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DITE AL FONDO MONETARIO, CHE CHIEDE NUOVE TASSE IN ITALIA, CHE LA PATRIMONIALE CE L’ABBIAMO GIÀ CI È COSTATA OLTRE 45 MILIARDI DI EURO - SE DA UN LATO NON C’E’ PIU’ LA TASSA SULLA PRIMA CASA, IN ITALIA RESTANO VIVI E VEGETI 15 BALZELLI SU PROPRIETA’ E POSSESSO DI BENI

Claudia Marin per “il Giorno”

 

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Il dossier «patrimoniale» è stato riaperto proprio qualche giorno fa dal Fondo monetario internazionale e dall' Ocse. Entrambi gli organismi sollecitano il prossimo governo italiano alla reintroduzione di un' imposizione sugli immobili, modello Ici-Imu. Una indicazione parallela a quella che la stessa commissione Ue ha più volte sottolineato e che trova sponda nel nostro Paese nelle proposte della Cgil.

 

Eppure, sebbene dal 2016 non paghiamo più la Tasi sull' abitazione principale, del centro studi della Cgia di Mestre avvisano che in quell' anno (ultimo disponibile con dati aggiornati) gli italiani hanno comunque versato al fisco ben 45,4 miliardi di euro di imposte patrimoniali, con un raddoppio della loro incidenza sul Pil in poco più di 25 anni, mentre in termini assoluti il gettito è aumentato di 5 volte. E che, comunque, restano vive e pesanti circa 15 balzelli su proprietà e possesso di beni.

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La classifica delle patrimoniali di casa nostra - osserva Paolo Zabeo, della Cgia di Mestre - vede in testa «le due imposte che gravano sulle abitazioni e sugli immobili ad uso produttivo e commerciale, Tasi e Imu, che garantiscono quasi la metà del gettito complessivo. Un po' meno onerose, ma altrettanto invise dai contribuenti, sono le imposte di bollo che includono anche il prelievo annuale di 34,20 euro sui conti correnti con depositi superiori ai 5 mila euro, quello del 2 per mille sugli strumenti finanziari e il bollo auto».

 

Quel che è certo, comunque, è che in termini di gettito, le imposte più consistenti sono Imu e Tasi: nel 2016 Stato e comuni hanno preso 21,2 miliardi di euro. Seguono: imposta di bollo (6,8 miliardi), bollo auto (6,6) e imposta di registro (5,1).

 

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L' indagine della Cgia di Mestre mette in fila la lunga corsa delle patrimoniali italiane, decollata di fatto nel lontano 1992, in piena emergenza finanziaria con il governo Amato. Nel 1992 il gettito è salito di 7 miliardi, passando da 11,2 del 1991 a 18,3 (+63%), con l' introduzione di una raffica di prelievi straordinari sulla ricchezza finanziaria, sugli immobili e su alcuni beni di lusso: a cominciare dal famigerato «6 per 1000» sui conti correnti. Nel 1993 il gettito è salito di altri 4,8 miliardi per effetto della sostituzione dell' Isi con l' Ici.

 

LA PRIMA inversione di tendenza nel 2008, con l' abolizione dell' Ici sulla prima casa. Quattro anni dopo, con un altro esecutivo di emergenza, quello di Mario Monti, riparte la corsa, a cominciare dalla nuova Imu sugli immobili. Ma «a partire dal 2016 - spiega il segretario della Cgia Renato Mason - si è registrata una riduzione del gettito a seguito di una serie di misure introdotte dal governo Renzi, come l' esenzione del pagamento della Tasi sulla prima casa e l' abolizione dell' Imu agricola. Con un risparmio di 4,3 miliardi di tasse».

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Ma se le patrimoniali non ci mancano, dobbiamo registrare anche il record europeo, in Italia, per gli sconti fiscali. Nel nostro Paese le agevolazioni per imprese e famiglie valgono oltre 313 miliardi di euro e sono quasi 800, con una sistematica crescita negli ultimi anni: nel 2011 si attestavano a 250 miliardi ed erano 720. A certificarlo, questa volta, è un' analisi del centro studi di Unimpresa: che ci pone in cima alla classifica dei Paesi che nel mondo fanno maggior ricorso, in rapporto al Pil, alle «eccezioni» in campo tributario.

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