ALITALIA, ALI-TAGLIA. A UNICREDIT NON BASTA IL REFERENDUM SCORSOIO DEL PERSONALE. DOPO AVER BUTTATO 500 MILIONI NEGLI ULTIMI TRE ANNI, LA BANCA SCETTICA SUL PIANO DI RILANCIO: VUOLE CERTEZZE – INVITALIA PRONTA AD AUMENTARE LA GARANZIA PUBBLICA DA 200 A 250 MILIONI
Nicola Lillo per la Stampa
Le cinque giornate di referendum per salvare Alitalia cominciano alle sei di domani mattina e soltanto alla mezzanotte di lunedì 24 aprile si saprà di più sul futuro della compagnia aerea. I 12.500 dipendenti del vettore sono chiamati a votare sul pre-accordo sottoscritto da azienda e sindacati in merito al taglio al costo del lavoro, ma il quesito in realtà va oltre: con il sì all' intesa gli azionisti immetteranno altra liquidità nella compagnia ridandole ossigeno e l' ennesima chance, con il no invece ci sarà «il rischio concretissimo di una liquidazione», come ha spiegato il ministro Carlo Calenda.
I risultati del referendum, per cui non è richiesto un quorum, arriveranno il 25 aprile, poi per il 26 è già stato fissato un incontro al ministero dello Sviluppo economico per discutere dell' esito. Questo voto è fondamentale per il futuro della compagnia. Gli azionisti infatti hanno garantito un nuovo impegno economico solo se dai lavoratori verrà dato il via libera all' accordo. Si tratta di circa due miliardi di euro, di cui 900 milioni di nuova finanza. Nell' operazione finanziaria è inoltre prevista una garanzia pubblica, per mezzo di Invitalia, società del Tesoro, che potrebbe salire da 200 a 250 milioni di euro, spiegano fonti governative.
Ma anche il Sì al quesito non appare del tutto risolutivo. Un azionista importante come Unicredit, secondo alcune indiscrezioni, sarebbe in attesa di ulteriori segnali. Vuole essere certo cioè che dopo l' eventuale via libera dei dipendenti arrivi un esplicito impegno da parte dei principali azionisti per garantire il capitale necessario per i prossimi cinque anni.
La banca guidata dal francese Jean Pierre Mustier non sarebbe interessata a un piano per sopravvivere e per rinviare di alcuni mesi i problemi di Alitalia. Del resto Unicredit non è più disposta a perdere altri soldi dopo gli oltre 500 milioni degli ultimi tre anni, al massimo è pronta a mettere sul tavolo altri 56 milioni attraverso la conversione dei crediti in capitale per supportare il rilancio. Sulla posizione di Unicredit, sia fonti industriali che politiche ricordano però che la banca ha già preso impegni precisi e che il piano industriale è stato asseverato e approvato dal consiglio di amministrazione.
In vista del referendum intanto i sindacati iniziano a posizionarsi. La Filt-Cgil e la Fit Cisl sono per il sì all' accordo, mentre la Uilt ha preferito lasciare «libertà di coscienza». La situazione nell' azienda è particolarmente tesa e i sindacati temono che il referendum si trasformi in un voto di protesta. Per di più la compagnia è spaccata in due con il personale di terra da un lato, dall' altro piloti e assistenti di volo che lamentano un trattamento peggiore rispetto agli altri colleghi.