COSA SUCCEDERA’ DOPO IL MANDATO D’ARRESTO DELLA CORTE PENALE INTERNAZIONALE NEI CONFRONTI DI NETANYAHU? NULLA, LA CORTE NON HA POTERE COERCITIVO E TANTI PAESI NON NE RICONOSCONO IL RUOLO. L’ALLARGAMENTO DELLE DIFFERENZE FRA GLI STATI UNITI DI TRUMP SCHIERATI CON TEL AVIV E L’EUROPA CHE SI MUOVE IN ORDINE SPARSO CON UNA MINORANZA CRITICA (SPAGNA, IRLANDA E SLOVENIA) E UNA MAGGIORANZA LEGATA AL CARRO DI NETNYAHU – LE ACCUSE DI ANTISEMITISMO PER COLPIRE IL PAPA, IL QUALE SI È LIMITATO A EVOCARE LA POSSIBILITÀ CHE NEL CIMITERO DI GAZA SI CONSUMI UN GENOCIDIO – IL LIBRO DI ANNA FOA
Riccardo Redaelli per https://www.avvenire.it/ - Estratti
La decisione della Corte penale internazionale era attesa, prevista e di fatto quasi inevitabile, alla luce dei massacri di civili compiuti vicendevolmente da Hamas e dalle forze militari israeliane. Così come del tutto prevedibili le reazioni indignate da parte di Tel Aviv e degli Stati Uniti ai mandati di arresto contro il primo ministro Bibi Netanyahu e l’ex ministro della difesa Yoav Gallant, con la solita accusa alla Corte di essere “antisemita”. Il governo di estrema destra israeliano, del resto, usa questa accusa con troppa facilità contro chiunque dissenta dai metodi brutali usati contro i palestinesi o si indigni per i quasi cinquantamila morti, moltissimi dei quali donne e bambini.
Ma cosa succederà ora, ci si chiede? Risposte troppo frettolose confermano la parola “nulla”: la Corte non ha potere coercitivo e tanti Paesi non ne riconoscono il ruolo. Quindi Bibi e il suo ex ministro possono continuare a dormire tranquilli. Non è così in realtà, perché questo mandato di arresto produrrà delle conseguenze – in un verso o nell’altro – tanto in Israele quanto in Occidente.
A livello immediato, il primo ministro israeliano diventa un paria della politica internazionale, al pari di Putin, anch’egli inseguito dalla Corte penale. Entrambi dovranno calcolare in quali Paesi rischiano l’arresto e in quali possono ancora circolare; quanti governi si chiederanno se possono dialogare tranquillamente con dei “latitanti”, perché questo è il loro status giuridico internazionale. Le conseguenze più a lungo termine, tuttavia, si riverbereranno a tre livelli.
Riguardando l’Occidente, il rapporto fra Stati Uniti ed Europa e nei confronti dei Paesi del Sud Globale, sempre più irritati dalla stridente differenza fra i valori che diciamo di voler promuovere e i nostri comportamenti reali.
Washington ha bollato come vergognosa la decisione della Corte dell’Aja; reazione attesa da parte di un governo sempre schierato con Israele e che non ha mai riconosciuto l’autorità dei giudici internazionali. E peggio ancora sarà con l’avvento di Trump, il quale in passato avrebbe vagheggiato di “invadere l’Aja”. Si potrebbe sorridere dinanzi a un simile delirio, ma invece questo dà la cifra del fastidio degli Stati Uniti dinanzi a un giudice indipendente.
Non a caso essi sono in buona compagnia con Cina e Russia nel non riconoscere l’autorità della Corte: le grandi potenze vogliono le mani libere, e lo vorranno sempre più in un mondo che purtroppo sembra tornare velocemente alle logiche della pura potenza di stampo ottocentesco.
Il secondo livello delle conseguenze sarà l’allargamento delle differenze fra Stati Uniti e Europa, in una fase di crescente fastidio e preoccupazione reciproca. Anche qui l’avvento di Trump si annuncia tempestoso per le relazioni trans-atlantiche, e le differenze nei confronti di questi mandati d’arresto non potranno che acuirle, dato che vari Paesi dell’Unione hanno già dichiarato di volerli rispettare.
Le voci politiche più sagge del Vecchio Continente – non che ve ne siano molte, in verità – spingono perché da una dinamica politica negativa come l’allontanamento delle due sponde atlantiche scaturisca un rafforzamento dell’Unione e un superamento delle tradizionali, miserevoli rivalità fra gli Stati europei. Il rischio, invece, con il quale si dovrà lottare, è che i governi facciano a gara nello scodinzolare attorno al prossimo inquilino della Casa Bianca, indebolendo ulteriormente il ruolo e la forza dell’Europa.
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SE L’EUROPA E’ SPARITA IN ISRAELE
Stefano Mannoni per Mf- Milano FInanza
DONALD TRUMP BENJAMIN NETANYAHU
Quando si ha la ventura di imbattersi in un libro bello, coraggioso e animato dalla fiamma di un’idea forza potente diviene un dovere recensirlo. Parliamo di Anna Foa con Il suicidio di Israele (Laterza).
In un tempo nel quale regna la più assoluta confusione tra sionismo e antisemitismo e dove l’imperativo di tutti è schierarsi da una parte o dall’altra, provare a fare un po’ d’ordine è una santa missione. Tanto per cominciare il sionismo è evoluto nel tempo da origini (quasi) laiche a un progetto coloniale dopo il 1967 dove spazio per gli arabi proprio non ve n’è. Chi grida quindi “una Palestina dal fiume al mare” non fa altro che mimare gli slogan dei partiti di ultradestra che sostengono il governo Netanyahu per i quali il grido è lo stesso ma all’inverso: un Israele per i soli ebrei dalfiume al mare.
ursula von der leyen discorso della conferma 2024
Foa piange lacrime amare quando deve contemplare il suicidio dell’Israele delle origini, il quale, seppure con qualche ambiguità, si fondava sull’idea binazionale, dove allignasse uno spazio per ebrei e palestinesi. Oggi Israele, trascinato dall’etnonazionalismo religioso di Netanyahu (…) si avvia verso un autoritarismo agli antipodi del modello che accarezza Foa. Ossia uno Stato che accordi il diritto di cittadinanza per tutti, ebrei e arabi. Oppure, in alternativa, un Paese che abbia il coraggio di ammettere come proprio vicino uno Stato palestinese dotato di piena dignità e di un territorio adeguato.
(…) La cosa più grave è che l’Europa si muova in ordine sparso con una minoranza allineata alle tesi di Foa (come Spagna, Irlanda e Slovenia) e una maggioranza legata, muta e pavida, al carro di Netnyahu.
Antisemiti! Antisemiti! Non sentite echeggiare questo epiteto in continuazione fino allo stordimento? Per colpire il Papa, il quale si è limitato a evocare la possibilità che nel cimitero di Gaza si consumi un genocidio. O per fustigare i giudici della corte penale internazionale i quali hanno impiegato 6 mesi per spiccare mandati di cattura che il sempiterno diritto naturale avrebbe richiesto 24 ore per giungere alla firma…