MA CI E’ O CI FA? CAPITAN SCOGLIONE ALLA SBARRA A GROSSETO SI COMPORTA COME UNA STAR DEL CINEMA - ELEGANTE E RILASSATO, ADDENTA UN PANINO: NIENTE PENTIMENTO, NIENTE DOLORE - A UNA PASSEGGERA CHE IRONICAMENTE LO RINGRAZIA RISPONDE “MA SI FIGURI, HO FATTO SOLO IL MIO DOVERE, HO CERCATO DI DARE IL MASSIMO” - IL NAUFRAGO CHE GLI HA STRETTO LA MANO? ERA UN GIORNALISTA-CROCIERISTA…

Marco Imarisio per il "Corriere della Sera"

Alla signora Patrizia è sembrato che ci credesse davvero. Lo ha incrociato al bar del teatro, in realtà un banchetto improvvisato che hanno messo nel foyer per impedire qualunque contatto con l'esterno. A quell'uomo che non rivedeva dalla serata di gala del giovedì, gentile e disponibile, ha rivolto un «grazie» carico di ironia e rabbia evidentemente non pervenute.

Elegante come quella sera, Francesco Schettino ha rivolto un sorriso alla signora di Asti, che 24 ore dopo quella festa annaspava nell'acqua buia aggrappata a suo figlio, urlando e chiedendo aiuto. «Ma si figuri» le ha risposto «io ho fatto solo il mio dovere, ho cercato di dare il massimo». Patrizia e il suo avvocato si sono guardati interdetti, mentre l'ultimo capitano della Costa Concordia si allontanava con un panino incellofanato in una mano e una Coca cola nell'altra.

Senza parole, loro. Non l'altro, il principale indagato di una storia enorme, che invece sembrava perfettamente a suo agio in questa specie di debutto, nel ritorno a Grosseto, il posto più vicino a «questo c... di Giglio», parole sue. Dove la notte di venerdì 13 gennaio, traffico marittimo regolare, questa l'ultima annotazione della Capitaneria di porto, fece l'inchino. Dove morirono 32 persone, dove l'Italia trovò il riflesso della propria vergogna nell'immagine di quella nave piegata di lato. Così tranquillo e rilassato, Schettino, da far sorgere nella signora il sospetto di una posa, di un atteggiamento studiato.

I passeggeri che ieri mattina se lo sono ritrovato di fronte hanno pensato a quella notte, mentre lui pensava a se stesso. «Non può essere, non può fare la parte dell'uomo giusto». Neppure la cantilena piemontese riesce a nascondere la sorpresa. «Con il passare dei mesi, a forza di ripeterlo, ha finito per convincersi di essere stato il salvatore della patria».

Il mondo alla rovescia è possibile solo negli ambienti chiusi, che rappresentano la realtà ma senza aria in circolo, senza vita vera. Per Grosseto, il comandante Schettino era un intralcio al traffico, al massimo un problema di ordine pubblico. Dentro e fuori il teatro Moderno ieri si stava come in una bolla. Un evento chiuso al pubblico ma creato in funzione dei media, con la città costretta a una inutile zona rossa, un intero quartiere con strade sbarrate da transenne e jersey gialli.

La differenza tra l'eco mondiale avuto dalla tragedia della Costa Concordia e la sua percezione italiana non poteva essere rappresentata meglio di questa giornata. L'attesa era tutta mediatica, l'Evento con la maiuscola costruito con cura. Alberghi esauriti, 25 troupe straniere da 10 Paesi diversi, Cile e Australia compresi, annunciati 130 avvocati con annessi assistenti.

Ci siamo trovati in una affollata solitudine, noi giornalisti fuori e i legali delle parti civili dentro. Nessun familiare delle vittime, i superstiti che hanno risposto presente si contavano sulle dita di una mano. La galleria e i loggioni del Moderno sono rimasti chiusi. C'erano solo gli avvocati, ben larghi sotto al palco. I grossetani hanno mostrato un conclamato disinteresse, unito a un fastidio esibito come una medaglia.

Il vuoto che si è creato ha reso chiaro come attenzione mediatica e reale non sempre coincidano, e ha confermato la natura apolide della tragedia della Costa Concordia. Il luogo del delitto è una piccola isola. La città dove si svolgerà il processo lo vive, nella migliore delle ipotesi, come una ventata di turismo fuori stagione. Le vittime e le loro famiglie appartengono a località e Paesi lontani. Anche l'inchiesta crea un curioso effetto da caleidoscopio.

Sembra avere un solo indagato ma invece ne ha 9, potrebbe dimostrare tante responsabilità ma sembra andare avanti con un solo colpevole annunciato.
In mattinata si rincorrevano le voci su una stretta di mano collettiva con passeggeri tedeschi e relativi avvocati. Si è scoperto che l'unico a farsi avanti è stato Luciano Castro, un giornalista che quella sera viaggiava sulla Costa Concordia.

«Speriamo che si arrivi alla verità», gli ha detto sul palco, in attesa dell'arrivo del giudice. «Speriamo» è stata la replica. Alle 11.35, mentre una pioggia battente lavava la strada, è apparso sotto la tettoia del teatro, coperto dagli avvocati e da due carabinieri. Discuteva con piglio professionale, annuiva con espressione compunta. Era sembrato più vero l'ultima volta che era apparso da queste parti. Bagnato e sconvolto, nella hall dell'hotel Bahamas, l'unico aperto in gennaio al Giglio, mentre compulsava una mappa nautica e intanto imprecava, e intanto singhiozzava.

Ma ieri Schettino sapeva di essere l'unico protagonista di una recita sulla quale pesano ormai troppi interessi, troppe variabili, anche giudiziarie. Si è comportato di conseguenza con le altre comparse. Per i sentimenti veri sulla tragedia del Giglio, per la rabbia, il dolore, magari il pentimento, bisognerà aspettare un'altra occasione.

 

 

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