI RIVELA DI AVER RICEVUTO UNA PROPOSTA DA UNA SQUADRA DI SERIE A (IL COMO?), AGGIUNGENDO PERÒ DI AVER LASCIATO PERDERE PERCHÉ NON SI TRATTAVA DELLA ROMA – ZAZZARONI: “PENSO ALL’EFFETTO BENEFICO CHE AVREBBE IL RITORNO DEL CAPITANO SU SOCIETÀ, TIFOSERIA E SQUADRA"
Pietro Guadagno e Chiara Zucchelli per il Corriere dello Sport
Per i più giovani: quando Francesco Totti giocava era bravo a provocare con la bocca quasi quanto con i piedi. Nel 2003 si lasciò sfuggire che, visto che ormai lo scudetto lo aveva vinto, avrebbe cambiato sport e si sarebbe dato al tennis.
Qualche anno dopo ammise che Ilary Blasi era più che favorevole a trasferirsi all'estero: «E, si sa, le donne hanno sempre ragione». Apriti cielo: tutti i giornali scrissero che Francesco era pronto a lasciare la Roma. Sono passati quasi vent'anni, Totti non gioca più da sette, ma l'eco mediatica delle sue parole è sempre fortissima.
Non a caso da giorni si parla di un suo clamoroso ritorno in campo e ieri lui a un evento Betsson ci ha messo il carico. In pieno stile Totti: provocando, alludendo, ammettendo, confermando. «Certo che scherzo, ma chissà, alla fine la pazzia potrei anche farla».
totti corriere dello sport documentario
Ma cosa intendeva davvero lo storico capitano della Roma? Da dove nasce tutta questa risonanza mediatica che ieri ha portato tv arabe e americane a chiamare il suo entourage? Non solo loro: le ricerche su "Totti torna in campo" sono aumentate del 110% e sul web il suo nome era 8 (8!) volte più cercato rispetto a quello della Roma. Paradossalmente: è stato l'ennesimo favore che Francesco ha fatto all'amore della sua vita, distogliendo per un po' l'attenzione dal pessimo inizio di stagione giallorosso.
Totti: "In due mesi sarei pronto"
Ma era solo una provocazione, la sua? No. Francesco la scorsa stagione è stato cercato da due club stranieri e uno italiano, in questa da una società italiana che avrebbe voluto riempirlo di soldi per metterlo in campo anche solo 10' a partita. E lui? Ha risposto: «No, grazie». Perché c'è il rispetto per se stesso, e del fenomeno che è stato, e c'è il rispetto di quell'unica maglia che ha sempre indossato. Però...
«Nella vita mai dire mai. Ci sono già stati dei giocatori in passato che erano tornati a giocare dopo alcuni anni. Per la Serie A dovrei allenarmi bene bene. Mi hanno cercato alcune squadre (una del Centro Italia e una del Nord, ndr). È successo un mese fa e mi hanno fatto venire un po’ di pazzia, un po’ di pensieri. Mi son detto: perché dopo tantissimi anni ancora me lo chiedono? In 2 mesi sarei pronto».
Già, perché? Perché il talento di Francesco manca in Serie A e lui lo sa bene, così come sa bene - è il primo a riconoscerlo, al netto delle stupide ironie di qualche leone da tastiera - che smettere quando non ti senti pronto, e ti obbligano, ti lascia un trauma difficile da superare. «La Lazio non l'avrei neppure presa in considerazione. Si fa per scherzare: 2-3 mesi e sarei pronto. Magari vado in qualche spogliatoio, porto i cinesini (i conetti, ndr) e gioco 20'. Forse anche per come ho smesso mi è rimasto dentro qualcosa, come se non riuscissi a chiudere del tutto questa finestra. Un nuovo 10 in Serie A? Non c'è, ma potrebbe tornare».
Totti e la sua Roma
Ride, Totti, troppo esperto per non sapere che le sue parole avranno un effetto clamoroso in mezzo mondo. È più serio, invece, quando parla della Roma: «Spero si possa voltare pagina il prima possibile. Inter, Juve e Napoli sono più forti, con le altre ce la possiamo giocare fino alla fine, le potenzialità ci sono». Quello che manca è un uomo in società che possa metterci la faccia, dentro e fuori Trigoria: «Le responsabilità ci sarebbero, ma noi ex calciatori che veniamo visti come ingombranti in realtà possiamo aiutare tanto, essere in secondo piano e fare gli interessi della società».
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FAR PACE CON LA FANTASIA
Ivan Zazzaroni per il Corriere dello Sport
L’unica differenza tra la fantasia e la realtà è che la fantasia deve avere un senso. È di Tom Clancy, l’autore di Codice d’onore, Caccia a Ottobre Rosso, Sfida totale e molto altro.
Il sogno di Francesco Totti, generosissimo distributore di fantasia, un senso ce l’ha eccome: tornare al grande calcio addirittura a 48 anni per restituire istanti di genialità a un campionato sempre più povero di “irregolari”.
Sembrava una battuta regalata al docufilm “Eroici!” sui cento anni del nostro giornale («con quello che c’è in giro adesso potrei giocare anche a 47 anni», i 48 li ha compiuti pochi giorni dopo la registrazione) e invece conteneva elementi concreti: di speranza, più che di provocazione.
Ed è da lì che sono partito.
totti de rossi festa reduci mondiale 2006
Nei giorni scorsi, durante uno scambio di messaggi, è stato proprio Francesco a rivelarmi di aver ricevuto una proposta da una squadra di Serie A, aggiungendo però di aver lasciato perdere perché non si trattava della Roma: il campione che ha legato la carriera a una sola squadra, per la quale - in tempi diversi - ha rifiutato le megaofferte di Real Madrid, Milan, Juve e Inter, non può certo vedersi con addosso altri colori. Nemmeno nella seconda vita.
Sabato, insieme a Fabio Caressa nel nostro programma su Radio Deejay, l’abbiamo rilanciata, scatenando un putiferio: segno che avevamo fatto centro.
La squadra mossasi per Francesco non è - come ricordato - la Roma che da tempo fa di tutto per tenersi a distanza di sicurezza dalla figura più importante e amata della sua storia. Una spiegazione? Mai fornita. Totti troppo ingombrante? Non posso nemmeno immaginare che sia solo questo il motivo.
Penso infatti all’effetto benefico, quasi terapeutico, che avrebbe il ritorno del capitano su società, tifoseria e squadra - dentro o fuori dal campo -, per non parlare dell’enorme recupero d’immagine.
Siamo ben oltre la damnatio memoriae, la condanna della memoria. Eppure i Friedkin - riportandolo a casa - farebbero pace tanto con la storia quanto con la città: non dimentichiamo che fu l’altra gestione americana, i Pallottas, a decretare la “morte sportiva” di Francesco. E di nuove emozioni.