"BEL-NA-BÉ" – NON DITE AL CONSIGLIERE DI PETROCHINA BERNABE’ CHE IL GIGANTE PETROLIFERO CINESE E’ STATO TRAVOLTO DA UNA STORIA DI CORRUZIONE

1. MAIL
Caro Dago, ma questa PetroChina, gigante petrolifero cinese che oggi si merita un ampio spazio sul Financial Times (pag.11) per una storia di corruzione che coinvolge 4 suoi senior esecutives è la stessa PetroChina di cui Franco Bernabè, presidente esecutivo di Telecom Italia, è un consigliere d'amministrazione non esecutivo dal 2000? È lo stesso Bernabè che nel 2004, in un pezzo su "L'Unità", lodava la maggiore "trasparenza" di PetroChina rispetto a molte società occidentali?
Con simpatia.
Andrea

2. FRANCO BERNABÈ NEL CONSIGLIO DI AMMINISTRAZIONE DI PETROCHINA, COLOSSO PETROLIFERO DI PECHINO: "I CINESI SONO MERITOCRATICI, LA LOTTIZZAZIONE NON È TOLLERATA"
di Sandro Orlando per L'Unità del 30/10/2004 - http://cerca.unita.it/ARCHIVE/xml/140000/137603.xml?key=Sandro+Orlando&first=41&orderby=0&f=fir

Il presidente fa di nome Chen, il suo vice Jiang. E poi c'è un Ren, un Su e un Duan, un Wang, un Zhen e un Zhou, un Chee-Chen e un Liou. Dopo di ché, nell'organigramma della PetroChina, viene un Franco. Bernabé, per l'esattezza. E siccome, come dice lui, "i cinesi sono come tedeschi, solo che lavorano molto di più", il manager sudtirolese si è ritrovato a 56 anni a fare il pendolare con Pechino. Neanche fosse la sua Sterzing (Vipiteno): "Non è un ambiente estraneo - ripete - lì mi sento benissimo".

Franco Bernabé è uno dei rari, se non l'unico occidentale, ad essere oggi nel consiglio di amministrazione di una compagnia cinese, per di più di Stato, come l'ex monopolista Petrochina, che al 90% è ancora a controllo pubblico, anche se è quotata ad Hong Kong e New York. Cresciuto in quella grande scuola di mandarini che è stata l'Eni di Franco Reviglio e Gabriele Cagliari, ai tempi delle feroci guerre di spartizione tra Craxi e De Mita, "Bel-na-bé" tiene subito a ribadire che in Cina queste cose non accadono:

"La lottizzazione non ha accesso nelle società cinesi - spiega - perché i cinesi sono molto meritocratici. Soprattutto nelle compagnie petrolifere, dove le competenze tecniche sono essenziali per crescere e far carriera". "I cinesi sono efficienti, precisi e quando pianificano realizzano", aggiunge il manager, che dopo essere stato amministratore delegato di Eni e Telecom, è oggi anche vicepresidente della Rothschild Europe.

Sono talmente efficienti, continua Bernabé, che "quando fanno le cose, vanno a cercarsi chi ha l'esperienza giusta". Dunque, serviva portare a Wall Street l'ex colosso pubblico del petrolio, un gruppo per dimensioni grande due volte l'Eni, con più di due milioni di barili di petrolio e quasi 600 milioni di metri cubi di gas naturale estratti al giorno. E a Pechino qualcuno evidentemente ancora ricordava che era stato Bernabé a metà degli anni '90 a gestire la privatizzazione del monopolista italiano.

"Una delle esperienze più di successo al mondo" si lascia sfuggire. Non potendo clonarlo, se lo sono così venuti a cercare nel nostro paese, e l'hanno trascinato in Oriente come consigliere indipendente di PetroChina. Con un ingaggio che non deve neanche essere stato allettante, visto che - si legge nel bilancio della compagnia, redatto secondo gli standard americani - i cinque dirigenti più pagati hanno guadagnato complessivamente nel 2003 poco più di un milione e 100 mila renminbi, ovvero circa 108 mila euro.

Una somma che a testa equivale allo stipendio di un nostro operaio. All'interno del cda, dove si parla esclusivamente cinese, "Bel-na-bé" ha la responsabilità del comitato di auditing: sorveglia la contabilità. E anche a riguardo, il manager italiano non ha dubbi: in quanto a correttezza e a trasparenza, i cinesi non sono secondi a nessuno. "Loro prendono le "best practice", che sono occidentali, le fanno proprie e le osservano con grande rigore", dice.

