IL CINEMA DEI GIUSTI - VI CONSIGLIO DI VEDERE "LA CHIMERA”, GIÀ PRESENTATO CON SUCCESSO NEL CONCORSO DI CANNES, CANDIDATO AGLI EFA E CHE RILANCIA LA STELLA DI ALICE ROHRWACHER IN TUTTO IL MONDO - UN RITORNO SOFISTICATO, MODERNO, AL REALISMO FANTASTICO, PIÙ DI ROSSELLINI CHE DI PASOLINI - NON TUTTO FUNZIONA, A TRATTI SI PERDE MA IN GENERALE È UN BUON FILM, SENTITO, ELEGANTE, INTELLIGENTE. NON HA L’AMBIZIONE DI RACCONTARE IL PAESE, MA NON GUARDA CERTO SOLO INDIETRO E IL RITORNO DEI TOMBAROLI DELLA TUSCIA È UNA BELLA IDEA… - VIDEO
Marco Giusti per Dagospia
Vi consiglio di vedere "La chimera” di Alice Rohrwacher, già presentato con successo nel concorso di Cannes, candidato agli EFA per il miglior attore, premiato come miglior film in festival importanti come Valladolid e San Paolo, che rilancia la stella della sua regista in tutto il mondo, soprattutto in America, dove è molto amata. Esattamente come “Lazzaro felice” e solo in parte “Corpo celeste”, è un ritorno sofisticato, moderno, al realismo fantastico, più di Rossellini che di Pasolini e alla commistione naturale tra classicismo e cronaca rispetto a ciò che è rimasto, oggi, tra un Mollicone e un Sangiuliano, di un’altra Italia e di un’altra cultura. Lontana e forse perduta.
Un’Italia dove ancora si sognava in treno l’ultima apparizione della donna amata ripresa magari in 16 mm, dove si fumava in treno, e dove i volti della gente riportavano ai volti più antichi della storia. Anche se il mito più evocato, più di quello della chimera del titolo, è forse quello di Orfeo e di Euridice, uniti da un filo rosso che sappiamo da subito che il nostro protagonista, lo straniero Arthur del bravissimo Josh O’Connor (lo abbiamo visto come Principe Carlo in “The Crown” lo vedremo in “Challengers” di Luca Guadagnino), ritroverà al termine dei 136 minuti del film. Del resto se giochi la carta del filo rosso e di Orfeo, sai bene che alla fine qualcuno lo tirerà. Come se metti una pistola in bella vista nei primi minuti…
Colto, magari senza tutta quella naturalezza superiore della cultura classicista del Rossellini di “Viaggio in Italia” (sono passati settant’anni che ci volete fare?), ma abbastanza contaminato con quell’idea di cinema da farcela pensare come ispirazione e da ricostruirla, proprio quella naturalezza, come elemento fondamentale della storia grazie alla dotta fotografia di Hélène Louvart (premiata al Festival di Chicago), asso nella manica di tutti i film della Rohrwacher, e alla sola presenza, quella sì magistrale, di Isabella Rossellini invecchiata come chi vi scrive ma sempre bellissima, “La chimera” è di fatto una storia di tombaroli dell’alto Lazio.
Tombaroli che magari si muovono in Svizzera per ragioni co-produttive. Ma ingenui, coatti, divertenti e cattivi come gli amici di Accattone o i tombaroli del Decameron, non a caso il capo è il napoletano Vincenzo Nemolato, che devono tutta la loro frenetica e proficua attività al “dono” dello straniero. Lui, Arthur, lo straniero, l’inglese, sente, da rabdomante, o da invasato mistico, la presenza dei morti sottoterra. Le tombe degli etruschi. Sepolti coi loro averi per passare dall’altra parte. Lui stesso, lo straniero, è alla ricerca di una porta che lo conduca dall’altra parte, dalla ragazza che è morta e che lui sente ancora come raggiungibile.
Le buche dei tombaroli servono così per passare da una parte all’altra della storia. Arthur le attraversa non per depredare i morti dopo secoli di tranquillità, ma per ritrovare magari proprio quel filo rosso. Nel corso della sua ricerca, che è una ricerca del classicismo e dell’antico che sentiamo dentro noi stessi e di quello che ci piacerebbe portare con noi per sempre, fosse solo un sentimento, Arthur incontra persone diverse, buone, come la brasiliana con due figli di Carol Duarte, e la sua comune di donne, una chimera utopica, meno buone, la banda di mascalzoni degli amici del bar che lo depredano, la venditrice di refurtive archeologiche, Alba Rohrwacher, che nasconde la propria attività dietro una parvenza di clinica veterinaria e un nome da uomo.
Incapace di poter indossare maschere e sovrastrutture, Arthur sa che deve rispettare la volontà del mito. Sa che deve seguire il suo percorso di ricerca sottoterra per poter mantenere la propria integrità e inseguire la sua chimera. Non tutto funziona, a tratti si perde compattezza e il mondo di Rossellini, malgrado Isabella, e di Pasolini, malgrado i tombaroli, è così lontano, ma in generale è un buon film, sentito, elegante, intelligente, che non l’ambizione di raccontare il paese, come “Il sol dell’avvenire”, ma non guarda certo solo indietro.
Per questo può avere una vita anche nei mercati stranieri grazie a un protagonista internazionale e a una riconoscibilità di classico film italiano. Molte le mani alla sceneggiatura, Carmela Corvino, Marco Pettenello, ma anche Pietro Marcello e Maurizio Braucci, ma rimane lo stesso un film molto autoriale. E il ritorno dei tombaroli della Tuscia è una bella idea. In sala.
josh o connor e alice rohrwacher sul set di la chimerala chimera alice rohrwacher 2la chimera di alice rohrwacher