IL FINANZIERE È CECO MA NON TROPPO E LA FORTUNA CI VEDE BENISSIMO - KELLNER VENDE LE SUE AZIONI IN GENERALI RIMEDIANDO UNA MINUSVALENZA DEL 40% E LASCIA PERISSIROTTO CON IL CULO PER TERRA (UN FLOP DAGO-PREVISTO) - COSA SUCCEDE? KELLNER TEME FORSE CHE IL TITOLO CALI ANCORA? O FORSE, LA SUA MISSIONE DI SPALLEGGIARE PERISSINOTTO PER CACCIARE GERONZI È COMPIUTA, E ORA PUÒ LASCIARE TRIESTE INCASSANDO NEL 2014 2,5 MLD € (GARANTITI) DAL PERISSIROTTO DI GENERALI?…
Francesco Manacorda per "la Stampa"
L' ultimo passo risale al 15 e 16 dicembre. In quei due giorni Petr Kellner ha venduto 2,16 milioni di azioni Generali lo 0,14% del capitale- incassando 24,2 milioni. Da fine novembre, quando il finanziere ceco che siede nel cda del Leone e con la compagnia triestina possiede la joint-venture GeneraliPpf ha annunciato di essere sceso sotto il 2% del capitale, le sue vendite arrivano così complessivamente allo 0,5% di Generali. Vendite in perdita, visto che Kellner ha in carico le azioni del Leone a poco meno di 18 euro e le cede - come nelle ultime transazioni - a 11,2 euro.
Di fatto quello che sta andando in scena appare come il lungo addio di Kellner alle Generali. Un addio che corre su due binari paralleli ma distinti: da un lato la presenza nel capitale del Leone, oggi sotto l'1,5%, potrebbe ridursi ancora e forse scomparire; dall'altro l'alleanza industriale Generali-Ppf si avvia a un probabile scioglimento nel luglio 2014, quando scatta il diritto di Kellner a cedere il suo 49% a Trieste incassando circa 2,5 miliardi. Mancano ancora due anni e mezzo, ma già oggi in Generali nessuno si stupirebbe se questo fosse l'esito.
Il destino della partecipazione di Kellner nel Leone si lega alla sua genesi. Nell'aprile dello scorso anno il finanziere ceco viene a sapere che il suo nome non è presente nella lista presentata da Mediobanca per il cda di Generali e che rischia così di dover uscire dal consiglio del suo principale alleato industriale, dove siede da tre anni. L'uomo non ama le sorprese e nemmeno le esitazioni: rastrella il 2% di Generali e dice di essere pronto a salire fino al 5%.
Così rispunta d'incanto il posto in cda, ma si acuiscono pure i malumori di alcuni soci. L'apice degli scontri si raggiunge sotto la breve presidenza di Cesare Geronzi che considera Kellner un azionista chiamato in suo appoggio dal Ceo Giovanni Perissinotto. Proprio in quel periodo l'Isvap costringe Generali e il socio ceco a svelare tutte le clausole - compresa l'uscita garantita a metà 2014 - che stanno dietro Generali-Ppf. Una mossa che irrita profondamente sia Trieste sia Praga.
Perché adesso Kellner vende? Dal suo quartier generale hanno spiegato nelle scorse settimane che la quota in Generali, come altre, è stata affidata a un gestore indipendente per la sua massima valorizzazione. Ma vendere i titoli, come accade oggi, realizzando una minusvalenza nell'ordine del 40% non sembra il modo migliore per «valorizzare». Una possibile risposta è allora che Kellner abbia bisogno di liquidità da investire nelle sue fiorenti attività in altre aree. E in effetti il ceco sta diventando un colosso del credito al consumo, attraverso la sua Home Credit, non solo in patria, ma anche in Russia, e adesso si sta affacciando su mercati orientali assai lontani, come la Cina e il Vietnam.
Al tempo stesso c'è chi rileva che con le Generali «normalizzate» e senza più Geronzi, il finanziere non ha più bisogno di presidiare così strettamente il suo investimento nel Leone. Ma è anche ragionevole pensare che chi vende a questi prezzi lo fa perché teme che il titolo scenda ancora, o quantomeno perché vuole ridurre la sua esposizione sul settore finanziario di un paese periferico dell'area euro.
In quanto a Ppf-Generali, la spinta perché alla scadenza Kellner ceda il suo 49% sta nei fatti. La sua quota è già tutta in garanzia a Calyon in cambio di una linea di credito da 2,1 miliardi. Soldi che sarebbero usati - ma su questo da Praga non c'è conferma - proprio per espandere il credito al consumo. E alla scadenza appare naturale che, a meno di colpi di scena, il finanziere venda la quota, incassi 2,5 miliardi da Generali e ripaghi il debito. Un'eventualità , quella dell'acquisto obbligato con conseguente esborso, che non preoccupa troppo Trieste.
La joint venture che opera in quattordici Paesi dell'Est sta dando soddisfazioni: in nove mesi l'utile operativo è salito quasi del 27% a 351 milioni e per fine anno si prevede di chiudere con un «combined ratio» vicino al 90% che rappresenta la miglior gestione tecnica di tutto il gruppo. Forte anche di questi risultati il Leone è intenzionato così a quotare - mercato permettendo - la società o a far entrare qualche nuovo socio industriale. Magari proprio da quell'Estremo Oriente a cui guarda adesso Kellner nei suoi nuovi progetti.