Perché in gioco c'è il loro orgoglio: "Perdere la faccia, dire una cosa e poi non farla, cadere nel riconoscimento degli altri, è la sorte peggiore che può capitare ad un cinese". Il contrario della mentalità italiana, che addestra alle capriole e all'arte del galleggiamento. "Quindi il cinese che decide di fare qualcosa, la fa con una serietà e una precisione esasperata", osserva ancora Bernabé.

Quando i vertici della PetroChina hanno deciso di quotare la loro compagnia, hanno iniziato a rispettare le regole di corporate governance con un'attenzione maniacale. Al punto che quando nel dicembre scorso in un giacimento del Chongging, nella Cina sud-occidentale, è esploso un pozzo con la fuoriuscita di gas velenoso e la morte di duecento persone, si sono dimessi il presidente e l'amministratore delegato del gruppo, più tutta la linea di comando da cui il campo dipendeva.

"Lei ha mai visto in Occidente un amministratore dimettersi per un incidente sul lavoro", chiede provocatoriamente Bernabé. E in effetti alla Pirelli di Settimo Torinese gli operai sono morti per trent'anni di tumore, ma nessun dirigente, neanche dopo essere stato iscritto nel registro degli indagati, ne ha mai tratto le conseguenze. La Cina non è il Far West, insiste Bernabé, rifiutando le semplificazioni.

Sono leggende - dice - alibi diffusi da chi vuole mascherare l'inadeguatezza delle nostre piccole e medie aziende nel competere con aziende che sono enormi e sanno lavorare meglio. Certo, ci sono anche i cinesi furbi, trafficanti, corrotti, che non rispettano le regole: ma in percentuale non sono più di quanti non siano in Italia. La vera differenza, conclude il manager, sta nella mentalità. "Per i cinesi contano più i rapporti personali dei contratti, ma ci vuole moltissimo tempo, anche 20 anni, per sviluppare una vera confidenza". "Gli occidentali vanno lì pensando di stringere la mano ed è tutto finito. Per i cinesi, invece, non è neanche l'inizio".

 

FRANCO BERNABEfranco bernabe e marco fossati FRANCO BERNABE LUCA CORDERO DI MONTEZEMOLO

Ultimi Dagoreport

veronica gentili alessia marcuzzi roberto sergio giampaolo rossi myrta merlino

“QUESTO PROGRAMMA NON È UN ALBERGO”: AI PIANI ALTI DI MEDIASET SI RUMOREGGIA PER LE FREQUENTI ASSENZE DI MYRTA MERLINO A “POMERIGGIO CINQUE” (LE ULTIME RICHIESTE: DUE GIORNI A MARZO E PONTE LUNGHISSIMO PER PASQUA E 25 APRILE) – VERONICA GENTILI ALL’ISOLA DEI FAMOSI: È ARRIVATA LA FUMATA BIANCA – IL NO DI DE MARTINO AGLI SPECIALI IN PRIMA SERATA (HA PAURA DI NON REPLICARE IL BOOM DI ASCOLTI) – CASCHETTO AGITATO PER LE GAG-ATE DI ALESSIA MARCUZZI - LO SHAMPOO DELLA DISCORDIA IN RAI - IL POTENTE POLITICO DI DESTRA HA FATTO UNA TELEFONATA DIREZIONE RAI PER SOSTENERE UNA DONNA MOLTO DISCUSSA. CHI SONO?

donald trump paolo zampolli

DAGOREPORT - LA DUCETTA SUI TRUMP-OLI! OGGI ARRIVA IN ITALIA IL MITICO PAOLO ZAMPOLLI, L’INVIATO SPECIALE USA PER IL NOSTRO PAESE, NONCHÉ L’UOMO CHE HA FATTO CONOSCERE MELANIA A DONALD. QUAL È IL SUO MANDATO? UFFICIALMENTE, “OBBEDIRE AGLI ORDINI DEL PRESIDENTE E ESSERE IL PORTATORE DEI SUOI DESIDERI”. MA A PALAZZO CHIGI SI SONO FATTI UN'ALTRA IDEA E TEMONO CHE IL SUO RUOLO SIA "CONTROLLARE" E CAPIRE LE INTENZIONI DELLA DUCETTA: L’EQUILIBRISMO TRA CHEERLEADER “MAGA” E PROTETTRICE DEGLI INTERESSI ITALIANI IN EUROPA È SEMPRE PIÙ DIFFICILE – I SONDAGGI DI STROPPA SU PIANTEDOSI, L’ATTIVISMO DI SALVINI E LA STORIA DA FILM DI ZAMPOLLI: FIGLIO DEL CREATORE DELLA HARBERT (''DOLCE FORNO''), ANDÒ NEGLI STATES NEGLI ANNI '80, DOVE FONDÒ UN'AGENZIA DI MODELLE. ''TRA LORO HEIDI KLUM, CLAUDIA SCHIFFER E MELANIA KNAUSS. PROPRIO LEI…”

