L’EX PISTOL - L’EX LEADER DEI ‘’SEX PISTOLS’’ RICICCIA DALLE MARKETTE E SI GODE IL SUCCESSO DEI SUOI REDIVIVI ‘’PUBLIC IMAGE LTD’’
Guido Andruetto per La Repubblica
Il caos regna ancora sovrano nella vita di John Lydon, alias Johnny Rotten, voce dei Sex Pistols e oggi frontman dei redivivi Public Image Ltd, la band che formò sul finire degli anni '70 dopo il suo definitivo allontanamento dal leggendario gruppo punk con cui aveva appena messo a ferro e fuoco il Regno Unito.
Trentacinque anni dopo, varcare la soglia della sua suite al sesto piano del lussuoso hotel Wyndham Grand, a Chelsea Harbour, il suo rifugio quando si trova a Londra in trasferta da Los Angeles dove oggi vive con la moglie Nora, è come entrare nell'appartamento in Gunter Grove dove Rotten abitò tra il '77 e il '78.
Un periodo per lui eccitante e turbolento, con i Pistols all'apice del successo ( God Save the Queen conquistò il vertice della classifica, «nonostante la censura perfino del titolo» ricorda adesso con tono divertito Rotten): in quella casa faceva le ore piccole tra casse di birra e musica reggae, in compagnia, fra i tanti che vi transitarono, di Sid Vicious e Nancy Spungen, prima che entrambi imboccassero la strada senza ritorno verso l'inferno.
Sorriso beffardo, cresta di capelli biondi platinati e sguardo da eterno ragazzo, John Lydon, cinquantasette anni, raggiunge la terrazza fra posacenere stracolmi di mozziconi e bottiglie di birra vuote. «Sì, sì, Johnny Rotten è ancora qui» dice ghignando, prima di buttare giù un sorso di Corona ghiacciata.
«à vero, sono cambiate un sacco di cose, ma l'attitudine a essere indipendente che avevo più di trent'anni fa l'ho conservata. Anche sul palco, con i PiL. Abbiamo suonato all'ultimo festival di Glastonbury. à stato fantastico vedere tutta quella gente, intendo dire gente di ogni età , pigiata lì sotto ad ascoltare anche i nostri brani più nuovi, quelli di This is PiL. Ci abbiamo messo vent'anni ma alla fine la nostra è una produzione totalmente indipendente e io ne vado molto fiero».
L'industria discografica, in effetti, deve averli considerati troppo estremi. «Solo la Virgin all'inizio sembrava volerci sostenere, poi sono subentrati problemi, regole e vincoli in gran parte legati ai testi e al messaggio delle nostre canzoni, e a quel punto è tramontato tutto. Non potevo accettare compromessi. Non l'ho mai fatto».
Lydon si ferma a riflettere e subito aggiunge: «Beh, a essere del tutto onesti qualche piccolo compromesso l'ho fatto. Ma solo per finanziare la mia musica. Mi sono messo a fare televisione, e persino la pubblicità per un famoso burro inglese. Ho raccolto così un bel po' dei soldi che ho investito nei Public Image. Del resto sono loro la mia famiglia, la mia comunità , più o meno da quando ho lasciato i Pistols».
In attesa del loro nuovo sbarco sul territorio italiano, dove i PiL si esibiranno il mese prossimo (il 26 ottobre all'Estragon di Bologna e il 27 all'Atlantico di Roma), John Lydon accetta di buon grado anche l'invito a riavvolgere il nastro dei ricordi per tornare sui passaggi cruciali della sua vita e di una carriera incredibile in uno dei gruppi più influenti della musica contemporanea.
Nato nel 1956 da genitori irlandesi emigrati a Londra, John cresce nella zona nord della capitale, tra Benwell e Holloway Road, dove diventa adolescente in fretta. Un po' per via di una terribile meningite spinale che all'età di otto anni lo obbliga a passare un anno intero in ospedale con strascichi pesantissimi sulla sua salute: in primis la perdita della memoria.
E un po' (tanto) perché frequenta quella che il suo amico storico, nonché suo attuale manager, John Stevens "Rambo", ricorda come «una delle comitive più grandi dei primi anni Settanta a Londra». Una vera e propria banda dove il collante era sia la radice proletaria che la passione sfegatata per l'Arsenal, di cui Lydon continua a essere un irriducibile e fedelissimo tifoso.
«A scuola mi piaceva imparare, quello che proprio non sopportavo era il sistema educativo - ricorda l'ex Pistols mentre dal terrazzo scruta il porto di Chelsea - facevo molte domande ma non ricevevo risposte. à che stavo cercando la verità . E forse fu anche per questo che mi cacciarono ». Sono gli anni in cui è la musica a insinuarsi per sempre nella sua vita.
