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ART KANE A MODENA - A VENTI ANNI DALLA MORTE E NOVANTA DALLA NASCITA RETROSPETTIVA DI UN MITOLOGICO ARTISTA VISIONARIO CHE HA LIBERATO LA FOTOGRAFIA DA QUALUNQUE RECINTO ESPRESSIVO

Claudia Colasanti per Il Fatto

 

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Ogni progetto - anche dello stesso autore - che si completi in una rappresentazione visiva (pop, di moda o politica) ha una storia a sè. Lo stile non è necessariamente determinato da immagini simili alle precedenti: così ha impostato, per tutta la vita, il suo lavoro, Art Kane (Arthur Kanofsky, genitori ucraini, New York 1925-1995), che nella sua brillante storia da fotografo non ha mai inseguito la riconoscibilità, mantenendo una coerenza di visione e “un’idea della fotografia come forma espressiva capace di essere liberata da qualunque recinto”.

 

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Da poco riemerso dall’oblio - anche grazie all’empatia e al supporto di Harari - lo celebra la Galleria Civica di Modena (fino al 20 settembre 2015) con una grande retrospettiva “Art Kane. Visionary” - a venti anni dalla morte e novanta dalla nascita - a cura di Jonathan Kane, Holly Anderson e Guido Harari.

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Fu il più giovane - a soli 27 anni - art director (per Seventeen), di una grande rivista newyorkese all’inizio degli esplosivi anni Sessanta. Trent'anni prima di Photoshop, con un tavolo luminoso e una lente di ingrandimento, Kane inventa l'immagine ‘sandwich’ montando due diapositive a registro nello stesso telaio.

 

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Con questa tecnica è divenuto un pioniere della narrazione fotografica, trasformandola in illustrazione. La sua opera gravita attorno a tre elementi: colori decisi, erotismo e umorismo surreale. Fra i capostipiti, nella fotografia, di uno spirito selvaggio che si è affermato dopo la seconda guerra mondiale: inflessibile e sentimentale.

 

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Con estrema disinvoltura, nel 1958, crea uno scatto ‘caldo’ per “Esquire”, l’immagine in bianco e nero più significativa della storia del jazz: 57 miti ritratti assieme su un marciapiede della 126ma strada ad Harlem. Editoria e pubblicità: contemporaneamente Kane crea immagini algide, talvolta destabilizzanti, destinate alle riviste di moda: nel ’62 ‘Tamara’ per Vogue America è il volto patinato di una potenziale - bellissima - viaggiatrice nello spazio, munita di un casco anomalo e surreale.

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Era ciò che gli permetteva di “comunicare gli elementi invisibili in una personalità” e di spaziare tra rivoluzionarie immagini di moda, anche caricaturali (con grandangolo), ritratti delle maggiori icone della musica degli anni Sessanta e impegno civile. Il tutto con uno sguardo tanto visionario da conquistare premi e copertine delle più prestigiose riviste internazionali.

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L’approccio con le star della musica è accogliente, quasi psicologico: a partire da The Who (1968), ritratti addormentati sotto un monumento e avvolti dalla bandiera britannica; Sonny & Cher (1966), che salutano allegri da sott’acqua; Bob Dylan nel 1966, corrucciato e seduto in un angolo e Jim Morrison (1968) chiuso in un armadio mentre abbraccia un vecchio televisore.

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Kane non si sottrasse neanche all'impegno civile, occupandosi della lotta per i diritti civili degli afro-americani e degli indiani, dell'incubo nucleare di Hiroshima, e del crescente degrado dell'ambiente. Mentre infuriano le battaglie e il Vietnam, Kane dà una risposta di coscienza al tempo che sta vivendo, esprimendosi in modo popolare, mostrando grande capacità di comunicare con il pubblico.

 

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Con l’intento di “eliminare il piccolo e il brutto per enfatizzare il grande e l’eroico”. Attraversa gli anni Sessanta, Settanta e Ottanta rivoluzionando la fotografia commerciale, l’immagine di moda, il ritratto di celebrità e il nudo, grazie a scatti dai colori sgargianti e pregni sino alla fine di un umorismo ad alto tasso di surrealtà.

 

Galleria Civica. Palazzo Santa Margherita.

Corso Canalgrande 103, Modena

Fino al 20 settembre 2015

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