giorgia meloni donald trump joe biden

DAGOREPORT – GIORGIA MELONI, FORSE PER LA PRIMA VOLTA DA QUANDO È A PALAZZO CHIGI, È FINITA IN UN LABIRINTO. E NON SA DAVVERO COME USCIRNE. STAI CON NOI TRUMPIANI O CONTRO DI NOI? CI METTI LA FACCIA O NO? IL BRITANNICO NEO-MAGA NIGEL FARAGE HA DICHIARATO CHE AVREBBE PREFERITO CHE MELONI PRENDESSE POSIZIONI PIÙ DURE CONTRO L’UNIONE EUROPEA, ALTRO SEGNALE: COME MAI ANDREA STROPPA, TOYBOY DELL'ADORATO MUSK, SPINGE SU X PER IL RITORNO DI SALVINI AL VIMINALE? VUOLE PER CASO COSTRINGERMI A USCIRE ALLO SCOPERTO? OGGI È ARRIVATA UN'ALTRA BOTTA AL SISTEMA NERVOSO DELLA STATISTA DELLA GARBATELLA LEGGENDO LE DICHIARAZIONI DI JORDAN BARDELLA, IL PRESIDENTE DEL PARTITO DI MARINE LE PEN, CHE HA TROVATO L’OCCASIONE DI DARSI UNA RIPULITA PRENDENDO AL VOLO IL "GESTO NAZISTA" DI BANNON PER ANNULLARE IL SUO DISCORSO ALLA CONVENTION DEI TRUMPIANI A WASHINGTON - E ADESSO CHE FA L’EX COCCA DI BIDEN, DOMANI POMERIGGIO INTERVERRÀ LO STESSO IN VIDEO-CONFERENZA?

marina berlusconi antonio tajani

DAGOREPORT - L’INTERVISTA RILASCIATA DA MARINA BERLUSCONI AL “FOGLIO” HA MANDATO IN TILT FORZA ITALIA E SOPRATTUTTO TAJANI - IL VICEPREMIER HA REAGITO IN MODO SCOMPOSTO: “NON ABBIAMO BISOGNO DI NESSUNA SVEGLIA. MARINA FA BENE A DIRE CIÒ CHE PENSA MA NON CI HA MAI CHIESTO NÉ IMPOSTO NULLA. QUANTO DETTO DA LEI NON ERA RIVOLTO A FORZA ITALIA” - NEL PARTITO MONTA LA FRONDA VERSO LA FAMIGLIA BERLUSCONI E C’E’ CHI PENSA DI POTERSI EMANCIPARE UNA VOLTA PER TUTTE (MAGARI TROVANDO UN FINANZIATORE DISPOSTO AD ACCOLLARSI I 99 MILIONI DI FIDEJUSSONI GARANTITE DALLA DINASTY DI ARCORE) - AVVISO ALLA "SINISTRA" MARINA: NEL WEEKEND VERRA’ CONDOTTO UN SONDAGGIO RISERVATO PER TESTARE L’APPREZZAMENTO DEL SIMBOLO DI FORZA ITALIA SENZA LA PAROLA “BERLUSCONI”…

giuseppe conte elly schlein

LE INSOSTENIBILI DICHIARAZIONI FILO-TRUMP DI CONTE HANNO MANDATO IN TILT SCHLEIN - TRA I DUE SAREBBE PARTITA UNA TELEFONATA BURRASCOSA IN CUI LA SEGRETARIA DEM AVREBBE FATTO CAPIRE A PEPPINIELLO CHE SE CONTINUA COSÌ IL M5S CROLLERÀ AL 7% - ELLY DEVE FARE I CONTI CON L’AUT AUT DI CALENDA E CON LA MINORANZA CATTO-DEM IN SUBBUGLIO CONTRO CONTE – PEPPINIELLO TIRA DRITTO: PARLA ALLA PANCIA DEI 5 STELLE E ABBRACCIA LA LINEA ANTI-DEM DI TRAVAGLIO SU RUSSIA E TRUMP. MA "LA POCHETTE DAL VOLTO UMANO" SA BENISSIMO CHE, SENZA UN ACCORDO COL PD, A PARTIRE DAL PROSSIMO VOTO REGIONALE, NON VA DA NESSUNA PARTE…