"LA SINISTRA PUÒ VINCERE SE LASCIA FUORI I MASSIMALISMI”- LE BORDATE DEL RIFORMISTA DEM GIORGIO GORI A ELLY SCHLEIN – “LA VICENDA INGLESE PUÒ INSEGNARE QUALCOSA AL PD. INNANZITUTTO: SI VINCE SE SI ESCE DAL PROPRIO RECINTO E CI SI RIVOLGE A TUTTI, SENZA PRECLUSIONI. IL LABOUR SI È POSTO COME FORZA DI GOVERNO MENTRE IL PD TENDE ANCORA A MUOVERSI COME FORZA DI OPPOSIZIONE” – E SU RENZI E CALENDA…
Giovanna Vitale per la Repubblica - Estratti
«Non parlerei di "modello Labour", ma la vicenda inglese può insegnare qualcosa anche al Pd. Innanzitutto: si vince se si esce dal proprio recinto e ci si rivolge a tutti, senza preclusioni.
E se si dà risposta alla domanda di stabilità e sicurezza che attraversa le nostre società». Giorgio Gori, l'ex sindaco riformista appena eletto eurodeputato, invita a cogliere gli spunti offerti dal trionfo di Starmer.
Onorevole Gori, che cosa raccontano le elezioni britanniche?
«Il tracollo dei Conservatori, che negli ultimi anni hanno fatto disastri, e poi la rinascita del Labour dopo tre lustri di sconfitte e sofferenze, all'insegna della concretezza e dell'attenzione al ceto medio. Dal 2020, da che Starmer è alla guida, ha chiuso la stagione massimalista e identitaria di Corbyn e si è rinnovato, nel programma e nel rapporto con i cittadini. Non a caso nel nome è stato inserito un grande "Change" per indicare la nuova fase di una forza politica che parla a tutti gli inglesi».
È la svolta moderata la chiave?
elly schlein - festa dell unit*
«Più che moderata, di concretezza e affidabilità. Mi ha colpito lo slogan ripetuto durante la campagna: Country first, party second. Significa che i problemi del Paese, delle persone, devono essere anteposti alle logiche di partito. Ciò ha permesso al Labour di incontrare i sentimenti dei ceti popolari e del ceto medio. Esprimono incertezza e timori per il futuro, chiedono stabilità e sicurezza: il leader laburista li ha tradotti in proposte pragmatiche e ha convinto anche una quota di elettori che avevano votato per i conservatori».
Il Pd non sta facendo lo stesso?
«Il Labour si è posto come forza di governo, ha saputo costruire un'agenda credibile per il Paese, mentre noi tendiamo ancora a muoverci come forza di opposizione.
Schlein ha il merito di aver riportato al centro i temi sociali — salari, sanità e istruzione pubblica, casa, che si ritrovano anche nel programma di Starmer — e il buon risultato del Pd alle Europee si deve anche a questo.
Ora però, se guardiamo al percorso del Labour, serve un passo in più: occorre aggiungere alcune parole che il Pd fa più fatica a pronunciare».
Quali?
«Crescita, creazione di ricchezza, sicurezza. Parole che erroneamente tendiamo a lasciare alla destra e invece sono necessarie, di primario interesse per i cittadini. Senza crescita non c'è speranza di migliorare la propria condizione di vita, di creare posti di lavoro e veder crescere i salari, né di sostenere il welfare. Senza sicurezza si vive male.
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Parlo dell'insicurezza economica ma anche della mancata sicurezza nelle strade, cui sono esposti innanzitutto i ceti popolari. Sono temi che i sindaci democratici conoscono bene, ma che nell'agenda politica del Pd non sono ancora sufficientemente presenti».
È un processo lento, faticoso.Starmer ha impiegato 4 anni…
«Vero, ma proprio per questo dico che il tempo per cambiare marcia è adesso. Dobbiamo avere la voglia di riconquistare gli elettori che ci hanno abbandonato o smesso di votare, costruendo una coalizione solida intorno a un progetto condiviso.
Quando leggo che gli operai vanno a destra sto male, occorre recuperarli partendo dai loro bisogni».
Ma è certo che tutti i progressisti, dai 5S ai centristi, intendano farlo?
«Sono ottimista, e quindi penso che siamo sulla strada giusta. Dire che il Pd non accetterà più veti è un passo avanti importante, scaturito dal fatto che nel campo del centrosinistra c'è un partito che, nel rispetto di tutti gli altri, spicca per dimensione, centralità e consenso, come le recenti Europee hanno evidenziato. Un buon pezzo di lavoro è stato fatto: alcune battaglie — dal salario minimo alla sanità, fino al no all'Autonomia e al premierato — stanno già dentro un'agenda comune. Ora ci aspetta la parte più difficile».
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Renzi, ma soprattutto Calenda, faticano ad allinearsi. Si possono recuperare stabilmente alla causa?
«Ma dobbiamo! Tutte le ultime elezioni hanno dimostrato che un centro né-di-qua-né-di là non ha rilevanza né ruolo. In compenso in quell'area si colloca una quota di elettorato decisiva perché contendibile. Guai a regalarla alla destra. Non saremmo competitivi se ci presentassimo con una coalizione troppo sbilanciata a sinistra».
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