EVASORI E CONTENTI (ALLA FACCIA NOSTRA) - LO STATO SCOPRE 75 MLD € DI EVASIONE FISCALE? NON CANTANTE VITTORIA, RIESCE A RISCUOTERNE SOLO L’11% - E A CAVARSELA SONO SEMPRE I PESCI GROSSI. COME? FANNO UNA PERNACCHIA ALLO STATO, NELLA CONSAPEVOLEZZA CHE NON GLI SARÀ SCUCITO UN EURO, PERCHÉ RISULTANO NULLATENENTI, HANNO FATTO FALLIRE L’AZIENDA, USATO PRESTANOME, O HANNO NASCOSTO IL BOTTINO…


Giuseppe Salvaggiulo per "La Stampa"

Nei giorni in cui il governo mostra la faccia feroce agli evasori «parassiti», un dossier della Corte dei Conti ricorda che la realtà è diversa: evadere resta un ottimo affare. Non solo per chi la fa franca sfuggendo ai controlli, ma anche per chi viene stanato da Agenzia delle entrate e Guardia di finanza. Perché alla fine lo Stato incassa solo l'11% delle imposte evase accertate e solo l'1% se l'evasore non patteggia con il fisco.

L'indagine riguarda il periodo 2006-2009, in cui sono stati effettuati 1.445.892 controlli: il 95% si è concluso con l'addebito di evasione, per un totale di 71 miliardi di euro che diventano 75 con le sanzioni. «Il comportamento del contribuente è raramente non censurabile e quasi sempre irregolare» per 51 mila euro in media, chiosano i magistrati contabili. In quattro anni, la quota di contribuenti regolari, già in partenza esigua, si è quasi dimezzata: dal 7% nel 2006 al 3,6% nel 2009.

Ma che succede agli evasori una volta scoperti? E quanti, di quei 75 miliardi pretesi, lo Stato riesce a recuperare?

Il contribuente-evasore ha tre strade principali: il 36% non impugna l'accertamento fiscale, per una cifra che copre il 46% del totale delle imposte evase; il 45% «patteggia» (con sconti fino a due terzi) ma si tratta solo del 13% dell'evasione accertata; il 17% fa ricorso, pari al 41% delle imposte non pagate. In sintesi: i pesci piccoli si mettono d'accordo con il fisco e pagano («pochi, maledetti e subito»), i grossi no.

Perché la maggioranza degli evasori stanati non fa ricorso? Due ipotesi: preferisce ammettere l'errore e paga «sportivamente»; fa una pernacchia allo Stato, nella consapevolezza che non gli sarà scucito un euro, perché risulta nullatenente, ha fatto fallire l'azienda, si è circondato di prestanome, è riuscito a nascondere il bottino o comunque lo Stato non è in grado di scovarlo.

La risposta arriva facendo un altro conto. Su 100 euro di imposte evase accertate, alla fine lo Stato ne chiede agli evasori solo 51. Le pretese originarie vengono praticamente dimezzate. Motivi: sconti dei «patteggiamenti», rateizzazioni, lunghezza dei contenziosi. Dunque gli originari 75 miliardi si riducono a 38. Pochi ma comunque una bella somma.

Ma anche i 38 miliardi di euro sono virtuali, perché vanno ancora riscossi. E lo Stato è un pessimo creditore, almeno con gli evasori: riesce a incassare solo 8,3 miliardi, l'11% dell'evasione accertata. «Le riscossioni - constata la Corte dei Conti - risultano piuttosto modeste rispetto al dovuto», in particolare per i «pesci grossi», i contribuenti che fanno ricorso o non impugnano, per i quali lo Stato incassa solo l'1%.

I «pesci piccoli» che patteggiano pagano tutto, poiché «si realizza un compromesso considerato di interesse per entrambe le parti». Gli altri no: sia che facciano ricorso portando la faccenda alle calende greche, sia che restino fermi confidando nell'incapacità del fisco di riscuotere il credito, continuano a spassarsela, come se non fossero mai stati scoperti.

Inoltre «la percentuale del riscosso è andata progressivamente diminuendo dal 2007 al 2009, in contraddizione con il potenziamento dell'azione di contrasto all'evasione fiscale». «Ne deriva - conclude amaramente la Corte dei Conti che molta parte dei debiti tributari originariamente accertati non vengono incassati e che gli accertamenti non impugnati sono quelli di minor resa in termini di riscossioni». Ciò spiega perché nel tempo diminuisce la quota di evasori che patteggia con il fisco e paga.

Non conviene. Lo Stato premia sempre gli evasori. Anche quando li ha stanati.

 

CORTE DEI CONTIGUARDIA DI FINANZAparadisi fiscali - mappa italianiGiulio Tremonti

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