EUROFINE - I FALCHI DEL NORD EUROPA HANNO VINTO: LA DECISIONE DI NON CONCEDRE 8 MILIARDI IN PRESTITO ALLA GRECIA È LA FINE PROBABILMENTE DELLA MONETA UNICA – IL FALLIMENTO DI ATENE SI PORTERà APPRESSO ITALIA, PORTOGALLO E SPAGNA, FRANCIA COMPRESA PERCHé LE BANCHE FRANCESI SONO LE PRIME CREDITRICI DEL DEBITO GRECO - Helsinki voleva (non è uno scherzo) il Partenone come GARANZIA al finanziamento….

Stefano Feltri per Il Fatto

Proprio quando sembrava che le cose non potessero andare peggio, nella gestione europea della crisi del debito, vanno peggio. L'Ecofin di ieri, cioè la riunione dei ministri economici dell'Unione europea, poteva segnare il punto di svolta, misurare il cambio di linea della Germania con Angela Merkel ora convinta che salvare l'euro sia più conveniente che abbandonarlo al suo destino. C'era perfino Tim Geithner, il segretario al Tesoro americano, arrivato a dare il suo apporto affinché i disastri europei e i pericoli di recessione negli Usa non si saldino in un nuovo disastro planetario.

Invece le cose sono andate anche peggio del previsto. La decisione sulla prossima tranche di prestiti agevolati alla Grecia, 8 miliardi di euro, è stata rinviata ad ottobre. La linea degli intransigenti sta vincendo: prima la Finlandia e ora l'Austria pretendono garanzie in cambio dei prestiti agevolati, così da non rischiare di rimanere senza niente in mano in caso di bancarotta.

Helsinki voleva (non è uno scherzo) il Partenone come collaterale al finanziamento. Non sono buone notizie per il governo greco di George Papandreou, che continua a denunciare l'emergenza e sostiene di avere liquidità soltanto fino alla fine di ottobre. Ma se la troika Ue-Fmi-Bce decide di sbloccare i soldi, potrebbero arrivare in due settimane.

Le cose sono molto più complesse per le soluzioni strutturali. L'obiettivo di Geithner era accelerare la ricapitalizzazione del Fondo Salva Stati (Efsf) a 400 miliardi: è l'unico strumento che consentirebbe di uscire davvero dall'emergenza, visto che suo è il compito per ora esercitato dalla Bce, il sostegno ai debiti sovrani degli Stati in difficoltà. Geithner ha fretta, perché l'assenza di accordi indebolisce l'euro sul dollaro, mentre agli Usa serve una valuta debolissima, per ridurre il peso dei loro debiti e favorire le esportazioni.

Ma qui siamo ancora lontani: visto che il Fondo sarebbe di fatto sostenuto e garantito soprattutto dalla Germania, c'è il problema degli elettori tedeschi. Secondo un sondaggio tedesco diffuso ieri, l'82 per cento dei tedeschi boccia la linea Merkel nella gestione della crisi e due terzi, il 66 per cento, è contrario agli aiuti alla Grecia e agli altri Paesi ad alto debito (tra cui c'è anche l'Italia).

La Merkel è ormai convinta che il rafforzamento del Fondo sia necessario, ma deve muoversi con cautela: entro fine mese è previsto un voto parlamentare sul Fondo, ma ora potrebbe slittare al 2012 per non farlo coincidere con la probabile (ennesima) sconfitta nel land di Berlino.

In questo contesto così delicato è atteso a ore il downgrade dell'Italia da parte dell'agenzia Moody's, cioè un taglio del giudizio di affidabilità del nostro debito. Parte dell'effetto è già stato anticipato dai mercati nei giorni scorsi, ma se il taglio sarà pesante ci saranno altre conseguenze.

Sia sul mercato dei Btp sia sulle banche che in essi hanno investito. C'è un'unica notizia che può rassicurare un po' i mercati: ieri il direttore generale della Banca d'Italia è andato a Palazzo Chigi dal premier Berlusconi, segnale che la promozione a governatore è sempre più vicina e potrebbe essere questione di giorni.

 

Angela MerkelTIMOTHY GEITHNERpapandreou FABRIZIO SACCOMANNI

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