RENZI E MARPIONNE: LINGUA IN BOCCA A NEW YORK - IL CANADESE RESIDENTE IN SVIZZERA, AVVERTE GLI ITALIANI: “SPERO CHE LASCINO LAVORARE RENZI. NON CI SONO ALTERNATIVE”

1. MARCHIONNE: L’ITALIA LASCI LAVORARE IL PREMIER - “NON CI SONO ALTERNATIVE, GLI CHIEDERÒ DI NON ARRENDERSI”

Paolo Mastrolilli per “La Stampa

 

renzi e marchionne al council on foreign relationsrenzi e marchionne al council on foreign relations

‘’Oggi è un bel giorno per essere italiani». Sergio Marchionne ha seguito in prima fila l’intervento del presidente del Consiglio Matteo Renzi al Council on Foreign Relations, e quando esce gli offre tutto il suo sostegno: «E’ stato eccezionale. Dobbiamo appoggiarlo, anche in senso economico. La Fiat Chrysler sta già facendo molto per l’Italia, ma cercheremo di fare ancora di più, perché la direzione strategica che ha indicato è quella giusta. Gli diranno che è giovane, non ha esperienza, ma ha un coraggio straordinario e dobbiamo sostenerlo».

renzi e marchionne al council on foreign relations  renzi e marchionne al council on foreign relations

 

Marchionne nota che Renzi «non viene dalla storia che ci ha portato in queste condizioni», e propone le soluzioni giuste per uscire dalle difficoltà. Condivide anche l’idea che l’Italia ha bisogno di una rivoluzione, «perché il paese è fermo da troppo tempo e non è in grado di evolversi. Troppe regole, troppe ideologie. Bisogna spaccare gli schemi, tutti». Il ceo di Fiat Chrysler entra anche nel dibattito in corso sull’articolo 18: «Non ho ancora visto analisi sulle diseguaglianze sociali che provoca. In sostanza crea due classi di lavoratori, un’ingiustizia che non è giustificabile in un paese normale».

 

Marchionne è incoraggiato dal fatto che l’opposizione a Renzi venga dall’interno del suo stesso partito: «Sono i conservatori che non vogliono il cambiamento, ma il fatto che le resistenze vengano da quell’ambiente vuol dire che ha più possibilità di riuscire». Lui lo aspetterà qui anche l’anno prossimo: «Spero che lo lascino in pace a lavorare. Non vedo alternative».

 

 

2. RENZI E MARCHIONNE: LINGUA IN BOCCA A NEW YORK

Mattia Ferraresi per “Il Foglio

 

renzi al council on foreign relations  renzi al council on foreign relations

Nel derby fra l’austerità e la crescita il governo sta dalla parte della crescita. Questa è una lezione che impariamo dall’America”. Matteo Renzi riempie con l’efficacia del linguaggio non verbale i buchi della lingua inglese (“siderurgia come si dice? Com’è asilo nido?”) per spiegare la sua visione al Council on Foreign Relations, think tank newyorchese che ospita il salotto buono dell’economia, dall’industria a Wall Street.

 

In prima fila Sergio Marchionne – che ha definito “eccezionale” l’intervento di Renzi sul lavoro – guarda attentamente gli strali che il premier, galvanizzato dal clima americano, lancia contro la “sinistra radicale” che vuole “mantenere leggi sul lavoro fatte per un’altra epoca” o quando invoca la semplificazione del sistema di ostacoli che soffoca gli imprenditori, “dalla Fiat-Chrysler alla piccola impresa di provincia”.

 

renzi   al council on foreign relations  renzi al council on foreign relations

Renzi e Marchionne avranno modo di tornare su questi concetti domani a Detroit. La conversazione guidata da Ruth Porat, vicepresidente e Cfo di Morgan Stanley, si trasforma così per Renzi nell’occasione per fare la lista delle cose che ha imparato in America. Lezioni note sulla semplificazione radicale della politica, sulla riforma della giustizia – grande freno agli investimenti esteri, fra le altre cose – e sulla legge elettorale (“in America la notte delle elezioni si sa chi ha vinto, tranne nel 2000. In Italia ogni anno è come il 2000”).

 

RENZI E CAMUSSORENZI E CAMUSSO

Leggermente meno battuta l’insistenza renziana sulle potenzialità industriali dell’Italia, tanto per aggirare i cliché passatisti della cultura, del turismo e della moda che solitamente funzionano a meraviglia sulla piazza americana. Di fronte a una domanda sulla politica estera del governo, Renzi opera anche l’archiviazione lampo della tesi della “fine della storia” di Francis Fukuyama, perché “ora tutto è cambiato”, e nella grande ridefinizione degli equilibri globali, la priorità di Roma è la Libia, e a ruota l’Europa: “La mancanza di Europa è preoccupante”.

 

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