«Mio padre suonava la fisarmonica in una band folk irlandese, mia madre cantava. Sono stati loro a mostrarmi la possibilità di raccontare la realtà , la verità , attraverso una canzone. E questa è la cosa più fantastica che mi hanno trasmesso. à l'essenza stessa del punk, la verità . Io ne sono ossessionato, fin da bambino.
Quando perdi la memoria com'è successo a me ti basi su quello che ti dicono gli altri. Ed è terribile quando scopri che qualcuno ti ha mentito. Terribile. Da allora ho capito che nessuno merita delle bugie. E per questo l'assenza di verità che vedo nei governi e nelle istituzioni è diventata il perno attorno a cui ruota da sempre il mio rifiuto».
Johnny Rotten, cui venne affibbiato questo poco lusinghiero soprannome per via dei suoi denti marci ( rotten, appunto), entrò nei Sex Pistols nel '75 per sfogare tutta la sua rabbia e creatività . Ma ci volle l'intuizione di Malcolm McLaren, il geniale e controverso manager che creò i "Pistols" aggregandoli attorno al "Sex", il negozio di King's Road che all'epoca gestiva con la futura stilista Vivienne Westwood, per fare di John Lydon, non ancora ventenne, il leader di un gruppo che sconvolgerà la società britannica infiammando l'era punk e influenzando generazioni di musicisti e stilisti.
Fu lui, Rotten, che per primo si tinse i capelli di verde e fece a brandelli interi completi da uomo riattaccandoli con le spille da balia. «Certo, sono io che ho creato la street culture! La moda ha pescato a piene mani dal mio stile ma non mi ha mai riconosciuto né restituito nulla, basta pensare a gente come Westwood o a Jean Paul Gaultier. Il problema è che gli stilisti creano delle uniformi mentre io proiettavo un'immagine sempre diversa di me». Controcorrente, per tutta la vita.
«Con i Pistols ho scoperto la potenza delle parole. Mick Jagger ha detto che la musica non può cambiare il mondo, invece secondo me è uno strumento eccezionale per fare passare idee e messaggi. Se Danny Boyle ha usato canzoni come Pretty Vacant e God Save the Queen per la cerimonia di apertura delle Olimpiadi di Londra, è perché ha capito l'impatto che hanno avuto sulla società .
Non finirò mai di ringraziarlo per questo, Boyle è un genio. Quando mi ha spiegato che per l'inaugurazione dei Giochi voleva valorizzare il ruolo dei lavoratori nella storia dell'Inghilterra, sono stato felice di acconsentire all'uso delle mie canzoni». Un repertorio limitato, se si considera la vita breve dei Pistols, ma che ha lasciato un segno profondissimo, da Anarchy in the U. K. a Holidays in the Sun, e non solo nella storia della musica.
«Sì, in realtà quello che abbiamo fatto non si può cancellare dalla storia di questo paese» e ricordiamo entrambi quando, nel 1977, Rotten cantò proprio God Save the Queen su un barcone turistico noleggiato appositamente per "festeggiare" il Giubileo d'Argento di Elisabetta II: quel giorno il Daily Mirror pubblicò una foto con la didascalia "Punk seminano il panico sul Tamigi".
«Dire quello che pensavamo delle istituzioni e della monarchia ha rotto tutti gli schemi ed è stato uno shock per l'Inghilterra. Ma non abbiamo mai trasformato la nostra rabbia in violenza. Li abbiamo presi a calci nel culo ma con morbidissime pantofole!». La curiosità è troppo forte per non chiedergli se alla fine abbia mai incontrato faccia a faccia la regina.
Nel rispondere Lydon non rinuncia ad emettere un sonoro rutto. «No, certo che no. Mi è capitato di incrociare alcuni membri della famiglia reale e dell'aristocrazia, ma comunque io non ce l'ho con nessuno personalmente. Resta il fatto che non frequento certi ambienti, neanche allo stadio mi invitano nell'area vip. Si vede che non mi considerano adeguato, ma per me è un complimento. Io arrivo da Finsbury Park.
Gente integra. Eravamo tutti molto poveri e non c'erano opportunità ma se uno stava male l'altro lo aiutava, esistevano valori come il rispetto e la lealtà , oltre che un mix virtuoso di razze e culture in cui l'Arsenal funzionava da ponte. Sono cresciuto con turchi, irlandesi, giamaicani, greci e ascoltavamo funk, reggae, folk. Questo mix allora rappresentava un arricchimento culturale. Le stesse tifoserie delle altre squadre restavano colpite da come noi potessimo restare tutti uniti.
E io dicevo: è perché voi siete ignoranti e noi no!. Oggi le cose stanno in un modo un po' diverso. Oggi il divario tra ricchi e poveri ha raggiunto livelli insostenibili, e la stessa Londra è diventata soprattutto un'esibizione di ricchezza. La rivolta, questa volta, ci sarà . E sarà violenta ». Come a dire che i prossimi Sex Pistols non porteranno pantofole ai piedi.
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