VADE RETRO CAZZO! - NELL’ARTE SI STA PASSANDO DALL’INVIDIA DEL PENE AL TOTALITARISMO DELLA VAGINA. LA PRIMAVERA AMERICANA E’ INONDATA DI MOSTRE “GENDER” AL FEMMINILE ORGANIZZATE DA FEMMINISTE INCAZZATE. E DIVISE
DAGOREPORT
Il “New York Times” ha dedicato la copertina di uno degli ultimi suoi supplementi alle mostre femministe che stanno “inondando” (a surge of women-only shows) la primavera americana. Titolo: “Through the Prism of Gender”.
Dopo l’età in cui le Guerrilla Girls si aggiravano tra i Giardini della Biennale travestite da scimmioni, nell’arte dell’età della politically-correctness si sta passando dall’invidia del pene al totalitarismo della vagina. Anche se non tutte le femministe sono d’accordo su questa svolta gender, perché realizzare mostre solo al femminile le collocherebbe nuovamente “in uno stato di diversità di genere”.
Così la pensa Georgia O’Keeffe, una che si è dipinta nuda al posto di Cristo in una delle tante copie dell’Ultima Cena di Leonardo e che si è rifiutata di prestare sue opere per l’esposizione “Women Artist: 1550 to 1950” “pivotal exhibition” della primavera di Los Angeles. Stessa solfa anche per Barbara Kruger, che si è rifiutata di partecipare a tutte le esposizioni che “ricacciano le donne in uno stato di marginalità. Queste mostre sono una forma attraverso la quale gli uomini intendono coltivare un nuovo mercato”. Insomma: se ci sono uomini in mostra non va bene, ma se ci sono donne nemmeno. Niente loro opere, dunque, nemmeno a “Revolution in the Making: Abstract Sculpture by Women”, l’esposizione proposta dalla Hauser Wirth & Schimmel di Los Angeles. Dove il curatore, Paul Schimmel, si è comunque assicurato “giovani scultrici femministe”.
Mostre only-women sono in scaletta alla Saatchi Gallery di Londra e alla Rubell Family Collection di Miami, dove si è svolta anche la “No Man’s Land”. Anche il Minenapolis Institute of Art, riferisce il “NYT”, e il The New Museum a New York si stanno preparando a “devoted to five solo exhibitions by women artists”.
Altre donne, però, pensano che queste manifestazioni si possano sostenere. Maura Reilly, curatrice del Sackler Center for Feminist Art al Brooklyn Museum, pensa che queste mostre siano una “forma di risarcimento” per quanto è stato negletto nel passato, una sorta di bilanciamento, come ha scritto in un articolo su Artnews intitolato “Taking the Measure of Sexism: Facts, Figures and Fixes”. E anche Ann Philibin, direttrice dell’Hammer Museum di LA, sostiene che le giovani artiste “accettano meglio di esporre tra sole donne, mentre quelle di 70 o 80 anni la vivono come una ghettizzazione”.